I numeri diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sono allarmanti: in tutto il mondo ogni giorno vengono contratte circa un milione di nuove malattie sessualmente trasmissibili, alcune delle quali passano spesso inosservate in quanto asintomatiche. Riporta il Time: «Nel 2016 ci sono stati circa 376,4 milioni di casi curabili di clamidia, gonorrea, tricomoniasi e sifilide contratti tra uomini e donne tra i 15 e i 49 anni, riferisce l’Oms. I tassi di incidenza sono simili a quelli stimati per il 2012, secondo l’analisi dell’Oms di oltre 100 studi condotti tra il 2009 e il 2016». La tricomoniasi risulta essere l’Ist più diffusa e colpisce soprattutto il sesso femminile: l’avrebbero contratta il 5% delle donne nel mondo; per gli uomini, invece, la malattia più frequente è la clamidia.
Per gli Stati Uniti esistono poi ulteriori dati relativi al 2017, riportati sempre dal Time la scorsa estate: «[…] con quasi 2,3 milioni di casi di clamidia, gonorrea e sifilide diagnosticati nel 2017, i tassi di malattie sessualmente trasmissibili sono ai massimi storici, secondo i nuovi dati dei Centers for Disease Control e Prevenzione (CDC)».
I dati fotografano una realtà: negli ultimi anni la gente continua a contrarre malattie sessualmente trasmissibili, e talvolta con incidenze anche in crescita, nonostante l’insistente martellamento a favore dell’uso del preservativo, le massicce campagne di “educazione sessuale” e le statistiche che parlano di una diminuzione del tasso di giovani “sessualmente attivi”.
Come mai questo apparente controsenso? Per Bradley Stoner, direttore medico del St. Louis STD / Centro di formazione sulla prevenzione dell’HIV presso la Washington University di St. Louis, uno dei problemi sta nei «finanziamenti poco brillanti per risorse federali come il CDC», che non riescono a garantire un capillare lavoro di prevenzione e informazione, nonché a rendere più accessibili test e trattamenti. Oltre a questo, anche le difficoltà economiche, l’emarginazione sociale e la “fluidità sessuale” sempre più diffusa e accettata sono fattori che incrementano la diffusione di Ist. Accanto a questo, per Alison Marshall, esperta clinica presso il Centro di Prevenzione HIV / Sylvie Ratelle del New England e un istruttore clinico presso il Connell School of Nursing del Boston College, un punto critico sta anche nel fatto che le giovani generazioni, in virtù del progresso medico-scientifico, non vedono più l’Aids come una “condanna a morte” e sono quindi più disinvolte rispetto alle precauzioni da prendere.
Entrambi questi ragionamenti, tuttavia, sono inesatti e parziali: innanzitutto sul piano scientifico, in quanto non è vero che i preservativi proteggono totalmente dalle malattie infettive, anzi di fatto ne incentivano la diffusione in relazione all’aumento della promiscuità. In secondo luogo, perché il vero ragionamento che andrebbe fatto si colloca a livello educativo: è necessario tornare a parlare di “castità” (che non significa “astinenza”) e “fedeltà”, andando così più a fondo di quella che può essere una concezione del sesso quale mero «esercizio ginnico» – per dirlo con la sessuologa Thérèse Hargot -, o quale valvola di sfogo degli istinti, oppure ancora quale canale attraverso cui soddisfare il proprio ego… Solo la castità e la fedeltà, infatti, possono far sì che l’unione dei corpi diventi anche una donazione della persona nella sua interezza, con un arricchimento reciproco all’interno della coppia. E in tal senso non è un caso che la Chiesa, profonda conoscitrice dell’animo umano, insegni che la sessualità è prerogativa del matrimonio monogamico e indissolubile.
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