(Palanca – Moldavia) L’arrivo di centinaia di migliaia di profughi in Europa è una delle tragiche conseguenze collaterali della guerra in Ucraina, osservare in prima persona cosa accade al confine ucraino aiuta a capire la drammaticità della situazione e al tempo stesso le tante contraddizioni che il conflitto porta con sé.
Siamo stati al confine con l’Ucraina dal 6 al 10 marzo, arrivando dalla Romania in macchina, superata la città di Galati, si entra a Giurgiuleșt in Moldavia, un piccolo centro abitato che nelle ultime settimane è diventato uno dei principali snodi per l’arrivo di rifugiati essendo in un lembo di terra che confina a ovest con la Romania e ad Est con l’Ucraina. Superato il confine tra Romania e Moldavia, ci imbattiamo in una lunga fila di automobili proveniente dall’Ucraina in attesa del permesso per entrare nel territorio rumeno (e perciò in Unione europea). Con il passare dei minuti la fila di automobili continua a crescere mentre un gruppo di persone a piedi attende di poter varcare la frontiera. Provengono dalla città di Mykolaiv da giorni sotto attacco, sono in maggioranza donne, anziani e bambini e non ci sono uomini: «sono rimasti per combattere», ci dicono.
Lasciato il confine, proseguiamo verso nord e arriviamo a Chisinau, capitale della Moldavia. Sulla strada ci imbattiamo in numerose automobili targate Ucraina, molte con la targa di Odessa, ma anche di Kiev. A Chisinau si trova il Pala Expo, in origine un polo fieristico convertito prima in un centro covid e poi in un centro di accoglienza dei rifugiati. Migliaia di ucraini sono transitati da qui e, anche quando arriviamo, ci sono autobus che provengono dal confine.
Qui incontriamo Anastasya, una ragazza di Kiev arrivata al confine in macchina e poi fino a Chisinau in autobus, a breve prenderà un altro autobus per la Romania e da lì verso la Germania o l’Italia. Pochi minuti dopo parliamo con un’altra giovane di venticinque anni che arriva da Mykolaiv: «La sera non riesco ad addormentarmi perché sento il rumore delle sirene nelle orecchie», ci dice. Sono molte le storie che ascoltiamo, ma ci colpisce la dispartirà di condizione tra i due tipi di rifugiati: da un lato i più benestanti che possono lasciare il paese in automobile, hanno amici e parenti nell’Europa occidentale e risorse economiche, dall’altro chi non sa dove andare e si appoggia al sistema di accoglienza.
Usciti da Chisinau, a soli cinquanta chilometri da Odessa, nella propaggine più meridionale della Moldavia, si trova Palanca, uno dei confini più caldi del fronte sud della guerra e tra i principali punti di approdo in Europa non solo degli ucraini di Odessa (non ancora attaccata dall’esercito russo), ma soprattutto da Mykolaiv.
A Palanca si trovano centinaia di persone e, a differenza di altri confini dove ci sono lunghe code di automobili, qui la maggioranza è entrata a piedi e attende un trasporto verso l’Europa. Sono quasi tutte donne, bambini e anziani, quando arriviamo aspettano i pulmini predisposti dal governo moldavo e dalle Ong per poi prendere gli autobus verso i centri di smistamento.
Prima di arrivare al confine, la polizia moldava ferma tutte le auto per identificare le persone a bordo. Chiediamo il motivo del controllo e ci dicono che, oltre ai volontari giunti per aiutare, ci sono taxi illegali che chiedono fino a 300 euro per portare i rifugiati a Chisinau (il costo di un taxi regolare è di circa 50 euro).
C’è un fenomeno esploso insieme al conflitto, ma sottaciuto, ed è la corruzione al confine ucraino per lasciare il paese. Molte persone facoltose sembra paghino per saltare le file chilometriche e uscire dall’Ucraina più in fretta possibile o, se uomini, per evitare l’arruolamento. Non ci sono cifre certe, alcuni ci dicono chiedano intorno ai 10.000 euro per far uscire gli uomini dall’Ucraina, altri importi inferiori ma tutte le persone con cui parliamo, sia ucraini sia moldavi, ci confermano l’esistenza del fenomeno.
Così come i polacchi e gli ungheresi, anche i moldavi e i rumeni stanno dimostrando un grande senso di solidarietà verso gli ucraini e gran parte dell’accoglienza si basa sull’attività di volontari, organizzazioni non governative e associazioni, c’è però un altro tema sottaciuto, ma importante per comprendere la gestione dei flussi migratori. Se nell’Ucraina dell’Ovest vive una consistente minoranza ungherese nell’area della Transcarpazia, allo stesso modo nella regione ucraina della Bessarabia meridionale, c’è una numerosa minoranza rumena. Si tratta dello stesso territorio dove è presente la più forte componente nazionalista Ucraina e questo negli anni ha generato una serie di problematiche, per esempio lo studio del rumeno nelle scuole ucraine è fortemente osteggiato. A ciò si aggiunge un problema di carattere etnico poiché, mentre gli ucraini sono di etnia slava, gli ungheresi sono magiari e i rumeni di lingua neolatina. Da qui le differenze linguistiche ma anche storiche, culturali e di stile di vita. Nonostante questi pregressi, sia la Moldavia sia la Romania stanno accogliendo i rifugiati ucraini ma, se la situazione dovesse protrarsi a lungo, non sono da escludere future tensioni. Sperando che la guerra possa finire il prima possibile.
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