«La principale responsabilità del bene comune spetta al governo. Esso può dunque imporre misure ai membri della società, specialmente quando è coinvolta la vita delle persone vulnerabili: lockdown, disinfezione regolare delle mani e mantenimento di una certa distanza l’uno dall’altro». Sono tra le prime parole dell’articolato intervento tenuto sabato scorso a Roma dal cardinale Willem Jacobus Eijk, vescovo di Utrecht, grande esperto di bioetica e anche medico. Ciò, ha aggiunto il porporato, «è di difficile comprensione per la cultura iper-individualista contemporanea, che lo percepisce come una violazione della libertà dell’individuo umano. Tuttavia, l’autonomia non è un principio assoluto».
Il cardinale era tra i relatori della conferenza organizzata dall’associazione internazionale Voice of the family all’Hotel Massimo D’Azeglio di Roma. Convocati per parlare di “Salute dei malati e salvezza delle anime”, oltre al cardinale, hanno preso parola anche il teologo don Serafino Lanzetta (diocesi di Portsmouth, Inghilterra), lo storico Roberto de Mattei e John Smeaton di Voice of the family Regno Unito.
La posizione di Eijk, di grande ragionevolezza sui temi dei vaccini e della pandemia, rappresenta un elemento di realismo in un mondo cattolico troppo spesso tentato da interpretazioni a dir poco millenariste e apocalittiche sul Covid-19. Innanzitutto per il cardinale non c’è nessuna «teorica pandemia», ma siamo davanti a «una malattia molto grave e certamente non una qualche grave forma di influenza». L’affermazione è sostenuta da una serie di numeri e studi che il cardinale snocciola innanzitutto con la dimestichezza del medico, per affermare che se da una parte sono soprattutto gli anziani a correre «un rischio maggiore di morire in seguito all’infezione Covid-19», anche «i giovani possono morire di Covid», oltre alle questioni ancora aperte in merito al cosiddetto «long-Covid». Inoltre, aggiunge Eijk, nel definire la gravità della pandemia occorre anche considerare il fardello che essa rappresenta «per l’assistenza sanitaria» in generale.
La domanda quindi è quella centrale del dibattito in corso: vaccinarsi è un obbligo morale nella prospettiva del bene comune? E quindi, la vaccinazione rappresenta per il singolo individuo un mezzo proporzionato a proteggere la propria vita?
Studi alla mano, e senza nascondere che circa la durata dell’efficacia dei vaccini regna ancora incertezza, Eijk afferma che «essere vaccinati è indubbiamente un grande contributo al Bene Comune poiché si tutelano la salute e la vita degli altri esseri umani. E sebbene le persone vaccinate possano incorrere in un’infezione da varianti del virus, come la variante delta, nella maggior parte dei casi si ammalano meno e la possibilità di trasmettere il virus ad altri è minore. A questo proposito, potremmo concludere che essere vaccinati sia un atto morale buono forse anche moralmente obbligatorio – sia dal punto di vista del Bene Comune che da quello del nostro obbligo personale di proteggere la propria vita».
Con tre tabelle di numeri che non risparmiano nessuno degli effetti collaterali dei vaccini, inclusi quelli «molto gravi» e le miocarditi, Eijk si chiede quando e se è possibile accettarli. Un primo elemento lo abbiamo già accennato, e cioè per il cardinale non siamo davanti a un raffreddore, né a qualche montatura da retropensiero, ma la gravità della malattia e della pandemia è una realtà. Pertanto, conclude, «al momento» i vaccini sono «l’unico mezzo per rallentare o fermare la pandemia» ed esiste una ragione proporzionalmente grave per ammettere gli effetti collaterali al punto che, dice, «il rischio di contrarre effetti collaterali dei vaccini Covid-19 è quindi giustificabile».
Sulla obiezione all’utilizzo di vaccini progettati, sviluppati o prodotti utilizzando linee cellulari che derivano da feti spesso abortiti decenni fa, questione rilevante nel dibattito cattolico, il cardinale spiega che dal punto di vista morale è chiaro che per un fedele l’aborto è un «atto intrinsecamente malvagio». Tuttavia, applicando il principio morale della cosiddetta cooperazione al male, Eijk ricorda appunto che «la pandemia da coronavirus può causare malattie molto gravi, ha tassi di mortalità relativamente alti, può sconvolgere totalmente la vita sociale ed economica in tutto il mondo e i vaccini sono l’unico mezzo per fermare la pandemia. Può quindi essere giustificata una cooperazione materiale, indiretta e remota nell’aborto sviluppando e producendo vaccini mediante linee cellulari derivate da feti abortiti e utilizzando questi vaccini».
In tutto ciò però il cardinale risponde «no» alla domanda se i governi possono imporre alle persone di vaccinarsi. «I governi dovrebbero», afferma Eijk, «cercare di convincere i membri della società dell’importanza di vaccinarsi nel loro interesse e quello dei loro simili, dell’efficacia del vaccino per rallentare o fermare le pandemie e del fatto che effetti collaterali gravi da vaccini si verificano raramente o molto raramente».
Le distinzioni taglienti del bisturi applicato dal cardinale olandese a una materia incandescente arrivano a un’ultima sostanziale conclusione. «Poiché le persone, vaccinandosi, proteggono anche i loro simili e quindi mostrano rispetto per il loro diritto alla vita, si potrebbe forse anche concludere che vaccinarsi è un atto richiesto dalla giustizia. Inoltre, è un mezzo proporzionato e quindi obbligatorio per proteggere la propria vita e salute personale. Da questo punto di vista si potrebbe anche sostenere che farsi vaccinare contro il Covid-19 sia un obbligo morale. Ciò, tuttavia», conclude, «non significa che sia anche un obbligo giuridico. La somministrazione obbligatoria dei vaccini non è eticamente giustificata. La decisione di essere vaccinati deve essere presa volontariamente dal destinatario del vaccino».
Con altre parole il concetto è espresso anche dal teologo don Serafino Lanzetta che all’Adnkronos dichiara: «In coscienza, secondo la posizione moralmente cattolica, ognuno vede se è opportuno o meno farsi il vaccino. Personalmente, penso ci siano buone ragioni perché il green pass non sia imposto soprattutto a quei lavoratori che hanno bisogno di lavorare e quindi che la loro coscienza sia rispettata». (articolo pubblicato sul quotidiano La Verità, 24 ottobre 2021)
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