«Ogni anno almeno mille delle nostre ragazze vengono rapite, violentate, obbligate a convertirsi all’Islam e costrette a sposare i loro aguzzini», ha denunciato l’avvocatessa cattolica pakistana Tabassum Yousaf notando come questa sia una piaga che affligge tutte le minoranze religiose, in primis cristiani e indù. La denuncia è stata fatta in occasione della conferenza organizzata l’8 agosto al Press Club di Karachi in Pakistan insieme ad Aiuto alla chiesa che soffre, l’organizzazione di diritto pontificio che si occupa di sostenere la libertà religiosa e le chiese nel mondo.
La conferenza ha denunciato il dramma di queste donne e perfino bambine le cui famiglie si trovano spesso totalmente indifese di fronte al sistema giuridico pachistano per il quale una conversione all’Islam è comunque inoppugnabile. «L’Occidente e media internazionali», ha dichiarato ancora Yousaf, «possono fare molto per tutelare le minoranze religiose in Pakistan».
L’obiettivo della conferenza è stato anche quello di illustrare una risoluzione in 10 punti per la promozione delle minoranze, una risoluzione redatta con il contributo del cardinale Joseph Coutts e altri leader di diverse fedi. Al primo punto, si chiede di fissare a 18 anni l’età minima per contrarre matrimonio, mentre al punto n. 9 si richiedono tutele legali contro i rapimenti e le conversioni forzate che – come ha notato in un discorso ufficiale per la giornata delle minoranze lo stesso primo ministro Imran Khan – non sono consentite dalla stessa religione islamica. Tra i punti della risoluzione anche quello di avere un ministro federale per le minoranze, un vuoto ancora non colmato dalla morte per assassinio di Shahbaz Bhatti nel 2011.
«Gli stessi governi esteri», ha dichiarato ancora l’avvocatessa Yousaf, «dovrebbero assicurarsi che i loro aiuti giungano anche ai non musulmani. In special modo le nazioni occidentali, almeno sulla carta cristiane, che dovrebbero avere a cuore noi fratelli nella fede. Alla comunità internazionale e in particolare all’Occidente chiediamo altresì di dare voce alla nostra richiesta di giustizia e di diritti, come fa da sempre ACS che ringraziamo per aver sostenuto anche questa nostra iniziativa. Il caso di Asia Bibi mostra quanto la visibilità internazionale sia cruciale per la tutela delle minoranze pachistane. Quindi continuate ad accendere i riflettori sulla difficile condizione in cui viviamo».
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