Poche ore prima che il Senato argentino terminasse la seduta fiume in cui è stato respinto il disegno di legge che avrebbe legalizzato totalmente l’aborto entro le prime 14 settimane di gravidanza, il neo arcivescovo di La Plata, Victor Manuel Fernandez, pubblicava su Facebook un post piuttosto lungo e articolato, che accanto a posizioni condivisibili presenta qualche frase foriera di ambiguità e perlomeno infelice. Lascia perplessi soprattutto il passaggio in cui Fernandez, dopo aver esordito ringraziando i senatori che hanno votato a favore del diritto alla vita dei nascituri e dopo aver chiesto giustamente rispetto per il popolo schieratosi in difesa dei più piccoli (bollato come «oscurantista» dalla cultura liberal), scrive: «Tuttavia, non mi azzarderei ad andare a festeggiare per il “no” all’aborto, perché credo che né i legislatori né la società in generale possano andare a dormire tranquilli».
Nel prosieguo del suo post, Fernandez afferma che «non si è ancora discusso come faremo ad accompagnare le gravidanze indesiderate, per aiutare le donne con problemi a non dover arrivare all’estremo dell’aborto, per facilitare l’adozione, per prevenire la gravidanza adolescenziale, per promuovere una paternità responsabile, per migliorare l’accesso alla salute delle donne povere (sono molte più quelle che muoiono per arrivare al parto denutrite o malate di quelle che muoiono per aborto)». Secondo l’arcivescovo, «sia la società che la Chiesa abbiamo fatto poco su questi temi, anche se bisogna riconoscere che all’interno della Chiesa sono cresciuti i gruppi che accompagnano le donne che hanno abortito a ritrovar la pace, e i sacerdoti dei bassifondi hanno creato luoghi per accompagnare le gravidanze non desiderate». E infine: «Se questo dibattito è servito a qualcosa, è per riconoscere i compiti in sospeso».
Come si può notare, il post presenta molta carne al fuoco e non è semplice commentare tutto nello spazio di un articolo. C’è però un problema di fondo: la sua dimensione orizzontale, priva cioè di ogni riferimento a Dio, all’operare della Provvidenza, all’ordine buono e perfetto da Lui creato, alla salvezza eterna. Da conquistare qui, sulla terra. Fernandez è un pastore di anime, per giunta un successore degli Apostoli, e a maggior ragione è perciò lecito attendersi che parli di legge morale riferendosi all’unica signoria di Cristo, che nella Sua carità ha usato parole di fuoco contro il male. Va riconosciuto che durante la campagna che ha preceduto il «no» al Senato, l’arcivescovo ha parlato contro l’aborto, dicendo per esempio che «l’essere umano ha un valore non negoziabile», ma insistendo più sull’humanismo (l’umanesimo) che sulla specificità del cristianesimo e su Colui che ne è l’artefice: senza il riferimento a Lui, incarnatosi e morto in croce per i nostri peccati, anche i ragionamenti in apparenza invincibili rischiano di crollare come un castello di carte.
Nella battaglia svoltasi in Argentina, che certamente continuerà nei prossimi mesi ma che grazie a Dio ha avuto intanto un esito diverso rispetto al recente referendum in Irlanda (dove è stata eliminata dalla Costituzione la protezione al nascituro), era innanzitutto prioritario combattere e respingere la legalizzazione dell’aborto, un male assoluto («abominevole delitto», lo definisce il Magistero). Sappiamo bene che nei Paesi dov’è stata approvata una legge abortista si sono gradualmente assuefatte le coscienze e si è perfino stratificata una cultura che nemmeno chiama più l’aborto un «male minore», ma addirittura cosa buona. Come ogni vittoria contro il male, andava quindi festeggiata e testimoniata: e così ha fatto il popolo pro vita rimasto in strada fino a tarda notte, in trepidante attesa per un risultato positivo per i nostri fratelli più piccoli e per le nostre stesse anime. Con la loro presenza hanno detto al mondo che c’è un popolo che rifiuta la menzogna, e i grandi media sono stati costretti a rendere conto in qualche modo – pur rosicando, camuffando e mostrando soprattutto la rabbia e le proteste dei pro aborto – di quella presenza e della relativa festa delle persone colorate di azzurro.
Con il suo post, l’arcivescovo di La Plata, teologo molto vicino a papa Francesco (che ha mostrato fermezza nel condannare l’aborto) e quindi particolarmente in vista, ha prestato tra l’altro il fianco alle strumentalizzazioni dei giornali laicisti, come il Fatto Quotidiano, che con una titolazione e un pezzo “cucinati” ad arte (manca qualsiasi riferimento alla contrarietà di Fernandez all’aborto e il lettore, se non va a vedere il post in spagnolo incorporato in basso, ha elementi per pensare che l’arcivescovo sia perfino favorevole all’aborto) alimenta confusione e scandalo.
Riguardo infine alle questioni di ordine socio-economico sollevate da Fernandez, vale quanto accennato sopra. Bisogna certamente impegnarsi per alleviare le sofferenze del prossimo ma sempre ricordando la logica dell’et et, unendo l’aiuto concreto all’annuncio chiaro della verità, cui la Chiesa non può sottrarsi perché direttamente inteso alla salvezza delle anime, con l’indicazione del male da fuggire (qui, l’aborto) e del bene da scegliere (la vita del nascituro). La priorità l’ha già data Nostro Signore: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 33).
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