«Chiamatemi Elliot, usate i pronomi lui/loro». Queste le parole con cui nelle scorse ore l’attrice Ellen Page, affermatasi con il film pro life Juno (2007), dichiarandosi un soggetto trans «non binario», ha fatto attraverso i social nuovamente coming out. Scriviamo nuovamente perché, a ben vedere, già sette anni fa la Page fa aveva annunciato urbi et orbi di essere lesbica, anche se questo nuovo annuncio – a quanto pare – non è necessariamente in conflitto con il precedente.
A farlo presente, su Repubblica, è il giornalista Pasquale Quaranta: «Non bisogna confondere, è bene ricordarlo sempre, l’identità di genere con l’orientamento sessuale: le persone gay e lesbiche sono attratte da persone del proprio sesso: si tratta quindi di orientamento sessuale. Le persone transessuali, invece, sentono di appartenere al genere opposto a quello assegnato alla nascita: si tratta di identità di genere. Quindi non sono sinonimi». Sarà.
Sta di fatto che qualcuno non sembra averlo preso bene, questo debutto sulla scena di Elliot Page. E no, non siamo parlando di qualche associazione conservatrice, bigotta o pro-family, bensì di Arcilesbica, che sulla propria pagina Facebook ieri ha ironizzato molto proprio sul coming out di quello che Wikpedia, particolarmente attenta all’ortodossia gender, ci presenta ora come «un attore canadese». L’associazione Lgbt ha infatti confezionato un post ironizzante – «Elliot e le storie a tesi» -, anticipato da un altro di tenore analogo: «Ultimora lercia: Colpitu dal coming out di Elliot Page, alcun* attivist@ di ArciLesbica prendono coscienzo di sé. Cristino, Stello, Beatore, Luiso, Lucìo, Saro, Flavìo ora sono felici ma soffrono: “tutto pur di non essere donne”».
Che dire: stavolta gli stracci, quelli arcobaleno s’intende, sono volati davvero, con Arcilesbica che pare aver accolto non senza un certo risentimento la scelta di Elliot Page. Un risentimento che, si badi, non ha però verosimilmente alcunché di personale, ma che deve esser letto alla luce della posizione fortemente critica che l’associazione, non da oggi, nutre verso due aspetti: la pratica dell’utero in affitto e il trasngenderismo, rispettivamente interpretati come una incivile umiliazione ed uno snaturamento dell’identità femminile.
Detto questo, ciò che colpisce – e deve certamente far riflettere – è che se in questa occasione non ci fosse Arcilesbica, con la sua graffiante ironia, il bizzarro commiato di Ellen e il debutto di Elliot sarebbero passati quasi sotto silenzio, riducendosi al massimo ad un dibattito sui pronomi. Come se fosse normale stabilire di cambiare identità sessuale solo sulla base della propria percezione, cosa che ormai viene guardata con qualche diffidenza persino nei Paesi più secolarizzati; basti pensare al Regno Unito dove, giusto poche settimane fa, è arrivato lo stop definitivo alla riforma del Gender Recognition Act, che chiedeva proprio questo: ammettere il cosiddetto self-id o autocertificazione di genere, con la conseguente possibilità per chiunque di decidere in totale libertà a quale genere appartenere, a prescindere dal proprio sesso biologico; né più né meno, cioè, di quel che ha fatto il noto «attore canadese».
Eppure, ripetiamo, in questa circostanza – almeno per quanto riguarda il panorama italiano – solo una sigla lontana dalla sensibilità cattolica come Arcilesbica ha avuto il coraggio, viene da dire, di ironizzare sulla fu Ellen Page. Il che, per quanto si possa restare scettici verso le posizioni complessive dell’associazione Lgbt, deve far pensare a proposito di quel conformismo che ormai scoraggia ogni pensiero critico. Anche quando ci si trova davanti ad un’attrice che di punto in bianco diviene trans «non binario», esigendo di essere interpellata con i pronomi «lui/loro».
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