«I cardinali per Papa Francesco sono “cardini”, “un perno, un punto di appoggio e di movimento essenziale per la vita della comunità”. Dunque elemento di movimento, cardini di porte che si aprono, perno di riforma. Da tenere bene a mente. Siamo in pieno movimento». Queste parole scelte da padre Antonio Spadaro, fedelissimo del pontefice argentino, per presentare la notizia della creazione di nuovi 21 cardinali (qui l’elenco) – che avverrà in occasione del concistoro del prossimo 30 settembre, annunciato ieri dal Papa dopo l’Angelus – descrivono meglio d’ogni commento cosa succede: «Siamo in pieno movimento». La Chiesa lo è.
Così, mentre alcune fonti – come per esempio la Catholic news agency – si sono soffermate prevalentemente sulla notizia della porpora (in realtà attesa) per l’argentino monsignor Victor Manuel Fernandez, colui che, come ha scritto il Timone, è destinato a rendere l’ex Sant’Ufficio che fu anche del cardinale Ratzinger sempre più ex, il punto vero è che la gran parte dei nuovi cardinali è composta da uomini rientrati nella cerchia dei favoriti del Papa. Prova ne sono due curiali di peso come monsignor Robert Francis Prevost, Prefetto del Dicastero per i Vescovi, e monsignor Claudio Guggerotti, Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali. Ma non solo i soli.
Altre due porpore che è impossibile non considerare significative della linea papale sono quelle assegnate a due nunzi, monsignor Emil Paul Tscherrig – il primo nunzio in Italia non italiano dalla firma dei Patti Lateranensi e voluto con forza da Francesco per marcare il territorio con i vescovi del Belpaese – e monsignor Christophe Pierre, Nunzio Apostolico negli Stati Uniti, dal 2016 mandato dal Papa a tentare di arginare l’orientamento frizzante e battagliero – da culture warriors – dell’episcopato yankee, con i nuovi preti che risultano sempre più conservatori. Decisamente emblematica pure la nomina del neo cardinale polacco, monsignor Grzegorz Rys, Arcivescovo di Łódź, noto anche per essere il più progressista di un episcopato invece, come noto, fieramente conservatore.
Resta vero che ci sono state nomine anche non strettamente progressiste – su tutte, le berrette assegnate al Patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Pierbattista Pizzaballa, e all’africano mons. Protase Rugambwa, arcivescovo coadiutore di Tabora (Tanzania) -, ma la gran parte dei nuovi cardinali sono di matrice saldamente bergogliana. Inclusa la nomina “alla carriera”, e destinata ad essere ininfluente in conclave per ragioni di età, di monsignor Agostino Marchetto, già nunzio e membro della curia, definito dal Papa, «il miglior ermeneuta del Concilio», che il neocardinale ha in effetti interpretato in chiave ratzingeriana.
A proposito di conclave, una occhiata ai numeri appare istruttiva ed eloquente. Con quelle annunciati ieri, le porpore create da Papa Bergoglio in dieci anni saliranno a 142 (113 cardinali elettori e 29 non elettori) e così al 30 settembre un eventuale conclave sarebbe composto da 137 elettori, una volta tolti i cardinali Giuseppe Versaldi e Angelo Comastri che raggiungono nel frattempo i canonici 80 anni, età che non consente di partecipare al voto. Tutto, insomma, lascia a viste umane immaginare che la Chiesa del futuro continuerà ad avere la linea data da questo pontificato, come notato in Francia da Le Figaro e in Germania da Die Tagespost. Ma gli unici progetti destinati ad avverarsi, si sa, restano…quelli di Dio (Foto: Imagoeconomica).
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