Per gentile concessione dell’Editore pubblichiamo alcuni stralci del libro di Samuele Pinna Nell’anima di Alberto Sordi (a cura di Federica Favero, Editrice Àncora, Milano 2023, pp. 127-131), che esce oggi nel ventesimo anniversario della morte dell’attore romano.
A riguardo della sua pratica religiosa Alberto Sordi è sempre stato chiaro, quasi perentorio: «Non ho mai avuto dubbi sulla mia fede. Credo in Dio e non me ne sono mai vergognato». L’ha ripetuto in più occasioni, anche in televisione: ospite una volta a Domenica in (21 dicembre 1980), con conduzione di Pippo Baudo, racconta che la sua domenica tipo prevede alla mattina la partecipazione all’Eucaristia. Al presentatore che probabilmente lo fissa incuriosito (l’inquadratura è solo sull’attore), dice a un certo punto: «Perché mi guardi, non ce vai a Messa? Sei mussulmano?!».
«Sono stato uno dei pochi a essere accettato nella sua villa – racconta Carlo Verdone –, ci sarò stato cinque o sei volte, e mi colpì che non esistevano foto dei suoi colleghi: solo immagini sacre, fotografie di lui e Giovanni Paolo II, con cui aveva un rapporto importante – forse anche privato perché ce n’erano troppe. Questa la dice lunga su come lui, entrato dentro casa, alzasse il ponte levatoio, e quella villa diventava una specie di castello inespugnabile. Forse la parola giusta sarebbe “monastero”, perché tra figure di santi, di papi, la statua della Madonna a cui ogni mattina lanciava una rosa e diceva un’orazione… Sordi era molto religioso, molto cattolico, molto timorato di Dio, con un grande senso del peccato». […]
Aveva cominciato fin da piccolo a frequentare il circolo cattolico della sua zona, e tutto quello che aveva assimilato con il catechismo ha sempre cercato di metterlo in pratica giorno per giorno. Da allora – confida – non ha mai provato il minimo ripensamento: «Vado a Messa, mi confesso, prego ogni giorno, credo nei dogmi e non li discuto. È bello credere, e non si crede facendo tanti ragionamenti: io sono cristiano, la vita mi ha sempre più convinto che il cristianesimo è vero». […]
L’esistenza di Dio è oggi messa in discussione e la fede relegata tutt’al più al privato, dimenticando che la testimonianza è nella natura stessa del credere. Per Alberto Sordi il problema non si pone neppure: «Di essere ridicolo nel professare il mio credo non l’ho mai pensato e ho continuato, nel corso degli anni, a essere convinto dell’esistenza di Dio, con la stessa intensità di quando ero bambino perché i principi morali che ho imparato in famiglia e all’oratorio non mi hanno mai abbandonato».
Da qui, la preghiera che dice l’unione profonda con il Creatore: è il modo per entrare in comunione, per rinsaldare il legame, per maturare il rapporto. Non può essere qualcosa di privato, sebbene rimanga un’azione personale: anche quando si recita in solitudine è sempre un’espressione ecclesiale, perché pone in comunione con tutta la Chiesa, l’insieme dei battezzati sulla terra, le anime del Purgatorio e i beati già approdati in Paradiso. La preghiera, poi, è l’espressione della fede che diviene agire nella carità: invocare il Signore per vivere nel Suo amore, dove ciò che si crede diventa vita.
«È bello credere ed è bello pregare – testimonia Alberto Sordi –. Io prego ogni giorno, al mattino e alla sera. Dico il Padre nostro rivolgendomi a Dio e l’Ave Maria per parlare con la Madonna. Poi chiedo a tutti e due di assistermi e di assistere le persone a me care, e finisco il dialogo con parole mie, con un discorso o una confidenza, magari su qualcosa che mi è capitato o che mi deve capitare (se sto per fare un viaggio, se ho un problema di salute). Insomma, pregare per me è un po’ come parlare con qualcuno che può capirmi e aiutarmi, anche in momenti difficili, quando altri non potrebbero».
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