Energico difensore della integrità della fede, consapevole del suo ruolo di primate universale, esige che la Pasqua si celebri nella stessa domenica in tutta la Chiesa. Minaccia scomuniche a chi si oppone, ma la mediazione di s. Ireneo di Lione lo fa desistere dall'attuare il provvedimento.
Nome: Vittore
Elezione: 189
Durata: 10 anni
Data morte: 28 luglio
Sepolto: basilica S. Pietro, Roma
Posizione cronologica: 14
Consapevole dell'autorità del Papa non solo come capo della Chiesa cattolica universale, ma anche come leader politico nei confronti dell'Imperatore, con il quale si rapporta con pari grado di dignità e non più solo come suddito, Vittore I è stato uno dei Papi più importanti del II secolo, riuscendo a procurarsi dall'Imperatore romano Commodo (180-192) concessioni che nessun'altro Papa era riuscito ad ottenere.
In una occasione, per esempio, Vittore recapita a Commodo, con la mediazione di Marcia (concubina dell'Imperatore, in contatto con alcuni gruppi di cristiani sembra in qualità di catecumena), la lista degli schiavi cristiani condannati ai lavori forzati in Sardegna. Ricevuto l'elenco, Commodo non solo si prodiga per la liberazione dei prigionieri, ma si impegna a non reiterare nessuna nuova persecuzione contro di loro. Fatto importante questo, perché mai un imperatore romano aveva difeso e soccorso la nuova religione cristiana, riconoscendole di fatto una certa rilevanza sociale.
Tra i liberati c'è anche il futuro papa Callisto I (217-222, mandato ai lavori forzati in quanto promotore di una sommossa aizzata all'interno di una sinagoga) che non rientrava nell'elenco ufficiale di Vittore. Si può quindi addirittura ipotizzare, in questo caso, un'iniziativa personale di Commodo o di Marcia. Inoltre, la liberazione di Callisto evidenzia un altro dato importante: l'aiuto caritatevole e il sostegno concreto tra i fedeli cristiani era molto efficiente già nei primissimi anni di vita della Chiesa, al punto da essere in grado di aiutare efficacemente sia i bisognosi e i poveri, sia i prigionieri detenuti anche a grande distanza.
Di Vittore I abbiamo poche notizie biografiche, ciò nonostante possiamo ritenere il suo pontificato rilevante per il genere di decisioni prese e per lo stile innovativo nel condurre la Chiesa, al punto da assurgere a modello per molti dei suoi successori. Amante della disciplina, alcuni lo definiscono "Primo Papa" per la durezza e l'energia del suo pontificare di stampo prettamente "monarchico", in quanto afferma con decisione il Primato petrino nei confronti dei vescovi delle altre Chiese. Inoltre, si dedica instancabilmente alla riforma della Chiesa in un periodo di grande espansione del cristianesimo, grazie al costante aumento delle conversioni alla fede in Cristo; ciò comportava sempre nuovi problemi logistici, dottrinali (vedi eresie) e liturgici. Bisogna tuttavia chiarire che, nella Chiesa, la consapevolezza della preminenza gerarchica del Papa non nasce con Vittore, ma ha origine dal conferimento del primato a Pietro da parte di Gesù (Gv 21 ,14-17) e che era già un dato acquisito dopo poco più di mezzo secolo dalla morte di Cristo. Lo conferma l'importante lettera spedita da Papa Clemente I (88-97) per far fronte ai pericolosi disordini sorti nella comunità di Corinto, nella quale diversi spunti manifestano esplicitamente l'autorità della Chiesa di Roma.
Vittore I impone la propria autorità soprattutto per porre fine all'annosa questione della data nella quale si celebrava la Pasqua, perché diverse comunità cristiane dell'Asia Minore seguivano un calendario diverso rispetto a quello romano. Intento del Pontefice è quello di estendere a tutta la Chiesa la pratica in uso a Roma, dove la Pasqua si celebrava nella prima domenica successiva alla data della Pasqua ebraica, che corrispondeva al 14° giorno del mese di Nissan.
In Asia minore, invece, si seguiva l'uso, attribuito alla tradizione degli apostoli, di celebrare la Pasqua sempre il 14° giorno del mese di Nissan, ma con la differenza rispetto a Roma che veniva festeggiata in qualsiasi giorno della settimana cadesse, anche non di domenica. Per questo erano chiamati "Quartodecimani". La faccenda si trascinava da tempo. Già durante il precedente pontificato di S. Aniceto (155-166) vi fu uno scambio di vedute tra il Papa e il vescovo San Policarpo di Smirne, ma senza giungere ad alcun risultato. Ora si ripresenta a causa del presbitero Basto, che voleva introdurre l'uso quartodecimano anche a Roma, facendo leva sull'appoggio di molti cristiani asiatici immigrati nella Città eterna.
Papa Vittore convoca diversi Concili per ascoltare il parere dei vescovi. Da questi concistori emerge un generale sostegno per l'usanza domenicale, ma la provincia dell'Asia Minore s'irrigidisce nella posizione "quarotodecimana", senza lasciare spazio ad alcuna trattativa, forte anche dell'appoggio del vescovo Policrate di Efeso. A questo punto, Vittore decide, con un atto di forza mai registrato prima, di colpire con la scomunica il vescovo Policrate e l'intera comunità escludendola dalla comunione con Roma.
Nonostante l'autorità di Vittore s'imponga con grande vigoria, questo provvedimento non trova unanime consenso all'interno della comunità episcopale. Il provvedimento, in effetti, porta con sé il possibile inizio di uno scisma, data l'esclusione dall'unione con la santa Sede di un'intera regione. Nella querelle interviene il vescovo di Lione Ireneo (130-202), che media tra le parti, suggerendo al Papa una posizione più morbida. Gli argomenti addotti dal vescovo Ireneo si rivelano evidentemente molto validi, poiché il Papa non dà corso al suo proposito d'interdetto.
Vittore I osserva questa ferrea disciplina nel governo della Chiesa per tutto il suo pontificato, proponendosi di ottenere una cristianità finalmente compatta anche nei contenuti dottrinali, i quali sono costantemente minacciati da numerosi attacchi eterodossi. In particolare, si scaglia contro un certo Teodoto il Cuoiaio, sostenitore dell'eresia adozionista, secondo la quale Gesù sarebbe stato adottato da Dio come figlio per i propri meriti morali personali.
Teodoto raccoglie intorno a sé un discreto numero di discepoli, arrivando a formare una vera e propria chiesa antagonista a quella cattolica. Per evitare ulteriori rischi, viene prontamente scomunicato.
Vittore esercita il suo "primato" anche per introdurre gradualmente l'uso del latino nella liturgia a svantaggio della lingua greca, frenando così la preminenza della forma greco-orientale nelle funzioni liturgiche.
Vittore sembra sia stato ucciso a motivo della fede nel 199 in concomitanza con la sanguinosa persecuzione dei cristiani scatenata dall'Imperatore Settimio Severo, ma non si hanno dei riscontri documentali storici probanti.
IL TIMONE N. 80 – ANNO XI – Febbraio 2009 – pag. 54-55