La preghiera cristiana ci si offre in forme diverse, in corrispondenza agli aspetti fondamentali che si ravvisano nella personalità concreta dell’uomo che è nato «dall’acqua e dallo Spirito» (cf. Gv 3,5) ed è diventato figlio di Dio.
La liturgia
Prima di tutto, ogni battezzato, essendo annoverato tra i membri vivi dell’unico corpo di Cristo, che è la Chiesa, è chiamato a partecipare alla preghiera ufficiale del “Cristo totale”, che è la preghiera liturgica. Dovrà quindi coltivare quella che possiamo chiamare la “pietà liturgica”.
Possiamo parlare di “pietà liturgica” quando il battezzato esprime la sua religiosità essenzialmente attraverso gli atti e le orazioni del culto tipico e proprio della Chiesa come tale. È quella dell’uomo che scandisce lo sviluppo della vita cristiana sul ritmo dei sacramenti e asseconda l’incalzare dei vari tempi dell’anno con l’attenta adesione dell’animo al ciclo liturgico che gli presenta in successione gli eventi della vicenda di Cristo e i misteri della salvezza. La sua settimana sarà profondamente segnata dal puntuale ritorno del “giorno del Signore” – la domenica – nel quale ricordiamo l’avvenimento pasquale e, in esso, la conclusione escatologica della storia e l’ingresso definitivo nel Regno eterno (oltre che l’inizio stesso della donazione di Dio con la creazione). D’altro canto ogni sua giornata, nel limite del possibile, sarà santificata dalla “liturgia delle ore”, celebrata in unione di affetti con la Sposa del Signore che canta allo Sposo il suo amore. Le parole usate in questi contesti dall’uomo rinnovato sono quelle scelte e stabilite ufficialmente dalla Chiesa, mentre i sentimenti che egli cercherà di mantenere vivi nel suo cuore saranno ispirati dai testi e dagli atti che compongono l’azione rituale.
Questa “pietà liturgica”, oltre a essere primaria e insostituibile, ha anche una funzione esemplare e orientatrice sull’intera esistenza orante del cristiano.
La libera preghiera personale
È indispensabile però che egli sappia esprimere i suoi sentimenti anche in forma tipicamente personale. Gesù stesso ce lo ha esplicitamente insegnato dicendo: «Quando preghi, entra nella tua stanza e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà » (Mt 6,6). È un detto del nostro Maestro, che suppone non solo la legittimità ma anche la necessità di un’orazione individuale che assuma forme libere ed extraliturgiche.
È la “pietà privata” nella quale noi possiamo intrattenere Dio nostro Padre di tutto ciò che ci sta a cuore: gli parliamo delle nostre gioie e delle nostre pene, delle nostre difficoltà e delle nostre speranze, delle ansie di ogni giorno e del bisogno che abbiamo di ritrovare quotidianamente la volontà, la forza, la fiducia di vivere.
Mentre i temi dell’implorazione liturgica sono solitamente ampi ed alti (tali da concernere la Chiesa intera o almeno l’assemblea in atto), quelli della libera implorazione individuale potranno essere più dimessi, ma varranno a coinvolgere nella preghiera quegli stati d’animo che, essendo specifici e incomunicabili, non avrebbero altrimenti adeguata risonanza nel nostro discorrere con Dio; un discorrere che pur deve coinvolgere e associare la creatura nella sua integralità.
Gli atti della pietà popolare
Tra la preghiera ufficiale della Chiesa e l’orazione individuale spontanea c’è la “pietà popolare”. Essa nasce e si afferma nelle varie comunità dei credenti come frutto della vivacità della loro fede: una fede “inculturata”, fiorita ed espressa dalla varia umanità che, condividendo cordialmente e intelligentemente la vita della grande famiglia ecclesiale, arriva anche a dar voce alla concreta umanità dei credenti e trova qualche legittimo spazio alle sue particolari preferenze e genialità.
Già Pio XII rilevava come la pietà popolare fosse utile e preziosa anche ai fini di una sentita pietà rigorosamente ecclesiale, notando che le devozioni in onore della Madonna, della croce, del Sacro Cuore e dei santi – consacrate da una tradizione secolare – «eccitando il popolo cristiano a un’assidua frequenza del sacramento della penitenza e a una devota partecipazione al sacramento eucaristico (come alla meditazione dei misteri della nostra redenzione e all’imitazione dei grandi esempi dei santi), per ciò stesso contribuiscono con frutto salutare alla nostra partecipazione al culto liturgico».
A conferma c’è l’esortazione del Concilio Vaticano II: «I pii esercizi del popolo cristiano, purché siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa, sono vivamente raccomandati, soprattutto quando si compiono per disposizione della Sede Apostolica». Gli atti della pietà popolare sono innumerevoli. Noi ci limitiamo a ricordarne qualcuno, tra quelli più raccomandabili e più diffusi.
Le “orazioni del mattino e della sera”
È indispensabile per una solida vita cristiana acquisire e mantenere l’impegno di iniziare e concludere ogni giorno col pensiero di Dio e del mondo invisibile: sono le “orazioni del mattino e della sera”. Oltre alle formule specifiche e rispettive dei due momenti, ci si avvale del “Padre nostro”, del “Gloria”, dell’“Ave Maria”, dell’“Angelo di Dio”, dell’“Eterno riposo” (che il Catechismo annovera tra le “Preghiere comuni”).
È un’abitudine che bisogna assimilare da bambini (e sotto questo profilo è un dovere inderogabile soprattutto delle madri di insegnarla ai loro figli); e va conservata e onorata quotidianamente sino alla fine dell’esistenza. Ci prende il poco spazio di qualche minuto, ma vale a segnare e a orientare giustamente ogni nostra giornata.
La “Preghiera a Gesù”
Stupisce di non trovare tra le formule tradizionali consuete una dedicata specificamente a Cristo: è una lacuna inspiegabile e insopportabile.
lo non manco mai di aggiungere – tra la preghiera al “Padre” e la preghiera a Maria – una breve invocazione al Signore Gesù, che a suo tempo ho proposto a tutto il popolo cristiano affidato alle mie cure di successore degli Apostoli. Essa ha il pregio di richiamare rapidamente tutta la fede cristologica e di essere composta unicamente da espressioni prese dalla parola di Dio. Eccone la trascrizione:
«Gesù, Figlio di Dio, Signore dei vivi e dei morti,
Salvatore del mondo, abbi pietà di noi.
Per la tua croce e la tua risurrezione,
mandaci lo Spirito di verità:
facci conoscere il Padre,
edifica la tua Chiesa,
guidaci al Regno eterno. Amen».
L’“Angelus Domini”
È una preghiera dalla struttura suggestiva, che propone tre volte al giorno la contemplazione dell’Annunciazione, del sì di Maria al disegno del Padre, dell’Incarnazione del Verbo, alternando le citazioni del vangelo dell’infanzia di Luca e del prologo di Giovanni alla recita dell’Ave Maria. Sul primo mattino, a mezzogiorno, al tramonto del sole, il suono delle campane invita la famiglia dei credenti a rendere questo omaggio al Dio salvatore e alla Madre di Dio.
È una consuetudine teologicamente felice della pietà popolare, che non deve andare perduta; anzi va rilanciata nella cristianità dei nostri tempi. Alessandro Manzoni ne ha riconosciuto la preziosità e la bellezza, rievocandola nei suoi “Inni sacri”: «Te, quando sorge, e quando cade il die, e quando il sole a mezzo corso il parte, saluta il bronzo che le turbe pie invita ad onorarte».
Il Rosario
È la preghiera più popolare (ripetutamente raccomandata e avvalorata dal Magistero ecclesiale), che accompagna ogni semplice manifestazione di fede individuale e collettiva. Pone sulle nostre labbra le invocazioni più consuete e più belle – il “Pater”, l’“Ave”, il “Gloria” – e le piega a sorreggere la contemplazione del Signore Gesù e della sua Madre benedetta negli episodi salienti della loro vita.
Come hanno concordemente osservato Paolo VI e Giovanni Paolo II, il Rosario mette assiduamente sotto i nostri occhi «il modo in cui il Verbo di Dio, inserendosi per misericordiosa determinazione nella vicenda umana, ha operato la nostra salvezza».
La “Via crucis”
L’esercizio della “Via Crucis” rinnova affettuosamente il ricordo dei dolori che il Figlio di Dio patì nel tragitto dal pretorio di Ponzio Pilato dove fu condannato, fino al Calvario dove fu crocifisso, della sua agonia e della sua morte.
È, se ben inteso, un atto di devozione particolarmente fecondo: ravviva la consapevolezza di quale alto prezzo è costato il nostro riscatto e di quanto siamo amati dal nostro Salvatore; al tempo stesso irrobustisce in noi la virtù della pazienza e il coraggio nell’affrontare le nostre pene, e ci induce a cercare l’imitazione della generosità, della dolcezza, dell’attitudine al perdono del Signore crocifisso.
Ricorda
«Cattolico senza orazione? È come un soldato senza armi».
(San Josemaria Escrívá de Balaguer).
(IL TIMONE N. 115 – ANNO XIV – Luglio/Agosto 2012 – pag. 48 – 49)
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