di Giorgio Bernardelli
A 82 anni compiuti ha passato la notte in piazza con il movimento degli studenti. Tra i protagonisti delle proteste di queste ore, a Hong Kong, c’è ancora una volta il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, il battagliero vescovo emerito dell’ex colonia britannica. Dal 2009 ha ormai lasciato la guida della diocesi al suo ex ausiliare John Tong Hong, oggi anche lui cardinale; ma a manifestare il suo appoggio esplicito ai movimenti che si battono per la democrazia e i diritti umani in Cina non ha rinunciato. Soprattutto quando in gioco c’è la salvaguardia del principio «un Paese, due sistemi», in forza del quale – anche dopo il ritorno sotto la giurisdizione di Pechino nel 1997 – Hong Kong ha mantenuto spazi i suoi spazi di libertà.
Anche nel braccio di ferro in corso sulle regole per le elezioni del 2017 – quelle a suffragio universale per il nuovo governatore, che Pechino vorrebbe restringere a un ballottaggio tra candidati «accettabili» – il cardinale Zen ha scelto, così, di spendere la sua autorevolezza. Già in giugno aveva dato vita a una marcia di tre giorni attraverso la metropoli, per sostenere il referendum per l’autonomia indetto dal movimento Occupy Central. E quando sabato gli studenti hanno dato il via all’occupazione pacifica del distretto finanziario, anche il porporato si è unito alla protesta. «È arrivato il tempo di mostrare veramente che vogliamo essere liberi e non schiavi», ha detto parlando alla folla. Poi, ieri notte, quando la polizia ha iniziato a utilizzare i lacrimogeni per disperdere la folla, il cardinale Zen ha invitato gli studenti a tornare a casa: «Una vittoria con il sacrificio di vite umane non sarebbe una vittoria». Ribadendo però che non si tratterebbe di una sconfitta e che la battaglia proseguirebbe sotto altre forme. […]