La sua storia sta facendo il giro del mondo, forse perché è diventata un po’ l’emblema di ciò che sta accadendo nella realtà dello sport femminile da un po’ di tempo a questa parte, in cui sempre più spesso gareggiano atleti maschi transgender nelle categorie riservate al gentil sesso, battendo, con una certa frequenza e facilità le loro compagne.
Stiamo parlando, nello specifico, della nuotatrice della Transgender University of Pennsylvania, Lia Thomas che ha trascorso 21 anni della sua vita, da uomo e atleta maschio non troppo capace e che, improvvisamente, dopo aver intrapreso un percorso di transizione, si sarebbe trasformato in un portento del nuoto femminile, arrivando a diventare campione nazionale. Ma l’ultima vittoria non sarebbe passata liscia come le altre. Infatti, il governatore della Florida Ron De Santis, dopo l’ultimo successo di Thomas stavolta alle 500 yard stile libero, nella competizione NCAA Division, ha volutamente ignorato questo risultato riconoscendo, invece, Emma Weyant, la nuotatrice arrivata seconda, come legittima vincitrice della gara. La sua decisione è stata motivata in modo chiaro e inequivocabile, prima con un tweet del 22 marzo scorso “Consentendo agli uomini di competere negli sport femminili, la NCAA sta distruggendo le opportunità per le donne, prendendo in giro i loro campionati e perpetuando una frode” e poi dichiarando apertamente “In Florida rifiutiamo queste bugie”.
Quella di Thomas, infatti, sarebbe stata una carriera fulminea ma non proprio trasparente, che non sarebbe piaciuta nemmeno alle sue compagne di squadra che in una recente lettera aperta su Washington Post, avrebbero ribadito che il suo sesso biologico gli avrebbe dato un vantaggio sproporzionato nelle competizioni femminili di nuoto. Peraltro, molti avrebbero protestato anche durante la competizione NCAA e, in un’immagine che ha fatto il giro del mondo, Weyant e le nuotatrici del terzo e quarto posto si sarebbero fatte volutamente fotografare, sul podio delle premiazioni, lontano da Thomas, allo scopo di trasmettere anche visivamente che la vera squadra femminile sarebbe, in realtà, la loro.
Inoltre Thomas avrebbe reagito, alle polemiche rispondendo candidamente “E’ semplice non sono un uomo. Sono una donna, quindi appartengo alla squadra femminile. Le persone trans meritano lo stesso rispetto che riceve qualsiasi altro atleta”.
Ma alla biologia ciò che uno si sente poco importa, se pensiamo che da uno studio pubblicato in Sports Medicine, è emerso che i bloccanti di testosterone assunti dai transgender, in particolare da uomini che si percepiscono donne, non diminuiscono in modo significativo la loro forza muscolare e questo darebbe loro un vantaggio notevole nelle competizioni atletiche contro le avversarie femminili. Infatti gli atleti maschi sarebbero il 10-13% più veloci rispetto alle atlete di sesso femminile e la differenza in sport, come il bowling, il cricket o il body building, in cui è richiesta anche una notevole forza muscolare è ancora più grande (tra il 29 e il 52%).
La questione degli atleti transgender inseriti in squadre femminile, porrebbe, peraltro e anche seriamente, proprio la questione della “parità di genere” tanto sbandierata proprio negli ambienti LGBT che, evidentemente vale solo per alcuni e non per le donne. Come ha sottolineato sempre De Santis, a proposito della vicenda “le donne hanno combattuto per decenni per avere pari opportunità nello sport ed è sbagliato consentire all’ideologia di erodere queste opportunità come sta accadendo in altri stati”, aggiungendo che “la Florida rifiuta gli sforzi della NCAA per distruggere gli sport femminili, disapprova il fatto che la NCAA metta l’ideologia al di sopra della biologia e cerca di rendere gli altri complici della sua menzogna”.
Gli sport femminili, insomma, non sono un piano b per atleti maschi incapaci.
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