Primo papa medievale, Gregorio Magno fu abile e deciso nel riorganizzare e amministrare la Chiesa. Di salute cagionevole, svolse un’intensa attività missionaria, meritando il titolo di “Padre d’Europa”. È uno dei quattro Dottori della Chiesa occidentale con Sant’Ambrogio, San Gerolamo e Sant’Agostino.
NOME: Gregorio
DATA DI NASCITA: intorno al 540
ELEZIONE : il 3 settembre 590
DURATA : 13 anni, 7 mesi, 9 giorni
DATA DI MORTE: 12 marzo 604 a Roma
SEPOLTO: Basilica di S. Pietro
FESTA: il 3 settembre
POSIZIONE CRONOLOGICA: 64
Il ministero papale è sicuramente la carica di maggior dignità e prestigio a cui un uomo può aspirare. E proprio perché è così alta, comporta sempre, oltre a un carico notevole di responsabilità, anche un taglio netto con la vita precedente. Lo aveva ben compreso il diacono Gregorio che, appena appresa la notizia della sua elezione, tentò anche la fuga pur di non sacrificare la prediletta vita monastica. Tuttavia accettò la nomina, divenendo il primo grande Papa del Medioevo, unico punto di riferimento morale, civile e militare dopo la rovinosa caduta dell’Impero Romano d’Occidente.
Riorganizzò dalle fondamenta la Chiesa, gettando le basi per una rinnovata supremazia spirituale, oltre che giuridica e giurisdizionale. Gregorio nasce a Roma verso l’anno 540, dalla nobile famiglia Quirite degli Anici a cui già appartennero un papa (il trisavolo Felice III) e tre sante (la madre Silvia, e le due zie, S. Tarsilla, e S. Emiliana).
Nel 573, poco più che trentenne, dopo aver svolto brillanti studi di diritto è nominato dall’imperatore Giustino II prefetto di Roma. Questa alta carica però non corrisponde esattamente alla sua vocazione. Seguendo la sua propensione all’ascesi e alla contemplazione abbandona tutto, ritirandosi nel 575 nel palazzo di famiglia sul Celio. Lo trasforma in monastero dedicato a S. Andrea, in cui introduce la regola di S. Benedetto. La comunità è composta da cenobiti attivi, così che Gregorio, pur non accettando la carica di abate, può diffondere il monachesimo fondando altri sei monasteri in Sicilia. Tutto realizza con il patrimonio famigliare toccatogli in eredità dopo la morte del padre.
Dopo essere stato consacrato diacono, viene nominato apocrisario (l’odierno nunzio apostolico) nel 579 da papa Pelagio II, presso la corte dell’Imperatore d’Oriente Tiberio II a Costantinopoli.
Gregorio deve suo malgrado abbandonare il monastero per trasferirsi nella capitale bizantina dove rimane fino al 585, cercando di proseguire, per quanto possibile, la vita comunitaria, portando con sé alcuni monaci da Roma. Riesce ben presto a conquistare la stima dei due imperatori che si susseguono: Tiberio II e Maurizio, al quale battezzerà anche il figlio. Ritorna poi a Roma, dove riprende la vita monastica, divenendo apprezzato consigliere di papa Pelagio II.
Nel 589 il Tevere straripa e nel gennaio del 590 arriva anche la terribile peste bubbonica. La popolazione di Roma è decimata. Tra le prime vittime c’è proprio Pelagio II. La situazione particolarmente difficile esige di provvedere subito all’elezione del nuovo papa. Il successore più ovvio per tutti è il pio Gregorio. Dopo un iniziale quanto vano rifiuto da il suo assenso, convinto anche dall’imperatore Maurizio che benedice entusiasticamente l’elezione.
È consacrato vescovo di Roma il 3 settembre 590, rifiutando il titolo eccessivamente superbo per lui di papa universale (anche in risposta polemica al patriarca di Costantinopoli Giovanni IV che si autodefiniva patriarca ecumenico), preferendo assumere un più umile Servus servorum Dei. L’indole particolarmente austera, che porta Gregorio a preferire l’esercizio della pietà e della meditazione piuttosto che la vita pubblica, non gli impedisce di affrontare con energico spirito pratico i numerosi problemi pastorali e politici che la Chiesa gli pone, riorganizzando e predicando incessantemente.
Cerca in primo luogo di alleviare le gravi conseguenze della carestia seguita alle sciagure che colpiscono Roma. Provvede dando fondo alle scorte di grano provenienti sia dai suoi depositi personali, sia dai granai della Sicilia facenti parte del Patrimonium Petri, il quale, protetto da speciali leggi imperiali e considerato eterno, si era costituito negli anni, principalmente a seguito di donazioni e lasciti testamentari. Poi indice una processione di penitenza, la cosiddetta litania septiformis, ripetuta per tre giorni di seguito e conclusa con l’apparizione dell’arcangelo Michele sul mausoleo di Adriano nell’atto di rinfoderare la spada fiammeggiante, a significare che la peste era cessata. Da allora la Mole Adriana mutò il nome nell’ancora attuale Castel S. Angelo.
Durante il suo pontificato è attivo nei campi più diversi, ma soprattutto si distingue per un grande zelo pastorale, come attestano le 854 epistole dirette a imperatori, patriarchi, vescovi e laici di ogni condizione.
Pur rispettando l’autorità degli altri metropoliti d’Italia (Milano, Ravenna, Aquileia), non manca di intervenire direttamente e con energia presso i vescovi loro sottoposti, qualora il bene comune della Chiesa lo richieda.
L’attività missionaria indirizzata prevalentemente verso i Germani, gli Anglosassoni e i Longobardi, è una delle maggiori glorie del pontificato di Gregorio. È da questo impegno che nasce nella Chiesa l’idea di una Europa unita sotto un’unica guida civile-religiosa, nella scia della tradizione cattolico-romana.
La conversione non avviene con l’imposizione di una fede che deve essere vissuta in rigida uniformità con Roma ma, secondo la felice intuizione dello stesso Gregorio, come saggio adattamento alle realtà e agli usi tradizionali locali, innervati però di spirito cristiano.
Questa linea è vincente con gli Anglosassoni, quando nel 596 un gruppo di monaci missionari (sotto la guida di Agostino, che diverrà loro vescovo) incominciano la loro predicazione. Nel 597 sono già convertiti il re Etelberto e diecimila sudditi.
Con i Longobardi invece, Gregorio si serve soprattutto della mediazione dell’imperatrice Teodolinda presso i mariti re Autari, prima, e Agilulfo, poi, ponendo così le basi della loro definitiva conversione al cattolicesimo, che avverrà nel 653. Praticamente inesauribile è anche la produzione letteraria di Gregorio, che comprende oltre alle Epistole, anche il Moralia (commento al libro di Giobbe, che diventerà, nel Medioevo, il manuale di Teologia Morale), il Sacramentario (raccolta di preghiere liturgiche), i Dialoghi, la Regola Pastorale, (norme per la vita ecclesiastica) e le 22 Omelie. Inoltre riforma la musica sacra, con l’introduzione del canto che prenderà il suo nome (Gregoriano appunto).
Gran parte degli ultimi anni della sua vita li passa a letto, debilitato dai continui digiuni e dalla gotta. Muore a Roma il 12 marzo 604.
Sulla tomba gli viene incisa questa epigrafe: Consul Dei, ossia Dio e Roma, gli ideali a cui consacrò il suo pontificato.
BIBLIOGRAFIA
Jeffrey Richards, // Console di Dio, Sansoni Editore, Firenze 1984.
Robert Godding, Bibliografia di Gregorio Magno, Città Nuova Editrice, Roma 1990.
Emilio Gandolfo, Gregorio Magno, Città Nuova Editrice, Roma 1994.
IL TIMONE N. 13 – ANNO III – Maggio/Giugno 2001 – pag. 56-57