Luigi Amicone, giornalista e politico cattolico, ha pubblicato ieri un tweet relativo ai risultati delle elezioni amministrative di domenica scorsa, che hanno ribadito il fatto che la Lega e, seppure in misura minore, il M5S viaggiano con il vento in poppa. Al contrario, è emerso chiaramente che la sinistra è sempre più in difficoltà.
Eh si, stando ai Saviano, ai giornali, ai talk, agli intellettuali….la sinistra dovrebbe essere suppergiù al 90%. Gli elettori italiani, invece, la danno a zero. Sarebbe ora di rendere Rai e giornali un po’ meno rifugi di privilegiati, urge spoils system https://t.co/tFBcM9fiwi
— Luigi Amicone (@LuigiAmicone) 25 giugno 2018
Il Timone ha contattato Amicone nella sua veste di giornalista e osservatore per scambiare alcune battute, visto che ci sembra interessante riflettere sul fossato sempre più largo che si è aperto tra mondo dei media e realtà sociale e politica.
Amicone, nel suo tweet scrive che «stando ai Saviano, ai giornali, ai talk, agli intellettuali… la sinistra dovrebbe essere suppergiù al 90%. Gli elettori italiani, invece, la danno a zero»…
«I dati delle comunali confermano solamente quanto avvenuto il 4 marzo con le elezioni nazionali: dopo anni, improvvisamente, si è visto il crollo dell’onda lunga sessantottina e di tutte le idee a essa riconducibili. E questo nonostante la sinistra abbia in mano la scuola statale, i mezzi di comunicazione, i vari “Saviano” di turno. Si tratta, di fatto, di una “usura storica”: non hanno voluto fare i conti con la più bestiale delle utopie del secolo vecchio e la storia li ha usurati…»
Come mai vige questa incapacità dei media mainstream di interpretare la realtà sociale e politica?
«Semplicemente, i media si allineano perché sono dentro un sistema internazionale che detta queste regole. La Repubblica, Il Corriere e altre testate italiane sono direttamente collegate con i grandi i giornali esteri, e dunque con il sistema occidentale della produzione di notizie. Noi, in Italia, siamo solo una piccola provincia di un sistema molto più ampio. Inoltre, un altro nostro grande problema è che tutta l’informazione nazionale fa perno su Roma, anche per motivi legati ai costi: questo modo di operare non regge, occorre una capillarità maggiore dell’informazione».
Non appare dunque un caso che anche nel caso delle elezioni Usa si fosse verificata una situazione simile…
«Con i casi dell’ultimo periodo siamo di fronte alla fine del razionalismo di matrice illuminista, che vorrebbe che dati A e B, si verificasse C. Con Trump questo assioma era impossibile che si concretizzasse perché lui è espressione di quello che definirei il “treno della realtà”. Ma questo i democratici non possono riconoscerlo, perché loro sono sempre un passo avanti, con la loro ideologia fondata sul relativismo assoluto in funzione industriale».
A suo parere, come evolverà l’informazione in Italia, anche in relazione ai mutati poteri politici che si stanno prospettando?
«È difficile dirlo perché la realtà è che l’informazione sta morendo: la gente non legge più i giornali, si limita a scorrere i titoli del digitale perché ormai ha capito che quello dei media è un club di persone che stanno bene e che la raccontano al mondo. Personalmente credo che l’informazione cambierà dal basso, grazie a realtà che interpretano la situazione in maniera diversa».
In tutto questo, quale ruolo possono – e, forse, devono – rivestire i cattolici?
«Questo è uno dei più grandi problemi del presente: la crisi del cattolicesimo e della Chiesa. Il ruolo di cattolici è fondamentale perché l’impoverimento della società cui stiamo assistendo deriva proprio dal venir meno della loro presenza. Per questo credo che, al di là di fare informazione per dire «No» all’aborto, all’eutanasia e a quant’altro, i cattolici dovrebbero unirsi e interpretare un orizzonte, una gioia, una positività di vita che si dimostri interessante per la gente comune».
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