Professore Associato di Diritto Tributario presso l’Università degli Studi di Genova, l’avvocato Francesco Farri, membro del Centro Studi Livatino, lo interpelliamo dopo la notizia del “piano Giorgetti” per alleggerire la pressione fiscale per le famiglie con figli.
Professore, cosa pensa dell’idea del ministro di “togliere tasse a chi fa figli” per incentivare la natalità?
«La proposta del Ministro dell’Economia è assolutamente condivisibile. Risalgono a pochi giorni fa i dati ISTAT secondo cui l’Italia ha toccato il record storico negativo di denatalità: il nostro Paese si sta collocando agli ultimi posti in Europa e al mondo per tasso di fertilità. Ciò si presta a comportare seri problemi sotto vari profili, inclusi quelli economici. Il gettito tributario e previdenziale è generato prevalentemente, in modo diretto o indiretto, da soggetti in età lavorativa ed è indispensabile per finanziare le prestazioni sociali. Seguendo l’attuale trend demografico, tra non molti anni si genereranno squilibri nella finanza pubblica tali da rendere insostenibile il welfare state e creare gravi conflitti intergenerazionali. Fare tutto il possibile per incentivare una primavera demografica è, dunque, un investimento importante per il futuro del nostro Paese. E’ saggia e lungimirante, dunque, la proposta del Ministro dell’Economia di adottare misure eccezionali per incentivare la natalità. Questa proposta, inoltre, si inserisce in un percorso già avviato dal Governo e riaffermato da ultimo pochi giorni fa anche dal Presidente del Consiglio: ciò fa sperare di esser davvero giunti al momento di una svolta per la nostra politica economica e demografica».
Posto che non è ancora chiaro come si intende mettere in campo questa proposta, quali sono le vie percorribili?
«Sul piano tecnico, molte sono le modalità che il sistema tributario pone a disposizione per ridurre le imposte sulle famiglie con figli. Per azzerare in senso tecnico l’imposta sul reddito sarebbe necessario riconoscere, ai genitori che hanno a carico un certo numero di figli, un credito d’imposta pari all’imposta netta, da utilizzare ad abbattimento della stessa. Se invece di azzerare in senso tecnico il prelievo lo si volesse invece più semplicemente ridurre, si potrebbero modulare in modo specifico le detrazioni, così orientando il risparmio d’imposta verso spese funzionali alla cura dei bambini: aumentare le detrazioni per minimo vitale familiare, che forfetizzano le spese alimentari e quotidiane; introdurre detrazioni o crediti d’imposta per servizi di babysitter; introdurre detrazioni o crediti d’imposta per l’acquisto di beni relativi all’infanzia, come seggiolini auto, passeggini, carrozzine e simili. Infine, vi è il classico modello del quoziente familiare, con il quale possono essere combinate anche le detrazioni di cui ho detto. Si tratta di misure onerose per la finanza pubblica, è indubbio: tuttavia, la politica è fatta di scelte e sembra ormai divenuta improcrastinabile l’esigenza di allocare risorse a favore della natalità, per le ragioni prospettiche che ho prima sintetizzato. Possono, poi, concepirsi abbattimenti del prelievo anche in altri comparti impositivi, come l’IMU o la TARI: ciò, tuttavia, andrebbe a incidere sulla finanza di enti pubblici diversi dallo Stato, con tutte le conseguenze che possono derivarne. Mi permetto, infine, di aggiungere una considerazione, che ho scritto e ribadito in molteplici sedi. Occorre rivedere il sistema dell’I.S.E.E. e, in particolare, eliminare la scala d’equivalenza che ne è alla base: essa, infatti, penalizza le coppie sposate rispetto ai singoli nell’accesso a tutte le prestazioni sociali e non valorizza a sufficienza la presenza dei figli. Questa dovrebbe essere la prima misura a sostegno della famiglia».
Ritiene che la leva fiscale sia effettivamente quella giusta per invertire la rotta demografica?
«Il crollo demografico è la conseguenza dell’azione di molteplici cause, non ultima quella culturale: la mentalità individualista, che direttamente o indirettamente sta alla base di molte delle odierne rivendicazioni sociali, può dissuadere la persona da quel dono di sé che è la cura dei figli. L’azione pubblica non può, tuttavia, risolvere direttamente queste cause; essa può soltanto creare le condizioni migliori affinché le persone possano trovare la fiducia necessaria per mettere al mondo dei bambini. In questo ambito, la consapevolezza della tranquillità economica gioca indubbiamente un ruolo importante. Le misure strettamente tributarie, come sappiamo, non sono sufficienti, poiché della riduzione delle imposte può beneficiare soltanto chi un reddito o un patrimonio lo ha già: per questo, le misure tributarie vanno combinate con appropriati sussidi pubblici, con misure giuslavoristiche e con adeguati servizi pubblici funzionali alla cura dei figli. Tuttavia, è altrettanto indubbio che le misure tributarie siano un tassello essenziale del quadro di sostegno pubblico alla famiglia e alla natalità».
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