Per lungo tempo la Francia è stata l’eccezione demografica – virtuosa – s’intende – del Vecchio Continente. Ora però si è conformata alla triste regola europea – e non solo. Con il welfare familiare più generoso d’Europa, la Francia ha avuto un tasso di fecondità costante di circa due figli a donna per oltre 40 anni. E poi che cos’è successo? Dati alla mano, l’Istituto nazionale di statistica e studi economici (Insee) ha rilevato che il 2017 è stato il terzo anno consecutivo a registrare un calo delle nascita anche in Francia, con 1,88 figli per donna.
Come immaginate, dal 2015 la situazione non può che essere peggiorata. I dati aggiornati ci parlano di una diminuzione di nascite del 2,2% per l’anno 2024 rispetto al 2023 e del 21,5% rispetto all’anno 2010, in cui si è verificato l’ultimo nostalgico picco di nascite, come si apprende dall’Insee. Leggendo più attentamente, si scopre che il dato significativo non risiede solo nel numero di nascite – comunque mai stato così basso dalla fine della Seconda guerra mondiale -, ma va ricercato nell’età media di maternità che è di 31,1 anni (contro i 29,5 del 2004). Inoltre, l’indicatore congiunturale di fertilità si attesta a 1,62 figli per donna, dopo 1,66 registrato nel 2023 – mai così basso dalla fine della Prima guerra mondiale.
Si diceva che l’oasi felice del baby boom francese fosse dovuta alle sue scelte politiche. E forse finché i valori e un po’ di amor proprio ancora reggevano ha funzionato. Sin dagli anni Ottanta e Novanta la Francia ha infatti iniziato a sviluppare un sistema completo di servizi di assistenza all’infanzia. Oggi, uno degli aspetti più apprezzati è la legge francese che prevede la possibilità per uno dei genitori di lavorare a tempo parziale nei primi anni di vita dei figli. O ancora, le politiche sociali come la scuola gratuita o le soluzioni abitative favorevoli alle famiglie e le numerose misure di aiuto economico alle famiglie. A leggere sembrerebbe che tutti dovrebbero correre a far figli. E invece.
Lo stesso Macron nella sua conferenza stampa d’inizio anno, il 16 gennaio 2024, aveva lanciato l’allarme: «La natalità era la sua forza [della Francia, n.d.R.] e senza dubbio la sua unicità in Europa… ma non è più così vero da qualche anno a questa parte». Allora, in un mix fallimentare che ha messo insieme promozione dell’aborto e dell’eutanasia con i (quasi vani) tentativi per contrastare il declino della natalità, aveva proposto l’allungamento del congedo di paternità, il lancio del “congedo per la nascita” esteso fino ai sei mesi per entrambi i genitori e, ciliegina sulla torta, un «grande piano» per arginare l’infertilità, presentata come un «flagello». Salvo poi leggere da un rapporto consegnato all’esecutivo francese nel febbraio 2022 che, fatta eccezione per gli incontrastabili casi di malattie che portano all’infertilità, il “flagello” sarebbe dovuto «anzitutto all’aumento dell’età in cui si decide di procreare. In quattro decenni, questa età è aumentata di cinque anni».
I dati aggiornati sulla demografia francese sono stati commentati dalla giornalista Gabrielle Cluzel, che ha denunciato una certa tendenza della sinistra francese a non parlare di demografia, ma piuttosto di eutanasia e sistema pensionistico. Sintomi tutti tipici di una società con istinti suicidi. Esattamente l’altro ieri il presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivet, dando prova di quanto sopra, ha chiesto al governo di esaminare con una certa fretta – ovvero dal 3 febbraio – il testo sul fine vita. «Sul fine della vita, abbiamo già perso sei mesi quando questo importante testo avrebbe dovuto essere votato il 18 giugno scorso», così si è espressa alla presenza del primo ministro François Bayrou. Sembrerebbe che non ci sia tempo da perdere, quando si tratta di morire.
È invece sulla vita che si rallenta, quasi volentieri, anzi, remandole contro il più possibile. Come? Innanzitutto offrendo alle ragazze discorsi contraddittori sulla maternità, femminismo tossico, aborto come l’unica soluzione intoccabile e contraccezione senza troppi pensieri. La retorica poi del “non fate figli per il pianeta”, inculcata fin dalle scuole, è di fondo radicalmente misantropica. E nell’indifferenza generale da anni si imperversa sui social e negli ambienti culturali l’idea che a diventar mamme ci si penta molto spesso e volentieri. Basti pensare che già nel 2009, la psicoanalista francese Corinne Maier pubblicò il suo bestseller “No Kid: 40 buoni motivi per non essere una madre”. E che nel 2016 la Bbc ha incluso la Maier nella sua lista delle cento donne più ispiratrici del mondo. E dal 2016 si è arrivati al principe Harry che a Vogue ha annunciato la promessa di avere solo due figli nel nome della eco-sostenibilità. Un nuovo essere umano sarebbe solo fonte di ulteriori emissioni di carbonio, insomma.
La lezione francese conferma che le politiche a sostegno della famiglie sono essenziali e importanti (e noi nel numero di settembre scorso qualche soluzione abbiamo provato a darla, qui per abbonarsi), ma non sufficienti, e che il desiderio di formare una famiglia non è compreso nel pacchetto di aiuti. È utile che la politica tenga conto di una dimensione fiscale a misura di famiglia – anche “solo” per la sopravvivenza del proprio Paese -, ma ancor di più occorre che tenga d’occhio il clima culturale che alimenta una vita individualistica anti-vita. A tal proposito, domenica in Francia si marcia per la vita. Altro che carbonio, lì si che si respira ossigeno puro: il solo che può dare vita. (Fonte foto: Imagoeconomica)
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