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È beata madre Alfonsa Maria, «l’estatica di Niederbronn»
NEWS 10 Settembre 2018    di Ermes Dovico

È beata madre Alfonsa Maria, «l’estatica di Niederbronn»

L’accettazione della croce che diventa sorgente di un amore infinito è il cuore della spiritualità di madre Alfonsa Maria, al secolo Elisabetta Eppinger (9 settembre 1814 – 31 luglio 1867), una mistica francese che è stata beatificata ieri nella cattedrale di Strasburgo, a 204 anni esatti dalla nascita. Prima di undici figli, era nata in una famiglia di agricoltori a Niederbronn-les-Bains, nell’Alsazia. I suoi genitori la educarono nella fede cattolica. Fin dall’infanzia, nonostante volesse rendersi utile in casa, fu costretta spesso a letto per la salute fragile che le impedì a lungo di studiare, crescendo quasi da analfabeta (leggeva a stento e sapeva scrivere solo la sua firma). Si sentiva un peso ma allo stesso tempo era animata dal desiderio di «conoscere Dio, amarlo ed essergli gradita»; le ore trascorse in raccoglimento, nella preghiera e nella meditazione dei dolori di Gesù, la fortificarono mirabilmente. La sua devozione per l’Eucaristia crebbe di pari passo.

Ne trasse beneficio anche la sua indole che andò perdendo via via gli istinti ribelli, sviluppando un grande senso dell’obbedienza e di fiducia nella bontà divina, grazie pure alla guida preziosa del suo parroco Jean David Reichard.

Nel 1846, ormai trentaduenne, la sua esistenza subì un cambiamento fuori dal comune. Durante il decorso di una malattia particolarmente dolorosa, iniziò a sentire la presenza di Gesù che le parlava e la confortava, donandole estasi indicibili. Nostro Signore le mostrò inoltre i suoi peccati, le partecipò le sofferenze del Papa e della Chiesa (nel 1846-1878 si svolse il lungo e sofferto pontificato del beato Pio IX, in un clima sempre più anticattolico), la indusse a pregare per la salvezza delle anime, nonché per la santificazione dei sacerdoti, e le rivelò fatti profetici destinati ad avverarsi di lì a breve. Lei confessava tutto a padre Reichard, che annotava le sue parole. «Come puoi concedere tante grazie a me, che sono così piccola, che non sono nulla?», era la sua domanda al Creatore davanti a quell’abbondanza di doni, che si accompagnavano ai tentativi del diavolo di farla crollare.

In pochi mesi la fama di Elisabetta, ribattezzata «l’estatica di Niederbronn», superò i confini della Francia e malgrado desiderasse vivere nel nascondimento iniziarono ad andare da lei moltissime persone, attratte anche dalla sua capacità di leggere i cuori. Di quegli eventi, che intanto erano stati bollati dal sindaco come «disturbo di ordine pubblico», dovette interessarsi personalmente il vescovo di Strasburgo, André Raess, che sottopose la mistica a diversi esami maturando la consapevolezza di trovarsi di fronte a un’anima prediletta. La beata, che si mantenne umilissima, manifestò la volontà di entrare in una congregazione religiosa ma Raess, per prudenza, le chiese di attendere. I piani di Dio erano altri. Lei stessa, infatti, ne avrebbe fondata una, con il sostegno del suo parroco e dello stesso vescovo. Pochi mesi più tardi, era il 28 agosto 1849, iniziò a fare vita comune con alcune compagne e il 10 settembre ricevette l’abito religioso, assumendo il nome di Alfonsa Maria in onore di sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

Nacquero così quelle che in seguito chiamò, per evitare confusione di nomi, Suore del Santissimo Salvatore, orientate principalmente ad assistere i malati. «Gesù, mio Divino Sposo, adotta queste figlie, prendi i loro cuori come tuo possesso… e formale secondo la Tua volontà», pregava la fondatrice. La congregazione ebbe uno sviluppo rapidissimo e si andò diffondendo in Francia, Germania, Austria e Ungheria: ad appena 14 anni dalla fondazione contava già 83 case e 700 suore (oggi è presente in quattro continenti). Dopo la straordinaria carità messa in campo durante l’epidemia di colera del 1854, il nuovo istituto religioso ottenne pure il riconoscimento civile da parte di Napoleone III, con un decretò che ne attestò l’«utilità pubblica».

«Non negate nulla ai malati, perché quanto negate loro, lo negate al Salvatore», insegnava madre Alfonsa Maria alle sue suore, con parole che suonano quantomai attuali in un mondo che non conosce più il senso della sofferenza e va sostituendo Cristo con una mentalità eutanasica. La nuova beata, che aveva saputo trasformare il suo dolore in amore, impiegava invece tutte le sue energie per rispondere ai bisogni corporali e spirituali di malati, disabili, bambini soli e anziani. E testimoniava la necessità di cercare la volontà di Dio in tutte le cose, operando per la Sua maggior gloria. Come scrisse in una lettera (stesa dalla sua segretaria, suor Adele) diretta a una suora con una grave malattia: «Dio vi vuole una gran santa. Lasciatelo dunque fare di voi secondo il Suo beneplacito».


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