A due giorni dall’ennesimo pronunciamento della Corte di appello di Londra rispetto al fatto che trasferire Alfie Evans al Bambin Gesù sarebbe stato troppo rischioso (giudizio originale, dal momento che la sua vita è stata definita “inutile” e che l’alternativa è la morte certa per soffocamento), mercoledì 18 aprile Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata Thomas, il papà di Alfie. Durante l’incontro, reso possibile grazie a monsignor Francesco Cavina (vescovo di Carpi), il giovane papà ha illustrato al pontefice la situazione e si è appellato a lui affinché salvi suo figlio. Papa Francesco lo ha confortato e lo ha incoraggiato ad andare avanti: «Dici bene, Thomas, tu difendi tuo figlio con coraggio, quasi lo stesso coraggio con cui Dio difende i suoi figli».
A seguire, il pontefice ha incaricato monsignor Cavina di mantenere i rapporti tra la Segreteria di Stato e i genitori del piccolo affinché si mettano in campo tutte le iniziative per trasferire il piccolo al Bambin Gesù di Roma. Inoltre, durante l’udienza generale in piazza San Pietro, quindi, Papa Francesco ha mosso un appello molto esplicito: «Rivolgo un pensiero alla vita di Alfie Evans e Vincent Lambert. Vorrei ribadire e fortemente confermare che l’unico padrone della vita dall’inizio alla fine naturale è Dio e il nostro dovere è fare di tutto per custodire la vita. Pensiamo e preghiamo in silenzio perché sia rispettata la vita di tutte le persone e specialmente di questi due fratelli nostri. Preghiamo in silenzio».
Nessuna possibilità di interpretazione, questa volta: per Papa Francesco la vita di Alfie va preservata e gli uomini non hanno alcun potere nel decretarne la morte.
Eppure, nonostante questo, la Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles ha diramato un documento – ripreso dal Catholic Herald – nel quale afferma che «la professionalità e la cura dei bambini gravemente malati mostrati all’ospedale Alder Hey [l’ospedale di Liverpool dove è ricoverato Alfie, ndR] devono essere riconosciuti e affermati. […] Noi affermiamo la nostra convinzione che tutti coloro che stanno prendendo decisioni angosciose riguardanti la cura di Alfie Evans agiscono con integrità e per il bene di Alfie, secondo come lo vedono».
Sintetizzando, dunque, i vescovi di Inghilterra e Galles si sono esposti – di fatto mettendosi in contrasto con lo stesso Papa – per difendere l’operato di un ospedale rispetto al quale sono sempre di più le testimonianze di inefficienza (si veda qui, a titolo esemplificativo) e affermando altresì che i giudici e tutti i soggetti coinvolti stanno effettivamente perseguendo il “best interest” di Alfie, e poco importa se questo si qualifica in un atto eutanasico.
La cosa risulta ancora più grave se si tiene conto che solo pochi giorni fa Thomas Evans – da figlio ferito – aveva scritto all’Arcivescovo di Liverpool, Malcolm Patrick McMahon, per chiedere aiuto per salvare la vita di Alfie.
Tuttavia, nonostante lo scivolone di monsignor Vincenzo Paglia – presidente della Pontificia accademia per la vita – che a inizio marzo legittimava i medici a staccare il respiratore ad Alfie e nonostante il pronunciamento della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, rimane un dato di fatto: Alfie è vivo e, quando non è sedato in maniera pesante, si muove e pare rispondere al padre e alla madre. I video lo dimostrano. E il fatto che sia ancora tra noi è frutto della tenacia dei suoi genitori, ma anche di tante persone “comuni” che si sono prese a cuore il caso di Liverpool (come già era successo per Charlie Gard un anno fa) e che – al contrario di taluni uomini di Chiesa – stanno dando prova concreta della potenza delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità.
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