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Aborto, a San Marino si vuole forzare la mano
NEWS 22 Agosto 2022    di Gabriele Mangiarotti

Aborto, a San Marino si vuole forzare la mano

A San Marino è stato indetto un Referendum propositivo per la depenalizzazione dell’aborto. In seguito alla vittoria dei “sì” (il 77% sul 60% dei votanti) è stata presentata una proposta di legge che nella apposita Commissione ha elaborato il testo della legge che dovrà essere discusso e approvato tra il 25 agosto e i primi di settembre. Quello che è stato evidente è la volontà di introdurre l’aborto (sempre da loro chiamato Ivg) senza condizioni reali, considerato un diritto indiscutibile della donna.

Si è costituita l’Associazione “Uno di noi” con lo scopo di difendere la vita, dall’inizio e sino al termine naturale. E, in coerenza con i principi enunciati dalla Lettera «Evangelium vitae» al n. 73, ha proposto emendamenti che rendessero meno iniqua la legge in atto in Repubblica. Bisogna dire che la sostanza degli emendamenti non è stata presa in considerazione e che, là dove si mostravano lievi aperture in difesa della vita, sono dagli abortisti subito indicate come elementi da cancellare in seguito alla discussione parlamentare.

Siamo contrari all’aborto e riteniamo che la legge migliore sia quella che lo impedisca. Ma per impedire l’aborto non è necessaria la minaccia del carcere: da tempo (basta ascoltare le testimonianze di tanti amici pro vita) si può fare in modo che la scelta della madre (e del padre) non cancelli il diritto del nascituro. Sostegno economico, psicologico, sanitario sono già una strada praticabile e le proposte in difesa della famiglia costituiscono da tempo una risorsa di cui avvalersi.

Il parto in anonimato e l’adozione possono aiutare coloro che non si sentono di compiere la propria maternità (che, ricordiamo, inizia già dal concepimento, per cui si è già madre – e padre – da quel momento e l’eliminazione dell’essere umano concepito assume un significato ben più grave, facendo dei genitori coloro che tolgono la vita al figlio).

Se leggiamo le ragioni di coloro che hanno proposto tramite il Referendum la depenalizzazione dell’aborto e la cosiddetta «autodeterminazione della donna in ambito riproduttivo», ci sembra che, paragonate alle ultime uscite dei promotori, siano, per la maggior parte delle affermazioni, parole contraddette e sostanzialmente tradite. E, se abbiamo ascoltato le motivazioni per sostenere la scelta dell’aborto, oggi, leggendo le proposte di modifica di quanto ottenuto in Commissione IV, riteniamo che si vada ben oltre la lettera e le motivazioni del quesito referendario, così come ampiamente spiegato nei proclami dei sostenitori dell’aborto.

Sembra che il delirio di onnipotenza autorizzi coloro che sostengono l’aborto a promuovere ogni tipo di richiesta, indipendentemente da quanto la lettera del quesito referendario proponeva ai cittadini. Basterebbe la semplice lettura delle ragioni del «sì» (e ricordiamo come il Comitato Contrario abbia sempre mostrato l’ambiguità di tali proposte) e chiedersi che fine abbiano fatto nel prosieguo del cammino per elaborare una legge e nella creazione di emendamenti migliorativi di un testo che coloro che hanno proposto la legge hanno ritenuto comunque insufficiente e lacunoso.

Le parole della propaganda abortista in campagna referendaria sono state: «Unione Donne Sammarinesi chiede una legge … che attui nella maniera più efficace ed estesa la prevenzione delle gravidanze indesiderate, per ridurre quanto più possibile il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza; che tuteli le madri ed i padri che scelgono la genitorialità…; che istituisca un consultorio appositamente dedicato che accompagni la donna nella sua scelta – qualunque essa sia – in modo professionale e aconfessionale, con l’impiego di personale adeguatamente formato; che permetta anche al compagno della donna di partecipare al percorso che la porterà alla sua decisione, nel pieno rispetto della sua scelta…».

In seguito hanno affermato (leggiamo nel testo uscito dalla Commissione): «Nel confermare la vocazione laica della Repubblica di San Marino». Avete letto bene: «vocazione laica», e basterebbe uno sguardo a qualsiasi vocabolario per accorgersi della inconsistenza del cambiamento al dettato originario: «La presente legge disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) nella Repubblica di San Marino». Fanno ridere questi laicisti che per esprimersi hanno bisogno di mamma chiesa per trovare un vocabolario adeguato alle loro ideologie.

E poi, un consultorio per sostenere coloro che vogliono abortire che «fornisce consulenza ed assistenza psicologica, ginecologica ed andrologica, per donne e uomini, anche minorenni, in tutte le fasi della loro vita e a seconda del loro orientamento sessuale… a tutti coloro che abbiano necessità di consulto psicologico relativo all’orientamento di genere»: ma questo (orientamento sessuale e di genere) che cosa c’entra con l’aborto?

Inoltre troviamo l’invadenza nella scuola, secondo un progetto statalista che, oltre a escludere la famiglia dall’impegno e responsabilità educativa, diventa lo strumento per la trasformazione antropologica che si vuole imporre alla Repubblica (sempre in nome di quel 77% di voti favorevoli all’aborto che comunque non si erano espressi su tala argomento. Ma, si sa, gli interpreti della volontà popolare non sono frenati da simili sottigliezze).

E questa chicca non va dimenticata: è necessario promuovere «l’idea di una sessualità da vivere con piena consapevolezza, anche senza scopo procreativo». Mi fermo qui rispetto a quanto emerso come testo emendato per promuovere una legge che intendeva introdurre la depenalizzazione dell’aborto e la cosiddetta «autodeterminazione della donna in ambito riproduttivo».

Quello che è certo è che – come ha commentato l’Associazione “Uno di noi” –, qualora questo testo purtroppo passasse (e sembra avere i numeri perché accada), si dimentica la legge fondamentale della Repubblica nel passo in cui stabilisce che “Ogni madre ha diritto all’assistenza e alla protezione della comunità”.

E si cancella un altro aspetto Legge Fondamentale: il riferimento alla “comunità”. Da chi deve provenire l’aiuto alle madri? Dalla comunità, non (soltanto) dallo Stato! E questo è, insieme, bello e pienamente realistico, perché non sarà un burocrate ad aiutare la donna in difficoltà per la gravidanza, ma saranno altre donne, altre famiglie, le associazioni.

Cosa sottintende la frase secondo cui “lo Stato non può abdicare al proprio ruolo e delegare al privato”? Uno statalismo davvero superato, che ignora sia la Legge Fondamentale, sia il principio di sussidiarietà sia, perfino la legge italiana 194 del 1978 (che, pure, l’UDS ha sempre visto come “modello”), che prevede la possibilità di collaborazione tra i consultori e le “idonee formazioni sociali di base e le associazioni del volontariato che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita” (art. 2).

No, l’aborto non è un diritto, e una legge che lo introduca non può essere usata per cancellare una realtà e una identità che ha reso San Marino faro di civiltà nel mondo. L’«Antica terra della libertà» merita di più.

P.S. L’impegno di coloro che si oppongono all’aborto come diritto assoluto della donna, se può avere in molti delle motivazioni religiose, si connota come lucida e chiara affermazione di ragione, condivisa e condivisibile da tanti uomini e donne comprovatamente laici. Non comprendiamo quindi e non condividiamo il richiamo a uno stato che, per mantenersi «laico», non potrebbe accettare al suo interno posizioni che difendono la vita e propongono soluzioni diverse a quello che comunque resta sempre un dramma.

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