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22.12.2024

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Il cardinal Arinze: «È meglio rimanere nella propria terra»
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28 Luglio 2019

Il cardinal Arinze: «È meglio rimanere nella propria terra»

«È meglio che una persona rimanga nella propria terra – Paese, città, area – e lavori lì». A parlare è il cardinale nigeriano Francis Arinze, che ha concesso un’intervista al Catholic Herald, in cui affronta con schiettezza e simpatia diversi temi, dall’immigrazione al celibato, fino all’importanza del Catechismo e al dono dell’Eucaristia.

IMMIGRAZIONE

Arinze ricorda nell’intervista di essere stato lui stesso un rifugiato, a seguito della guerra civile scoppiata in Nigeria, nel 1967, una settimana dopo la nomina ad arcivescovo di Onitsha. Perciò, dopo aver enunciato un principio della dottrina cattolica, ossia che prima del diritto a emigrare va riaffermato il diritto a rimanere nella propria terra, l’ex prefetto della Congregazione per il Culto divino spiega che «in generale non possiamo negare a una persona il diritto di cercare un’altra area in cui avere più pace, o anche più studio, cultura o possibilità economiche». Ciò va contemperato comunque con la realtà – non solo economica – dei Paesi che accolgono. «Ogni governo deve vedere di quante persone può occuparsi. Non solo il loro ingresso: alloggio, lavoro, famiglia, inserimento culturale».

Quindi, i Paesi europei «possono a volte aiutare meglio, non incoraggiando i giovani a venire in Europa come se vedessero nell’Europa un paradiso – un luogo dove i soldi crescono sugli alberi – ma aiutando i Paesi da cui provengono». Le prime domande da farsi, quando si parla di migranti, sono: «Dov’è il loro futuro: lavoro, vita familiare, cultura, religione?».

IL CELIBATO

Riguardo alle spinte di chi vorrebbe abolire il celibato sacerdotale, il porporato osserva che non si tratta di un dogma e tuttavia «è una pratica che ha ottime ragioni. Cristo stesso, san Paolo, san Giovanni… Lungo i corridoi della storia, pensi a Tommaso d’Aquino, Roberto Bellarmino, Don Bosco, il Curato d’Ars che trasformò una parrocchia che non valeva il nome in una bellissima parrocchia. Tutto ciò non può essere per caso». Senza nominare il prossimo Sinodo sull’Amazzonia, Arinze ricorda una verità basilare: «La Chiesa è cattolica. Noi condividiamo. Se un’area del mondo non ha abbastanza sacerdoti, lascia che cerchino un’altra area in cui possano ottenere sacerdoti. È così che si fa il lavoro missionario». Lo stesso cardinale, battezzato a 9 anni, è divenuto cattolico «grazie ai missionari irlandesi» andati in Nigeria un secolo fa. Alla mancanza di preti si risponde supplicando la Divina Provvidenza e, aggiunge Arinze, riscoprendo la Fidei Donum di Pio XII che esortava le diocesi più ricche di sacerdoti a inviare missionari.

INTERCOMUNIONE? NO, GRAZIE

Nella disputa sull’intercomunione con i protestanti accesasi l’anno scorso, il cardinale aveva ricordato che per ricevere la Comunione bisogna essere cattolici. «Dopo la Messa, puoi andare al refettorio e prendere una tazza di tè o perfino un bicchiere di birra e un po’ di torta. Questo è ok. Ma la Messa non è così».

IL CATECHISMO

A proposito della crisi di fede e della confusione che regna oggi su molti temi ecclesiali, Arinze spiega che se un cattolico disorientato va da lui «la mia risposta è: c’è un libro chiamato CCC. Catechismo della Chiesa Cattolica. Quel libro ha solo 700 pagine. Non devi leggerlo tutto in una volta: se leggi una pagina al giorno, andrà tutto bene». E così esorta: «Comprane una copia. Se non ne hai una, vendi il tuo cappotto. Non hai bisogno di alcun cappotto – almeno non durante l’estate…».

L’EUCARISTIA

«La nostra fede è concentrata lì. È il dono di Cristo alla Sua Sposa, la Chiesa, la notte prima che patisse». Davanti a un mistero d’amore così grande, l’arcivescovo afferma che «ogni cattolico dovrebbe sforzarsi di crescere nella conoscenza dell’Eucaristia», innanzitutto partecipando di frequente alla Santa Messa «e nel ricevere Cristo nella Santa Comunione, quando sei ben preparato. Ogni domenica – ogni giorno, se puoi – ma sempre ben preparato. Tutti gli altri sacramenti sono ordinati a questo sacramento. È il più grande sacramento» (fonte).

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