Oro, diamanti, avorio, legname pregiato ma soprattutto cobalto e coltan. Tutt’intorno epidemie, gruppi militari, banditismo, terrorismo islamico, traffico di droga e di esseri umani, commercio di armi, lavoro minorile, stupri e un conflitto per lo sfruttamento del sottosuolo che si intensifica mese dopo mese.
Benvenuti nella Repubblica Democratica del Congo (RdC) – l’ex Congo belga, da non confondere con la Repubblica del Congo, cioè l’ex Congo francese. Una nazione che non conosce pace, specie dopo la sua indipendenza. Due milioni e mezzo di chilometri quadrati e una popolazione di 82 milioni di abitanti.
L’uccisione dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere della scorta e dell’autista, ha per un po’ portato l’attenzione su quelle province del Kivu del Nord e del Sud che compongono un’area di quasi 125.000 chilometri quadrati. È la regione più ricca al mondo di coltan, il prezioso materiale usato nella realizzazione di tutta la tecnologia di cui oggi non possiamo fare meno. La lotta per il controllo di queste ricchezze ha favorito anche la nascita di gruppi di guerriglieri che agiscono nella zona.
La Rdc è un crocevia d’interessi economici ed energetici che disegnano una geopolitica in cui non sono in gioco motivazioni ideologiche né strategiche, ma il puro lucro. Un Paese con un Pil pro capite pari a meno di 500 dollari, tra i più bassi al mondo sebbene le immense ricchezze.
L’inchiesta di Lorenza Formicola, con un’intervista esclusiva a Henri Muhiya Musabate, segretario della Commissione episcopale per le risorse naturali
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