Lo scorso aprile venivano pubblicati dal mensile tedesco Klerusblatt e – in esclusiva per l’Italia – dal Corriere della Sera i cosiddetti “appunti” di Benedetto XVI, redatti in relazione all’incontro promosso da papa Francesco in Vaticano con i presidenti di tutte le conferenze episcopali per un confronto sulla questione della diffusione di notizie in merito agli abusi sessuali commessi da chierici a danno di minori e sulla «crisi della fede e della Chiesa avvertita in tutto il mondo».
Con il testo, reso appunto poi noto, Ratzinger si proponeva di fornire «qualche indicazione che potesse essere di aiuto in questo momento difficile», suddividendo il suo lavoro in tre parti: «In un primo punto tento molto brevemente di delineare in generale il contesto sociale della questione. […] In un secondo punto provo ad accennare alle conseguenze di questa situazione nella formazione e nella vita dei sacerdoti. Infine, in una terza parte, svilupperò alcune prospettive per una giusta risposta da parte della Chiesa».
Ebbene, a poco più di quattro mesi di distanza, con una breve dichiarazione in risposta alle critiche pubblicate sulla rivista tedesca Herder Korrespondenz, il papa emerito lamenta che la maggior parte delle critiche che sono state mosse ai suoi “appunti” non ne hanno colto il punto fondamentale, che è appunto la crisi di fede, e con essa della Chiesa, propria del nostro tempo, che si porta dietro le derive delle quali siamo tristemente spettatori. Argomentava infatti Papa Benedetto in uno dei punti centrali del suo scritto: «Una società nella quale Dio è assente – una società che non lo conosce più e lo tratta come se non esistesse – è una società che perde il suo criterio. Nel nostro tempo è stato coniato il motto della “morte di Dio”. Quando in una società Dio muore, essa diviene libera, ci è stato assicurato. In verità, la morte di Dio in una società significa anche la fine della sua libertà, perché muore il senso che offre orientamento. E perché viene meno il criterio che ci indica la direzione insegnandoci a distinguere il bene dal male. La società occidentale è una società nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più nulla da dire. E per questo è una società nella quale si perde sempre più il criterio e la misura dell’umano. In alcuni punti, allora, a volte diviene improvvisamente percepibile che è divenuto addirittura ovvio quel che è male e che distrugge l’uomo. È il caso della pedofilia». Quindi, proseguiva, «il primo compito che deve scaturire dagli sconvolgimenti morali del nostro tempo consiste nell’iniziare di nuovo noi stessi a vivere di Dio, rivolti a Lui e in obbedienza a Lui. Soprattutto dobbiamo noi stessi di nuovo imparare a riconoscere Dio come fondamento della nostra vita e non accantonarlo come fosse una parola vuota qualsiasi.
Ecco dunque la sintesi della crisi, secondo Benedetto: l’assenza di Dio. Un’assenza che emerge in maniera lampante anche negli scritti di coloro che non sono stati in grado di cogliere il nucleo fondamentale degli “appunti” di Ratzinger, il quale non può fare a meno di rilevare che «nella maggior parte delle reazioni al mio contributo, Dio non appare affatto». E questo, chiosa, non fa altro che dimostrare «la gravità della situazione, in cui la parola Dio sembra spesso essere in disparte, anche in teologia».
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