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21.12.2024

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Un clima di paura
31 Gennaio 2014

Un clima di paura

 

 

 

 

 

 

L’attuale terrore per il riscaldamento globale non ha molto a che vedere con la scienza, quanto con lo smarrimento dell’uomo moderno che ha rifiutato il rapporto con Dio. Ce lo dimostra la storia delle teorie scientifiche sui cambiamenti climatici.

Fa caldo, fa freddo, poco importa. Siamo comunque preoccupati, anzi – per meglio dire – allarmati. Il clima è impazzito, la concentrazione di C02 sembra fuori controllo, se continua così il pianeta diventerà invivibi, le e verrà distrutto in pochi anni: sono considerazioni che ormai sentiamo fare ovunque e spesso noi stessi le ripetiamo. L'unico dato certo è che viviamo in un costante stato di paura. Ci fa paura il cambiamento, ci fa paura ciò che non riusciamo a controllare; e il clima – di per sé variabile e capriccioso – è quanto di meglio la natura ci offra per scatenare queste paure. E la politica lo sa, i giornalisti anche, e tanti scienziati non sono da meno. E su queste paure, coltivate e amplificate, ci speculano: raccolgono il consenso politico, vendono più giornali, racimolano fondi per la ricerca.
Non riguarda soltanto il cambiamento climatico: c'è paura dei termovalorizzatori, paura delle centrali nucleari, paura di qualsiasi novità che turbi le nostre abitudini di vita, fosse anche la costruzione di una piccola strada o la collocazione di nuovi cassonetti per la spazzatura. Come in una sorta di paralisi esistenziale che impedisca di capire che la realtà non si può bloccare. E se non si va avanti, inevitabilmente si tornerà indietro. Tanti sono gli esempi che si potrebbero citare al proposito, dai rifiuti in Campania alle scelte politiche conseguenti al Protocollo di Kyoto, che trovano addirittura i teorici di un ritorno a una ideale quanto fantasiosa era pre-industriale.
Ciò che ci interessa capire però in questa sede è da dove nasca questo stato di paura. Sebbene tanti possano essere i fattori che contribuiscono, non c'è dubbio che il processo in atto si accompagni alla progressiva secolarizzazione dell'Occidente, al suo rifiuto della fede cristiana che lo ha generato, con conseguente perdita di un approccio positivo alla realtà e soprattutto all'uomo.
L'esempio ce lo offre proprio la storia della teoria del riscaldamento globale, la cui parte controversa è legata proprio alle responsabilità attribuite all'attività umana nei cambiamenti del clima. Gli studi e le teorie in proposito esplodono a partire dagli anni '50 del '900: lo stesso IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, l'organismo dell'ONU che si occupa dei cambiamenti climatici, insignito del Premio Nobel per la Pace 2007) nel suo Quarto Rapporto pubblicato nel 2007 rileva che «il 95% di tutta la letteratura scientifica sui cambiamenti climatici a partire dal 1834 è stato pubblicato dopo il 1951 ».
Cosa è dunque successo a partire da quella data? Non ci sono state scoperte scientifiche clamorose, anzi fino a quel momento le rarissime ricerche sull'anidride carbonica e i suoi possibili effetti sul clima erano state marginali e trascurate. Tanto che lo storico della scienza Spencer Weart conclude che «la scienza da sola non può spiegare il profondo cambiamento di prospettiva sul sistema climatico, piuttosto altri eventi hanno progressivamente alterato il pensiero di ogni uomo nella società moderna» (The DiscoveryofGlobal Warming, Harvard University Press 2004). Quali altri eventi? Secondo un altro analista, Tony Gilland, «queste prime speculazioni circa l'impatto umano sul clima sono parte di una inquietudine rapidamente crescente riguardo all'impatto dell'uomo sul mondo naturale».
Gli eventi sono anzitutto culturali, ovvero l'affermarsi di una cultura anti-religiosa. Sicuramente I>esplosione della bomba atomica e la possibilità di una guerra nucleare tra Occidente e Unione Sovietica ha fatto percepire per la prima volta l'immenso potere distruttivo dell>uomo, ma questa realtà, invece di ridestare l'uomo occidentale alla sua originaria dipendenza da Dio, lo spinge ulteriormente verso ideologie nichiliste che hanno come ultimo esito l'odio verso se stesso. Un caso esemplare è la parabola professionale del famoso scienziato americano Roger Revelle: partendo dagli studi sugli esperimenti nucleari negli anni '40 è passato negli anni '50 a studiare il clima, convinto della nefasta influenza dell'uomo, fino poi dagli anni '60 dedicare il resto della sua vita alla diffusione del controllo delle nascite.
Non per niente gli anni '50 segnano la fioritura dei movimenti neo-malthusiani – sospinti dalle grandi fondazioni americane e la rinascita dell'eugenetica sotto le mentite spoglie della biologia sociale.
Insomma l'uomo religioso, colui che nelle circostanze della vita – anche le più dolorose – riconosce e afferma la sua dipendenza dal Mistero che è all'origine della vita stessa e in questo riconosce un destino buono, lascia il passo all'uomo ideologico, colui che si sostituisce a Dio: credendo di essere libero, padrone di tutto, diventa invece schiavo di tutto, crede a tutto, e per questo diventa pauroso e si rattrappisce davanti a un futuro che improvvisamente appare maligno, senza speranza.
La storia della scienza del clima ci dimostra quindi come non siano rivoluzionarie scoperte scientifiche a generare la proliferazione di allarmi sulle attività umane, quanto invece l'affermarsi di una visione negativa dell'uomo a influenzare i risultati degli studi scientifici: l'uomo religioso, infatti, guarda alla natura con stupore e la scienza è uno strumento per scoprirne i meccanismi così come normalmente ognuno di noi cerca di comprendere e dare ragione a ciò che ci affascina. AI contrario, l'uomo che si fa Dio sposta lo sguardo per dimostrare gli effetti negativi dell'attività umana sulla natura stessa. Dallo spalancamento alla realtà si passa a una forma di accanimento contro l'uomo. Così che oggi sono ostracizzati e puniti gli scienziati che davvero cercano di studiare il clima e i suoi meccanismi, mentre miliardi di dollari vengono elargiti a coloro che sfornano rapporti – più o meno credibili – sulle responsabilità umane dei cambiamenti climatici che, ad ogni buon conto, ci sono sempre stati anche prima della comparsa dell'uomo sulla terra.
Se davvero i cambiamenti climatici sono un problema, allora, la vera soluzione sta nel riscoprire la nostra identità di uomini, ovvero il senso religioso che ci costituisce. È anche l'unico modo per recuperare un bene che oggi sembra irrimediabilmente perduto, cioè il buon senso. Per cui se fa freddo ci si mette il cappotto e se fa caldo lo si toglie. E ci si dà da fare in modo che tutti possano avere il cappotto in caso di freddo e un cappellino per proteggersi in caso di sole.

 

RICORDA

 

«Per riuscire a ottenere del risultati (sulla tutela responsabile dell'ambiente) bisogna concentrarci non sulla natura materialmente Intesa, ma sull'uomo e sulla sua vocazione, e su Dio che ha voluto associare l'uomo alla sua creazione. Sembra un paradosso, ma per sviluppare una cultura dell'ambiente naturale bisogna prenderne le distanze e mirare a ciò che è veramente essenziale: il bene autentico della persona umana e il vero bene comune. Come conseguenza, ma solo come conseguenza, salveremo anche le foche e I panda, le falde acquifere e l'aria che respiriamo. Solo l'ecologia umana è veramente risolutiva dei problemi dell'ecologia ambientale».
(Giampaolo Crepaldi – Paolo Togni, Ecologia umana ed Ec%gia ambienta/e, Cantagalli, 2007).

DA NON PERDERE

 

AI tempo del dinosauri faceva molto più caldo di oggi; sulle cime alpine un tempo si andava a caccia; quando Annibale attraversò le Alpi gli elefanti non morirono congelati; i dati contraddittori sull'innalzamento degli oceani; lo strano caso delle meduse che nel Mediterraneo indicherebbero un processo di tropicalizzazione e poi invadono il Mare del Nord. Sono solo alcuni degli esempi che dimostrano quanto degli attuali allarmi sul clima molto si basi su menzogne molto interessate. Ed è questo l'oggetto del libro Che tempo farà – Falsi allarmismi e menzogne sul clima, scritto da Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, già autori della serie "Le bugie degli ambientalisti" (1 e 2). Attraverso la storia del clima e delle teorie scientifiche sul riscaldamento globale, i due autori accompagnano Il lettore a scoprire gli obiettivi politici ed economici che stanno dietro la fabbrica degli allarmismi. Per recuperare anche la giusta posizione davanti alle sfide poste dagli inevitabili cambiamenti climatici.
(Riccardo Cascioli – Antonio Gaspari, Che tempo farà. Falsi allarmismi e menzogne sul clima, Piemme, 2008, pp. 224, € 12.50).

 

IL TIMONE  N. 72 – ANNO X – Aprile 2008 – pag. 18-19

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