Della richiesta se ne è parlato su National Geographic, un gruppo animalista ha chiesto ad un tribunale USA la liberazione di uno scimpanzé con la motivazione che si tratti di una persona. A questo punto ovviamente la questione è stabilire cosa sia una persona. La definizione è stata ipotizzata da Catherine Hobaiter, una ricercatriche della University of St. Andrews:
“Se definiamo ‘persona’ un individuo autonomo capace di ricordare, pianificare e agire secondo quei piani”, spiega Catherine Hobaiter, una primatologa della University of St. Andrews che ha tradotto i gesti degli scimpanzé, “di sicuro non parliamo solo di caratteristiche “umane”.
Da questo punto di vista, la vita interiore degli scimpanzé non è identica alla nostra, ma è abbastanza simile da conferire loro una personalità. Se poi questa va intesa come personalità giuridica, suscettibile cioè di essere titolare di diritti sanciti dalla legge, è materia controversa.
Se veramente le capacità di ricordare, pianificare e agire secondo dei piani, sono le motivazioni per considerare un animale “persona”, una grandissima quantità di animali oltre agli scimpanzé dovrebbero essere considerati tali, anche un cane infatti è in grado di ricordare, pianificare e agire secondo dei piani seppur elementari. E giustamente si conclude con un’affermazione di dubbio.
Va notato che però curiosamente tra le caratteristiche che determinerebbero l’essere “persona” non è stata inclusa quella di parlare. Una dimenticanza davvero clamorosa: se si considerasse il linguaggio nessun animale sarebbe da considerare “persona”, non citare questa capacità fa pensare ad un’intenzione di lasciare indefinita e quindi aperta la questione.
Anche da parte animalista si continua ad ignorare la parola e si sostiene che le caratteristiche che renderebbero un animale persona sono altre, come afferma Steve Wise, fondatore di Nonhuman Rights Project:
Finora la legge considera persone giuridiche solo gli esseri umani e alcuni loro costrutti, come aziende o associazioni. Per Steve Wise, fondatore di Nonhuman Rights Project, è una lacuna: il riconoscimento della personalità non dovrebbe dipendere dall’appartenenza a una specie, ma prendere in considerazione la capacità di un individuo di compiere scelte significative: in una parola, la sua libertà.
Ma anche la libertà è una caratteristica comune a molte specie, chi può dimostrare che un cane o un altro mammifero non siano liberi di fare delle scelte? Per contro c’è anche chi sostiene che probabilmente neanche gli esseri umani siano veramente liberi. Non è dunque questo il punto, allora su cosa si dovrebbe basare la decisione? Una risposta la fornisce un giudice che ha deciso sulla questione:
Secondo un altro punto di vista, adottato anche dal giudice che ha deciso una causa intentata da Nonhuman Rights Project, la personalità comporta la capacità di assumersi responsabilità sociali, cosa evidentemente impossibile per gli scimpanzé.
Quindi, anche ignorando l’elefante nella stanza costituito dalla parola, nel momento che si volessero considerare “persone” fisiche o giuridiche, gli scimpanzé si dovrebbe esigere da loro il rispetto di determinati doveri e responsabilità, e questo è impossibile, a meno che non lo si voglia incarcerare o multare tutti per aver contravvenuto alle regole.
A questo punto giungeremmo al paradosso che nel momento che liberassimo gli scimpanzé dalle gabbie rendendoli persone, saremmo costretti a metterli in prigione. Si potrebbe definire una dimostrazione per assurdo…
In conclusione, mentre anche ad un animale o ad un oggetto, al limite, possono essere riconosciuti dei diritti, solo alle persone possono essere imposti dei doveri. E questo chiude il discorso.