Altro che Renato De Pedis, altro che banda della Magliana, lo Ior, i Servizi segreti, e tutto quello che avete, anzi che abbiamo sentito un po’ tutti quanti ormai da decenni a questa parte. Alla base delle nuove indagini in corso sulla scomparsa di Emanuela Orlandi – sia da parte della magistratura del Vaticano sia, è notizia di ieri, della Procura di Roma – sembrerebbe esserci ben altro. Che cosa? Lo lascia trasparire un interessante servizio uscito su Open a firma di Alessandro D’Amato.
In questo articolo, infatti, si fa riferimento a nuovi accertamenti sulle «indagini a partire dal giorno della scomparsa. Ad avvicendarsi nelle inchieste sulla scomparsa di Orlandi sono stati molti magistrati. La prima a indagare è stata la pm Margherita Gerunda. Che stava seguendo piste tradizionali sul caso prima che le fosse tolto di mano». Ora, apparentemente marginale, in realtà questo è un particolare assai interessante, perché la dottoressa Gerunda, morta da qualche anno, seguiva non già l’ipotesi del rapimento a scopo politico, bensì quella che la giovane scomparsa fosse stata violentata e uccisa dopo l’agguato.
In seguito, le indagini sono finite sui tavoli e nelle mani di altri magistrati ed hanno preso tutt’altra piega. Ma il fatto che ora riemerga dalle nebbie delle cronache il nome della prima Pm, ecco, è emblematico. Così come fa decisamente riflettere che Open, testata tutto fuorché sospettabile di simpatie ecclesiastiche, si sia presa recentemente la briga di dimostrare che gli indizi di altre piste – come la presunta lettera dell’arcivescovo di Canterbury su Emanuela Orlandi – siano dei falsi. Probabilmente, tanto in Vaticano quanto nella Procura di Roma, si sta ora facendo un lavoro nuovo, mai svolto da tempo.
Gli inquirenti stanno cioè tornando là dove tutta la faccenda è iniziata, nel centro di Roma del 22 giugno 1983. Lo lascia intendere, attenzione, anche un intervento scritto dall’ex magistrato e scrittore Giancarlo De Cataldo su un altra fonte decisamente insospettabile di simpatie vaticane, Repubblica: «È probabile che si debba ripartire dall’inizio. Dalle ore successive alla scomparsa. Dalle primissime testimonianze, dalla ricostruzione di giorni precedenti, dalla presenza di eventuali segnali d’allarme, da amicizie e conoscenze. Senza trascurare alcuna possibilità» (Repubblica, 16/5/2023, p.18).
A questo riguardo, come Timone possiamo fin d’ora anticipare che anche noi stiamo approfondendo il caso della scomparsa Emanuela Orlandi. Per i 40 anni dall’inizio di questa storia – a maggior ragione dopo le gravissime accuse mosse nei confronti di papa Giovanni Paolo II -, faremo infatti su questo un approfondimento apposito nel numero di giugno, ora in lavorazione, della nostra rivista (qui per abbonarsi). Troppe falsità e troppe menzogne sono state raccontate non solo di recente su questo giallo e, dopo 40 anni appunto, è giunto il momento di fare chiarezza. (Foto: Imagoeconomica)
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