Venerdì 13 ottobre, il centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima si è solennemente chiuso a Correggio (Reggio Emilia), presso il santuario della Madonna della Rosa, con la Messa nella forma straordinaria del Rito Romano celebrata dal vescovo Massimo Camisasca. Riportiamo di seguito l’omelia.
Cari fratelli e sorelle perché il vescovo è venuto qui? Vorrei iniziare subito rispondendo a questa domanda.
Perché voi siete miei figli e il pastore deve essere pastore di tutte le sue pecore. Ciascuna secondo il suo dono e secondo la sua storia. Tutti coloro che sono dentro il nostro gregge hanno il diritto di essere seguiti aiutati corretti e amati dal vescovo e perciò ho desiderato venire qui proprio per questa ragione.
La seconda ragione è inerente alla celebrazione della Forma Straordinaria della messa: io sono profondamente convinto che l’intuizione di Benedetto XVI con il Motu Proprio Summorum Pontificum non fosse contro la Messa di Paolo VI, ma a favore di essa e cioè in modo che le due celebrazioni, le due forme diverse di celebrazione, potessero aiutarsi a vicenda. In particolare che il silenzio e la sacralità che accompagnano questa celebrazione nel cosiddetto “Rito antico” possano aiutare tutti noi presbiteri che celebriamo la Santa Messa secondo la Forma ordinaria del messale di Paolo VI a custodire sempre il gusto del silenzio, della meditazione e dell’essere davanti a Dio, che deve connotare ogni celebrazione eucaristica.
Se mi chiedete personalmente che cosa, penso che sia stato un bene per la Chiesa la traduzione nelle lingue moderne della Celebrazione eucaristica; penso nello stesso tempo che sarebbe stato un bene custodire anche il latino all’interno della Messa nel prefatio, nel Canone o in alcune celebrazioni.
Oggi mi sono anche divertito: leggendo dei blog, non li leggo mai, li ritengo una perdita di tempo ma mi sono divertito. I miei segretari mi hanno fotocopiato dei blog, mi sono divertito. Vabbè, non dico altro, altrimenti uno non ha che da farsi il sangue amaro, che è una cosa negativa, allora, bene, prendiamo le distanze. A me le letture politiche delle vicende ecclesiali non interessano, a me interessa la Chiesa, interessano i miei figli, interessa aiutare ciascuno nella situazione in cui è secondo la sensibilità che ha e anche le necessità di correzione.
Quello che vi supplico è di portare tutta la vostra sensibilità e la vostra storia nella edificazione nella comunione ecclesiale nella Chiesa.
Una Chiesa che vive lacerazioni, polarizzazioni che possono nascondere quello che è invece il valore centrale della sua realtà: la comunione trinitaria del Dio vivente.
Vorrei riferirmi in questo giorno benedetto, il 13 ottobre, a lei, a Maria, alla madre delle grazie che abbiamo sentito nel libro della Sapienza chiamata con una espressione tornata molto nei testi della Chiesa dopo Giovanni Paolo II: madre dell’amore bello.
Che cos’è questo amore bello?
Anzitutto è madre dell’amore, questo è l’importante compito di Maria: continuare ad essere generativa, la sua generazione non si è concluda con la generazione di Cristo ma continua ogni giorno nella generazione della Chiesa. Lo avete sentito: “Donna ecco tuo figlio”.
Assieme a Gesù nato dal suo ventre c’è il figlio Giovanni, nato dal cuore di Maria che ha ottenuto la figliolanza di uomo a Maria. Dunque Maria non smette mai di generare, è madre dell’amore perché essa genera figli di Dio cioè genera uomini e donne che mette sulla strada del riconoscimento della loro creaturalità.
Ciascuno di noi è aiutato da Maria a camminare verso la scoperta di essere creatura, perciò figlio e figlia di Dio, perciò destinato in comunione con lui.
Ma come è difficile questo cammino.
Senza Cristo l’amore tende a diventare possesso, prevaricazione, si copre di belle parole di belle intenzioni ma diventa violenza. Solo con Cristo che purifica il nostro cuore e che ci rende simili a lui è capace di essere un amore che non pretende nulla, ma che tutto desidera spendersi.
Ecco: madre del bell’amore è la cosa di cui più abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di sapere che c’è una madre e che non siamo soli, che siamo amati, abbiamo bisogno di sapere e sperimentare che questa madre è una forza in noi di conversione della nostra esistenza, un cambiamento del nostro cuore, la forza ci rende capaci di amare.
Sapendoci amati da lei diventiamo capaci di amare. Come e grande come è bella la vita cristiana che nella sua semplicità porta a noi ciò che è essenziale: la capacità di amare, perdonare, vivere in comunione, di essere famiglia di Dio e permette alle nostre famiglie di rinascere continuamente di rinascere e donarsi.
Che cosa voglio augurarvi? Ecco anzitutto di imparare il silenzio, la liturgia celebrata secondo questa forma ci introduce nel silenzio, ma attenti: il silenzio non è mai un automatismo, se noi partecipiamo a questa liturgia come a un rito esteriore non impareremo il silenzio perché il silenzio è un dialogo con Dio, il silenzio è qualche cosa che è chiamato a vivere dentro tutta la nostra giornata.
La prima cosa dunque è che la partecipazione a questa Messa ci aiuti a un silenzio vero, pieno di adorazione, e nello stesso tempo la profondità di questa adorazione deve spingerci ad essere testimoni di Cristo in mezzo agli uomini e alle donne della nostra vita. Cristo ci chiama e ci sceglie per mandarci, per dare la testimonianza del nostro volto gioioso, di coloro che sono corsi al sepolcro e hanno trovato la pietra rotolata e hanno sentito l’angelo che diceva: non è morto, è vivo è colui che attendevate e che adesso si manifesta pienamente nella vostra vita. Essere suoi testimoni, il Signore vi ha scelto per questo, per essere suoi testimoni.
Chiedete a lui ogni giorno la gioia e la forza della testimonianza, soprattutto con la vostra leggerezza di vita con la capacità di attraversare anche le difficoltà con la fede che fa dire: sì ma Dio c’è, è qui mi prende per mano, non mi lasci asolo, mi accompagna lo riconosco.
Cari fratelli e sorelle preghiamo gli per gli altri e pregate per il vescovo perché il suo ministero in questa possa essere sempre pieno di gioia e sappia attraversare con passo leggero le difficoltà e sappia perdonare, esprimere affetto dovunque a ogni cuore che lo cerca, a ogni baratro che si apre nell’umano, sappia essere un braccio, una mano, un piede che porta agli altri uomini e alle altre donne non solo la notizia che Gesù è risolto, ma la sua presenza sacramentale che è efficace.
Massimo Camisasca +