«La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato». Probabilmente queste parole non piacerebbero, oggi, a tanti esponenti del pensiero liberal e progressista; ed è un peccato, perché si tratta di osservazioni non già di qualche intollerante in odore di fascismo, bensì di Antonio Gramsci, uno dei padri nobili del comunismo in Italia. Un autore che, quasi certamente, negli Stati Uniti leggono poco, anche se la sua riflessione circa l’importanza d’una «scuola indipendente dal controllo dello Stato», nei fatti, viene presa particolarmente sul serio.
Prova ne sia un fenomeno di cui poco si parla, ma di proporzioni notevoli: i bambini che non vanno più a scuola o, meglio, che i genitori non mandano più alla scuola statale, preferendo altre opzioni formative. Di quanti alunni e studenti stiamo parlando? Di parecchi: oltre 1,2 milioni. 1.268.000 è, per l’esattezza, la stima elaborata dai alcuni ricercatori sul sito web ReturntoLearnTracker.net e recentemente ripresa anche dal New York Times. Ufficialmente, si tratta dei giovani che hanno lasciato le scuole pubbliche dall’inizio della pandemia nel 2020, con le iscrizioni in calo del 2,5% nell’autunno di quell’anno e mai più risollevatosi.
Un vero e proprio terremoto, che pare avere tra le principali cause le preoccupazioni dei genitori per l’indottrinamento cui, sempre più spesso, i bambini vengono sottoposti tra i banchi. Così almeno la pensa Albert Mohler, teologo e presidente del Southern Baptist Theological Seminary a Louisville, Kentucky. «Uno dei motivi di questo fenomeno», ha spiegato, è che «sempre giù genitori, se scoprono cosa viene proposto oggi negli istituti pubblici, dicono: “Questo non verrà insegnato ai miei figli”». «Non sto certo negando che ci siano altri problemi, compresi i genitori stufi dell’apprendimento a distanza o altro», ha precisato Mohler, «ma il fatto è che si sta verificando un cambiamento sismico nell’intero panorama educativo quando si tratta di istruzione di bambini negli Stati Uniti».
In effetti, anche se in Italia il tema è ancora relativamente marginale, almeno a livello dei grandi media, negli Usa la libertà educativa è presa sul serio: parecchio, sul serio. Basti pensare che se, nel novembre dello scorso anno, si è consumata una storica vittoria dei repubblicani in Virginia – dove Biden, alle presidenziali, aveva vinto di 10 punti e i democratici governavano dal 2009 – è anche perché Glenn Youngkin si è candidato promettendo agli elettori una cosa molto semplice, in aggiunta alla solita riduzione delle tasse: di restituire il primato educativo alle famiglie e di toglierlo alla scuola, resa dai progressisti un laboratorio antirazzista e genderista, dominato dai woke e dall’agenda Lgbt, che era insegnata fin dalle scuole materne.
Insomma, davvero l’America ha nell’indipendenza scolastica dallo Stato di cui parlava già Gramsci un faro. E non intende in alcun modo negoziarla; anche a costo, come sta succedendo, di ritirare i figli da scuola per destinarli ad altri istituti, magari privati, dove le rette possono essere impegnative. Però, almeno, ai piccoli non tocca il lavaggio del cervello. Visto quello che succede, non solo negli Usa, non è affatto poco.
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl