Hodie Cristus natus est! Oggi è nato per noi il Salvatore!
Quest’annuncio di gioia invade oggi la Chiesa, invade i nostri cuori, scompiglia santamente le nostre vite come quando in una casa arriva un neonato: ci è stato dato un bambino, Dio si è fatto Bambino per noi.
Come a un bimbo va dato un nome, anche noi siamo chiamati a “nominare”, a dare cioè un “nome” a questo Natale che ci è donato bambino. “Un dono senza confini”, potremmo così chiamare il nostro Natale.
È dono illimitato il Natale, perché Dio ci dà tutto ciò che ha, ci dà tutto ciò che è, ci dà la Sua vita, si fa dono per noi. Il Suo amore che non ha confini lo spinge a raggiungerci lì dove noi ci siamo perduti e abbiamo disperso la nostra umanità, per ridonarcela come era al principio, nella sua perfezione, nella sua bellezza. Maria accoglie tra le sue braccia il “mistero” incomprensibile dell’Amore fatto carne, fatto bambino e lo presenta a me, a te, all’uomo di ogni tempo.
Nel mistero dell’Incarnazione Dio ci sorprende con la Sua venuta, silenziosa e gloriosa, attesa e allo stesso tempo inaspettata, venuta che supera ogni aspettativa umana e travalica il confine della divinità e dell’umanità. Perché Dio assume le bassezze della nostra carne e noi siamo chiamati alle altezze della sua gloria. Il Natale è dono senza confine perché dopo l’incarnazione non è più chiaro il confine tra l’umano e il divino e questa “confusione” è grazia, è salvezza, è gioia per noi. Dio si fa come noi perché noi possiamo diventare come Lui. Per noi uomini e per la nostra salvezza è discesa dal cielo!
Il Natale dice pace fatta tra cielo e terra, tra la creatura e il Creatore, tra Dio e l’uomo; come al principio dei giorni, anche oggi Dio e l’uomo possono guardarsi faccia a faccia, possiamo incrociare lo sguardo del nostro Dio.
Il Natale è dono inaspettato, dono grande da togliere il fiato, dono che non si è mai pronti ad accogliere. È troppo bello e inedito lo svestirsi di Dio del manto stellato per vestire la nostra carne piagata di lebbrosi e contrarre le nostre “malattie” per salvarci in un modo che nessun poeta avrebbe potuto anche solo sognare. È troppo assurdo che “Colui che move il sole e le altre stelle” venga a visitarci col sorriso fragile e inerme di un Bambino. È dono sconfinato che ci sorprende e ci trova impreparati, mentre tentiamo di completare il trono dorato che avevamo preparato per Lui nei nostri presepi, ma ancor più realmente nel nostro “io ideale”, sapendo che preferirà la paglia umida e pungente di una stalla, quella del mio cuore.
Il Natale è il “sì” di Dio all’uomo: Dio stesso abbraccia il vecchio pianeta del peccato per rifarlo giardino dell’incontro e della comunione. Il Bambino di Betlemme è l’inizio della Grazia potente che rimodulerà ogni cosa nella mia e nella vita di tutti.
Dalla Messa della Notte a quella dell’Aurora la liturgia ci fa assistere ad un andare frettoloso di passi pesanti di pastori e di calzature leggere di Angeli che vanno a Betlemme a vedere ciò che da sempre ha scandalizzato filosofi e teologi e che ha il potere di rilanciare il mondo. Anche noi dopo il pellegrinaggio dell’Avvento siamo chiamati a muovere i nostri passi, leggeri o pesanti che siano, verso la grotta, verso il Signore, per lasciarci stupire da un Bambino, per lasciarci salvare dal Signore.
Andiamo a Betlemme, accostiamoci alla greppia, dove a Bet-Lehem, nella “Casa del pane” è stato appena sfornato dal seno di Maria un pane buono, bello e profumato. Lo mangiamo con gli occhi, lo adoriamo, lo riceviamo dalla Chiesa come Ostia Consacrata.
Natale è tendere la mano per ricevere in un “dono senza confini”, Dio stesso! E da quel giorno è così ogni giorno, perché Dio è in mezzo a noi, è qui con noi perché è il Dio con noi, nel tempo e per l’eternità!
Sia lodato Gesù Cristo!
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