Il dibattito sulla possibile legalizzazione del matrimonio fra persone dello stesso sesso in Australia promette di essere divisivo anche per le diverse denominazioni cristiane e per la stessa Chiesa cattolica, come lo è stata in Irlanda la campagna referendaria che ha preceduto l’introduzione delle nozze gay nella costituzione. A favore del same-sex marriage in Australia, infatti, si sono schierati non solo, come prevedibile, i “cristiani del dissenso”, ma pure i vertici di due prestigiosi college gesuiti, sebbene guardandosi dal raccomandare esplicitamente un voto per il sì.
COME SI È ARRIVATI AL REFERENDUM. Proprio come è avvenuto in Irlanda, anche in Australia è possibile che la disputa tra sostenitori e oppositori del matrimonio gay sia “risolta” da un referendum. Nel caso australiano, però, si tratta di un voto soltanto consultivo (dunque non vincolante per governo e parlamento), convocato per via postale e su base volontaria, dal momento che l’intenzione del premier Malcolm Turnbull di indire un vero e proprio referendum, ancorché sempre consultivo, è stata bocciata due volte dal Senato. Mentre infatti la coalizione conservatrice al governo è divisa sul tema (di qui la scelta di interpellare gli elettori), l’opposizione di sinistra, oltre a contestare all’esecutivo i costi e la costituzionalità del plebiscito postale, è convinta di poter portare a casa la riforma affidandola direttamente al voto del parlamento, come spiega un articolo della Bbc. Nel piano del governo Turnbull, le buste con il quesito potrebbero essere inviate agli aventi diritto già entro il 12 settembre, mentre per rispondere ci sarebbe tempo fino al 7 novembre. La pubblicazione dei ragazzi risultati è prevista per il 25 dello stesso mese.
DIVISIONI PREVEDIBILI. Tutto sommato era prevedibile che anche all’interno delle comunità cristiane del paese si formassero “lobby” contrapposte pro e contro il same-sex marriage. Il Guardian, per esempio, riporta la polemica scoppiata tra la “Coalition for Marriage”, che ha denunciato in uno spot televisivo il rischio che la legalizzazione delle nozze gay minacci la libertà religiosa rendendo obbligatorio l’indottrinamento gender nelle scuole, e il gruppo interconfessionale chiamato “Australian Christians for Marriage Equality”, che definisce la pubblicità un “depistaggio” e sostiene che la maggioranza dei credenti abbia intenzione di votare “sì”.
APERTURE SORPRENDENTI. Meno scontate le prese di posizione a favore della riforma da parte dei vertici del St Ignatius’ College di Sydney e del Xavier College di Melbourne, riportate in Australia dal Sydney Morning Herald e a Londra dal Catholic Herald. Non si tratta infatti di due istituti educativi privati qualsiasi, ma di due strutture cattoliche gestite dai gesuiti e frequentate dall’élite: «Il St Ignatius’s College – ricorda il settimanale cattolico inglese – è l’alma mater dell’ex primo ministro Tony Abbott, un convinto oppositore del matrimonio tra persone dello stesso sesso, mentre l’attuale leader dell’opposizione Bill Shorten ha frequentato lo Xavier College». Sia il rettore di quest’ultimo, padre Chris Middleton, sia il collega padre Ross Jones del St Ignatius hanno messo nero su bianco le loro aperture in due messaggi destinati ai genitori, al personale e agli studenti delle rispettive scuole, senza esprimersi esplicitamente per il “sì” al referendum ma invitando tutti a riflettere sull’insegnamento di papa Francesco su amore, misericordia e astensione dal giudizio.
UNANIMITÀ E AMORE. «Secondo la mia esperienza, tra i giovani vi è unanimità pressoché totale a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso, e le argomentazioni contro di esso non hanno quasi alcun impatto su di loro», si legge nella lettera di padre Middleton. «Essi sono guidati da un forte impegno emozionale per l’eguaglianza, e questo è certamente qualcosa che merita rispetto e ammirazione. Sono idealisti nei confronti del valore che attribuiscono all’amore, il valore primario del Vangelo».
IPOCRISIA E DISCRIMINAZIONE. Secondo il rettore del college dei gesuiti di Melbourne c’è anche il rischio che la Chiesa sia tacciata di ipocrisia e perda credibilità, visto che è già sotto accusa sulla pedofilia. Meglio sarebbe per i cattolici evitare di entrare in «aree controverse in tema di sessualità». I fedeli si preoccupino piuttosto di meditare se «negare [agli omosessuali] il diritto di sposarsi civilmente non sia una “ingiusta discriminazione”».
LA STESSA RAGIONE. Padre Ross Jones da parte sua aggiunge che le coppie di persone dello stesso sesso desiderano il matrimonio «per le stesse ragioni delle loro controparti di sesso diverso». Scrive il rettore del St Ignatius’ College: «Presumibilmente, le coppie dello stesso sesso che si assumono un tale impegno reciproco in buona coscienza, lo fanno riflettendo sull’esperienza e su cosa significhi essere umani, utilizzando la ragione donata loro da Dio».