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30.12.2024

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8 marzo, risparmiateci la retorica del soffitto di cristallo
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8 Marzo 2023

8 marzo, risparmiateci la retorica del soffitto di cristallo

Come ogni anno è l’8 marzo. E come ogni anno fiumi di retorica scorrono, come la Vodafone, “tutto intorno a noi”. Sui giornali, in primis, antico strumento ancora in voga tra i cosiddetti boomer, dove colate di piombo verranno profuse, in televisione, la vera regina del focolare domestico dove in tutte le trasmissioni si declineranno mimose petalose e anche sui famiferati social, dove millenials e generazione Z si crederanno controcorrente cliccando e condividendo esattamente le stesse identiche cose.

Gli imperativi saranno sostanzialmente due, la parità di genere innanzitutto, panacea di tutti i mali, più efficace di qualunque vaccino nella lotta ai pericolosissimi stereotipi che ancora si aggirano indisturbati per qualche viottolo delle periferie urbane infilandosi anche in qualche verso dei trapper e diffondendo medioevo come se non ci fosse in domani e poi la rottura del fantomatico soffitto di cristallo.

Non si è mai capito esattamente cosa fosse, si parla di quest’espressione apparsa per la prima volta nel 1986 in un editoriale sul Wall Street Journal in cui era descritto come «qualcosa che non avrebbe potuto essere trovato in qualsiasi manuale aziendale o addirittura discusso in una riunione di lavoro, ma che era stato originariamente introdotto come un fenomeno invisibile, segreto, non detto, e che esisteva per mantenere le posizioni di leadership di livello esecutivo nelle mani dei maschi caucasici».

Quasi quarant’anni dopo c’è ancora chi invoca a gran voce la rottura di questo benedetto soffitto. Poi certo, c’è la realtà. Perché nell’Anno Domini 2023 la presidente della Commissione Europea, non esattamente una figura di secondo piano nello scacchiere geopolitico occidentale, è una donna e risponde al nome di Ursula Von Der Leyen, è donna anche la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, e anche qui non è che parliamo di un ruolo da comparsa. È donna la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, è donna la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris (che essendo di origine giamaicana forse vale anche doppio) ed è donna Giorgia Meloni, presidente del Consiglio italiano. Da qualche giorno, per la parità partitica, è donna (che ama un’altra donna) anche il segretario del Partito Democratico, vorremmo dire segretaria ma poi non sia mai che qualcuno ci accusi di insinuare che Elly Schlein– come ironizzava qualche meme – finisca a fare le fotocopie.

Ma andiamo avanti. Samantha Cristoforetti è la prima donna europea comandante della Stazione spaziale internazionale e l’Ansa proprio ieri ci ha ricordato che a capo di quattro delle migliori cinque università ci sono delle donne: «A guidare la migliore università al mondo, quella di Oxford secondo la classifica del The, è attualmente Irene Tracey, mentre a partire da luglio Claudine Gay assumerà il ruolo di rettrice ad Harvard (seconda in classifica), e Deborah Prentice andrà alla guida di Cambridge (terza). Alle 3 si aggiunge Sally Kornbluth attualmente alla guida del Mit, quinta istituzione in classifica».

Insomma possiamo tranquillamente dire che il soffitto di cristallo si è frantumato, ha resistito praticamente meno della scarpetta, sempre di cristallo, di Cenerentola, quella almeno il principe la ritrova dopo il ballo, qui invece il principe non può nemmeno comparire nella fiaba perché è bianco e etero. E probabilmente sessista.

Basta dunque con la retorica delle mimose gialle e delle scarpe rosse, che fanno vanno a braccetto con i cosiddetti diritti che sono sempre quelli, l’aborto innanzitutto, la fluidità in seconda battuta, «il corpo è mio e lo gestisco io», che va di moda quanto i fiori nei cannoni. Gli anni passano, le ideologie non cambiano e l’unica cosa che resta è che la maternità è considerata una zavorra e la libertà prima che una donna deve pretendere per avere diritto di partecipazione al dibattito è quella di lavorare quanto e più di un uomo.

Sarebbe invece interessante celebrare un otto marzo alternativo, quello in cui si ricorda che in India le bambine non vengono proprio fatte nascere, quello in cui si ricordano le donne ingannate dall’idea di interrompere la gravidanza oppure di cercarne una a tutti i costi con la Fivet per poi finire a versare lacrime. Sarebbe bello ricordare che oggi c’è chi la donna vorrebbe cancellarla poiché «chiunque ha il diritto di proclamarsi donna, se così si percepisce». O ancora sarebbe bello istituire una giornata diversa, la giornata internazionale dell’uomo, del maschio. Ma non ci sono soffitti da rompere quindi non avrà un gran successo.

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