Il cardinale Elio Sgreccia è venuto a mancare mercoledì 5 giugno, alla vigilia del suo 91esimo compleanno. Eletto vescovo da Giovanni Paolo II nel 1992 e quindi creato cardinale da Benedetto XVI nel 2010, oltre a essere un insigne teologo era riconosciuto a livello internazionale per la sua profonda competenza in campo bioetico. Grande assertore dell’inscindibile binomio tra scienza ed etica, ha avuto il merito di aver rilanciato il personalismo ontologicamente fondato, che rimette al centro la realtà oggettiva della persona umana e va così a liberare il campo dall’impulso relativista.
Prima vice-presidente (dal 1994), poi presidente (dal 2005 al 2008), infine presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita voluta da Papa Wojtyla, per decenni il cardinal Sgreccia è stato un limpido portavoce della posizione della Chiesa su temi spesso controversi quali l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione artificiale… ed è stato, e rimane, un punto fermo per tutti coloro che si sono formati sui suoi manuali, nonché per gli studenti che, dalla metà degli anni Ottanta, hanno avuto la possibilità di apprezzarlo in qualità di docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Tra questi vi è anche Flora Gualdani – ostetrica e fondatrice della “Casa Betlemme” di Arezzo, che ha speso la sua vita per la vita -, la quale ha gentilmente accettato di condividere con i Lettori del Timone un breve ricordo di quello che non ha dubbi nel definire un suo grande maestro, «un gigante della scienza e della fede».
Flora, quando ha conosciuto il cardinal Sgreccia?
«L’ho conosciuto attorno agli anni Ottanta al Gemelli, come tanti altri suoi allievi».
Che ricordo ha di Sua Eminenza?
«Era un uomo che trasmetteva l’incarnazione del Vangelo nell’insegnamento di un’armonia tra la scienza e la fede. Era un illustre maestro di bioetica, ma era anche una persona molto umile, come tutti i grandi d’altronde».
Qual è il più grande insegnamento che le ha lasciato?
«Appunto l’armonia tra la scienza e la fede, in uno sforzo di incarnazione del Vangelo. Questo è quello che mi è più rimasto del suo insegnamento, ed è anche quanto ho cercato di mettere in pratica a mia volta, in maniera molto modesta e semplice, a “Casa Betlemme”. I grandi spesso illuminano per aprire nuove strade e nuovi sentieri».
C’è un ricordo personale su Sua Eminenza che ha piacere di condividere con i Lettori?
«Era un uomo sempre disponibile ad ascoltare e a chiarire, anche dopo le lezioni, con pazienza. Qualche volta mi metteva un pochino soggezione ma se gli si chiedeva qualcosa, aveva una grande calma nel ripetere e rispiegare un concetto. Non so se chiamarla umanità: aveva questo modo accogliente, non perdeva mai il controllo. Non era una persona che metteva a disagio, pur con tutta la sua scienza: io personalmente mi sentivo in difficoltà a volte, per via della mia timidezza, ma il suo modo accattivante mi stimolava a chiedere approfondimenti… con altri forse non mi sarei azzardata!».
Con il cardinal Sgreccia se ne va un baluardo nella difesa dei principi non negoziabili. Come non sprecare il suo insegnamento?
«Ha ragione, era veramente luminoso nel suo pensiero. Per non sprecare il suo insegnamento, mi viene da dire di studiare i suoi trattati: se si è dubbiosi su un argomento, il suo pensiero chiarisce in modo molto limpido.
Spero soltanto che il suo insegnamento non venga tradito, anche se purtroppo ho l’impressione che questo stia avvenendo perché anche in ambito bioetico mi pare ci siano figure che vogliono correre dietro a mode progressiste, un po’ ambiziose. Invece il cardinal Sgreccia era l’uomo della verità, della scienza e dell’umiltà e i suoi pensieri non sono superati, anzi sono ultra-moderni. Oggi però si ricerca la moda, forse per essere “nuovi”, che non so quanto incarni il Vangelo. Speriamo insomma che il suo pensiero luminoso rimanga come punto fermo di fronte a tanti dubbi e a tante distorsioni che oggi ci sono».
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