Un Festival di Sanremo anomalo quello appena concluso, anche perché andato in onda in un tempo difficile come quello che tutti stiamo vivendo a causa della pandemia. Il Festival della canzone italiana numero 71 poteva essere l’occasione per sollevare un po’ lo spirito, magari divertirsi al tempo del lockdown con qualche ora di musica. Invece, la Rai e il direttore artistico Amadeus hanno mandato in onda la fiera delle banalità, solito caravanserraglio di unghie smaltate, mascara a quintali per tutti, interpreti spesso con stecca incorporata, stili musicali perlopiù indifferenziati, bacio gaio, piume e ali nere, corona di spine, achilli lauro a profusione.
Tanto conformismo venduto per trasgressione, e qualcuno esagera chiamandola arte. Ma c’è poco da dire, purtroppo, questo è uno specchio della nostra realtà sociale e culturale. C’è stata tanta blasfemia durante la quattro giorni sanremese, come ha notato solitario il vescovo di Sanremo, monsignor Antonio Suetta, seguito poi anche da un comunicato dell’Associazione internazionale esorcisti. «Offese rivolte a Nostro Signore, alla Beata Vergine Maria e ai santi, ripetutamente perpetrate mediante un servizio pubblico e nel sacro tempo di Quaresima», dice il vescovo.
Certo che parlare del senso della blasfemia in una cultura per cui nemmeno la parola religione ha più un significato, è davvero complicato. Da tempo, come il sesso, la religione ha cessato di essere una cosa seria. A scuola è l’ora in cui spesso si fanno due chiacchiere, ci sono la matematica, l’italiano, la storia, le scienze, tutte le arti, ma la domanda religiosa è stata buttata in cantina nelle cianfrusaglie.
Però ci fa riflettere il motto latino riportato dal vescovo Suetta. «Un motto originariamente pagano, poi recepito nella tradizione cristiana, ricorda opportunamente che “quos Deus perdere vult, dementat prius”», quelli che Dio vuole perdere, prima li rende folli.
Per capire i segni dei tempi così anche Sanremo diventa utile, infatti, un tempo quando imperversava una pandemia la Chiesa e il popolo si univano per tirare giù le grazie necessarie dal Cielo. Preghiere, penitenze. Non è una questione di scienza, che ovviamente va rispettata e seguita, ma una questione di coscienza. Di non riconoscersi onnipotenti, ma capaci di cercare Dio con il dovuto timore. Noi invece, che ci troviamo nel pieno di una pandemia la cui soluzione è di là da venire, con molte incertezze e tante sofferenze, per distrarci un po’ pensiamo bene di “scherzare” con il sacro, profanandolo. Mala tempora currunt sed peiora parantur. (L.B.)
Di seguito riportiamo il comunicato del vescovo di Ventimiglia-Sanremo Antonio Suetta (fonte):
«A seguito di tante segnalazioni di giusto sdegno e di proteste riguardo alle ricorrenti occasioni di mancanza di rispetto, di derisione e di manifestazioni blasfeme nei confronti della fede cristiana, della Chiesa cattolica e dei credenti, esibite in forme volgari e offensive nel corso della 71 edizione del Festival della Canzone Italiana a Sanremo, sento il dovere di condividere pubblicamente una parola di riprovazione e di dispiacere per quanto accaduto.
Il mio intervento, a questo punto doveroso, è per confortare la fede “dei piccoli”, per dare voce a tutte le persone credenti e non credenti offese da simili insulsaggini e volgarità, per sostenere il coraggio di chi con dignità non si accoda alla deriva dilagante, per esortare al dovere di giusta riparazione per le offese rivolte a Nostro Signore, alla Beata Vergine Maria e ai santi, ripetutamente perpetrate mediante un servizio pubblico e nel sacro tempo di Quaresima.
Un motto originariamente pagano, poi recepito nella tradizione cristiana, ricorda opportunamente che “quos Deus perdere vult, dementat prius”.
Quanto al premio “Città di Sanremo”, attribuito ad un personaggio, che porta nel nome un duplice prezioso riferimento alla devozione mariana della sua terra d’origine, trovo che non rappresenti gran parte di cittadinanza legata alla fede e dico semplicemente “non in mio nome”».
Sanremo, 7 marzo 2021.
+Antonio Suetta
Vescovo di Ventimiglia – San Remo
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