I numeri della crisi che colpiscono il lavoro li descrive Antonio Grizzuti e parlano di un’onda lunga che con il Covid-19 ha solo aumentato la sua potenza: secondo il Fmi sono a rischio nel mondo 97 milioni di posti di lavoro.
Nel 2019 l’amministratore delegato di Volkswagen, Herbert Diess, parlando con i suoi manager disse che «il profitto rende liberi», una frase che gli costò la gogna mediatica perché in Germania suona molto vicina a quel «lavoro rende liberi» che cinicamente campeggiava all’ingresso di Auschwitz. Però, che il lavoro renda liberi è una verità sacrosanta; il lavoro deve venire prima di tutto. È «un principio sempre insegnato dalla Chiesa», diceva Giovanni Paolo II nell’enciclica Laborem exercens del 1981: c’è una «priorità del lavoro nei confronti del capitale».
Questo principio, affermato da sempre dalla Dottrina sociale della Chiesa, dimostra come l’epidemia da Covid-19 in realtà metta in evidenza un problema che c’era già. Il nostro modello economico sociale da tempo ha subordinato il lavoro ad altro, negli ultimi decenni in particolare alla finanza staccata dalla realtà. Prima il lavoro, quindi. Ma per uscire dalla secche di un discorso solo teorico il direttore Lorenzo Bertocchi ha raggiunto il professor Giulio Sapelli e commentato una ricetta concreta che riguarda precise scelte di politica economica.
Si deve operare, interviene il vicepresidente del Movimento cristiano lavoratori, Giovanni Gut, per una economia e per una comunità che sappia «rispondere ai bisogni quotidiani e alle esigenze più profonde delle persone…»
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