Unificazione politica e Risorgimento sono state cose diverse. La prima poteva essere necessaria, l’altra fu l’imposizione di una minoranza ideologica.
Con il risultato di allontanare gli italiani dall’Italia.
Se a grandi linee il termine Risorgimento indica «il periodo della storia d'Italia durante il quale la penisola italiana venne unificata politicamente», secondo la definizione di una delle più consultate enciclopedie on fine, Wikipedia, con maggior attenzione bisogna distinguere fra Unità e Risorgimento, cioè tra due fenomeni di diversa natura, l'uno politico e l'altro grosso modo culturale.
Due cose diverse
Il primo, l'Unità, fu reso necessario dalle difficoltà di convivenza insorte fra gli Stati europei in età moderna – soprattutto il venir meno della mediazione sovranazionale offerta dalla Chiesa cattolica e dal Sacro Romano Impero -, che rendeva più difficile la sopravvivenza dei piccoli Stati; il secondo, il Risorgimento, volle essere una vera e propria Rivoluzione culturale, mirante a «modernizzare» l'identità del paese, stratificatasi nel corso di ricche e complesse vicende storiche ma ritenuta inadeguata da ristrette élite politiche e intellettuali, che rappresentavano non più del due per cento della popolazione.
La nazione italiana già esisteva da quasi un millennio come unità culturale e linguistica, pur nella diversità delle sue componenti, essendosi formata, in seno alla Cristianità, nei secoli dell'Alto Medioevo. La varietà dei quadri ambientali, l'ampiezza e la molteplicità dei contatti e degli apporti esterni, il policentrismo urbano e regionale, che hanno depositato nella penisola un insieme di esperienze e di tradizioni forse senza eguali nel mondo, affondano le radici in un terreno comune, cioè nel formidabile fattore unificante costituito dall'eredità latina e dal retaggio del cristianesimo, di cui l'Italia è la sede storica. Pertanto, la «dimensione multinazionale» della nazionalità, secondo la definizione dello storico Giuseppe Galasso, s'identifica con la tradizione di formazioni politiche durate per secoli – settecento anni i Regni di Napoli e di Sicilia, da quattrocento a seicento anni gli Stati provinciali o regionali del Centro e del Nord – e dotate di una logica di sviluppo autonoma. Il pluralismo politico e l'assenza di un potere centrale e dominante hanno reso possibile la fioritura e la moltiplicazione di centri di cultura e di prosperità, e sono stati sentiti dagli italiani del tempo come condizione di un elevato livello di vita morale e civile.
L'Unità
Il tradizionale status quo viene scosso internamente dalle riforme attuate dai sovrani illuministi nella seconda metà del secolo XVIII e quindi distrutto dalle dirompenti, innovazioni politiche, amministrative e giuridiche importate dalla Francia dopo il 1789. In particolare, l'imposizione di regimi rivoluzionari, giacobini prima e napoleonici poi – cui le popolazioni della penisola reagiscono con vigore e con determinazione, dando luogo all'ampio e misconosciuto fenomeno dell'Insorgenza (17921814) -, mina quel senso di specificità storica e regionale che aveva offerto legittimità all'esistenza nella penisola di una pluralità di Stati distinti.
Alla sfida rappresentata dai mutamenti intervenuti nel contesto internazionale avrebbe costituito risposta adeguata una struttura confederale, una federazione di Stati, cioè un abito ritagliato su misura, che fosse adeguato alla nuova situazione e assicurasse il rispetto dell'antica personalità dei popoli d'Italia. Ma con un compromesso fra l'unitarismo dei seguaci di Giuseppe Mazzini (1805-1872), che rinunciano alla pregiudiziale repubblicana, le aspettative dei moderati, i quali abbandonano i metodi graduali e pacifici utilizzati fino ad allora, e le mai sopite ambizioni egemoniche del Regno di Sardegna, di natura soprattutto territoriale, si giunge all'Unità, compiuta nel 1860 sotto l'abile e spericolata regia di Camillo Benso, conte di Cavour (1810-1861), e ufficializzata l'anno seguente con la proclamazione del Regno d'Italia.
La Questione Romana è la questione italiana
Il processo di unificazione è caratterizzato da gravi prevaricazioni, soprattutto nei confronti della Santa Sede, che deve rinunciare al possesso millenario dei suoi territori. Da allora fino alla morte il papa Pio IX (1846-1878) rinnoverà le sue proteste, ribadendo che il principato civile del Pontefice costituiva la condizione necessaria per il libero esercizio della sua autorità spirituale e che dunque la Questione Romana non era un problema politico, legato all'indipendenza e all'unità italiana, bensì religioso, perché concernente la libertà della Chiesa nello svolgimento della sua missione evangelizzatrice, indipendentemente dall'estensione del territorio ad essa affidato. La Questione Romana è la questione centrale del Risorgimento, di cui costituisce il filo conduttore e l'essenza religiosa, poiché tutte le forze rivoluzionarie, dal liberalismo cattolico fino al radicalismo democratico, trovano il loro momento aggregante nel mito della Roma «rigenerata», perché svincolata dal «dominio» pontificio.
Il Risorgimento
Ernesto Galli Della Loggia nel suo studio su L'identità italiana ha rilevato il carattere immediatamente ideologico dello Stato unitario, a causa della sua origine da una rivoluzione/guerra civile, e ha individuato nelle modalità dell'unificazione la causa principale della frattura fra l'antica identità «italiana» e la moderna identità «nazionale», che oltrepassa di poco il secolo ed è percepita tuttora come fragile. Infatti, il processo di modernizzazione dell'Italia nelle sue dimensioni politiche, economiche e culturali – si svolge sotto l'influenza di quello che Massimo Introvigne chiama «partito anti-italiano», cioè di élite legate fra loro dal pregiudizio che collegava l'ethos cattolico all'arretratezza dell'Italia e per le quali non si trattava tanto di «fare gli italiani» quanto piuttosto di fare un'Italia «ideale» contro gli italiani «reali». Convinti anche, e stavolta correttamente, che questo ethos fosse radicato nei localismi e nelle peculiarità regionali, i nuovi ceti dirigenti guardano con sospetto a ogni ipotesi di federalismo e anche di semplice decentramento, assumendosi il compito di consolidare le basi del traballante Stato unitario con una vigorosa azione antimunicipalistica.
Scuola ed esercito per "fare gli italiani"
Ma l'omogeneizzazione delle istituzioni e la creazione di un forte Stato centralista vanno di pari passo con una gigantesca opera pedagogica, i cui strumenti principali sono la scuola e l'esercito. La coscrizione militare e la coscrizione scolastica dovevano essere collegati in modo indissolubile, perché rappresentavano la fucina migliore per formare le nuove generazioni nel culto esclusivo della patria e per ridimensionare il ruolo educativo della Chiesa. Questa reagisce sia riaffermando solennemente il principio per cui il diritto naturale all'educazione e all'istruzione compete in primo luogo alla famiglia, sia condannando il servizio militare obbligatorio, che faceva della vocazione di alcuni un dovere di tutti e che veniva considerato una conseguenza diretta della statolatria, dei poteri assoluti dello Stato moderno. L'opera di pedagogia politica e patriottica degli italiani – di cui è protagonista anche Giuseppe Garibaldi (1807-1882) con un ruolo poco noto di «rieducatore» popolare – vengono accompagnati dal tentativo d'inventare una tradizione per il nuovo Stato unitario attraverso forme di sacralizzazione della monarchia e dei miti risorgimentali, presentati in alternativa alle esperienze religiose tradizionali. I ceti dirigenti fanno ricorso a tutti gli strumenti a disposizione, dal culto della dinastia sabauda alla celebrazione delle ricorrenze più significative con la finalità di creare una liturgia civile, fino alla pedagogia monumentalistica dispiegata sulle piazze e nei «sacri» palazzi della nuova Roma.
Gli italiani estranei in Italia
L'Unità ha quindi come prima conseguenza la totale estraneità di gran parte della popolazione allo Stato unitario e alla sua ideologia. L'imposizione di un abito istituzionale inadeguato, inoltre, causa al corpo sociale gravi disagi, di cui soffre tuttora, e disperde una parte rilevante delle inestimabili ricchezze culturali della nazione. Ciò è più evidente nell'ex Regno delle Due Sicilie – ridotto a «Mezzogiorno» e diventato oggetto di studio e di analisi da parte di scienziati sociali, di antropologi e di politici «meridionalisti» -, dove l'unione forzata in un grande Stato, nel 1861, ha determinato, prima ancora della spoliazione economica, un processo di alienazione culturale e il progressivo venir meno dei punti di riferimento sociali e istituzionali, che hanno aperto la strada prima alla grande emigrazione transoceanica e quindi allo sviluppo della criminalità organizzata.
Infine, la costruzione dell'Italia moderna, che emargina a lungo i cattolici, costituisce un vulnus tanto più grave in quanto va a toccare non un elemento secondario della «nazionalità spontanea» degli italiani, bensì il suo cuore, il senso di appartenenza religiosa. .
CRONOLOGIA DEL RISORGIMENTO
1792 – Le armate francesi attraversano le Alpi e cominciano la conquista dell'Italia. Si verifica la prima "insorgenza", ( i "barbetti", i montanari del Nizzardo e delle valli delle Alpi Marittime che aiutano i soldati del Regno di Sardegna nella "guerra delle Alpi"). Insorgenze popolari si svolgeranno durante i quasi vent'anni della dominazione napoleonica (1796-1815).
1815 – Napoleone viene definitivamente sconfitto a Waterloo (18 giugno) mentre il 9 dello stesso mese si era concluso il Congresso di Vienna, dove le potenze europee avevano deciso il nuovo assetto da dare all'Europa in previsione dell'uscita di scena di Napoleone. L'Italia (venti milioni di abitanti) era divisa in dieci Stati.
1818 – Ispirata alle dottrine comunistiche dell'agente rivoluzionario Filippo Buonarroti, viene fondata ad Alessandria la società segreta dei Sublimi maestri perfetti, che assieme ad altre società come la Carboneria nel Meridione, la Federazione italiana costituita a Milano dal conte Federico Confalonieri, costituiranno una componente importante nel processo rivoluzionario risorgimentale
1820-1821 – Un'insurrezione a Napoli costringe il re Ferdinando i a concedere la Costituzione, ma un esercito austriaco sconfigge quello napoletano e restituisce tutti i poteri al . Re (7 marzo), mentre tre giorni dopo scoppia un'insurrezione in Piemonte e si verificano congiure rivoluzionarie e relativi arresti nei diversi Stati italiani.
1830 – La rivoluzione liberale che in Francia porta sul trono . Luigi Filippo d'Orléans ("Filippo egalité") suscita entusiasmo fra i liberali italiani, come nel resto d'Europa, ed è occasione della diffusione di diversi opuscoli rivoluzionari.
1831 – Giuseppe Mazzini scrive il programma della Giovine Italia, una società che si propone l'unificazione e l'indipendenza d'Italia, segreta quanto ai membri ma non per i contenuti. La società si renderà responsabile di numerosi omicidi e di tentate insurrezioni.
1843 – Viene pubblicato il libro di Vincenzo Gioberti, Del primato civile e morale degli italiani, che propone un processo di unificazione dell’Italia di tipo confederale e sotto la presidenza del Pontefice, rappresentando così un’alternativa politica ai progetti rivoluzionari.
1846 – Il card. Giovanni Maria Mastai Ferretti diventa Papa con il nome di Pio IX.
1848 – Anno cruciale per la Rivoluzione: a Parigi, a Berlino, a Vienna si verificano insurrezioni liberali che influenzano la situazione italiana. Il re di Sardegna, Carlo Alberto, decide per la guerra contro l'Austria (Prima guerra d'indipendenza), ma viene sconfitto. Con l'allocuzione del 29 aprile, Pio IX rifiuta la guerra e di fatto pone termine al progetto neo-guelfo.
1859 – Seconda guerra d'indipendenza: con l'appoggio diplomatico e militare della Francia, il Piemonte riesce a provocare l'Austria alla guerra, che verrà sconfitta solo grazie all'esercito francese.
1860 – In seguito alla "spedizione dei Mille" guidata da Giuseppe Garibaldi, anche il Regno di Napoli e della Sicilia viene annesso all'Italia.
1861 – Il 17 marzo il nuovo Parlamento italiano proclama Vittorio Emanuele II re d'Italia. Nel Meridione inizia una feroce guerra civile ("brigantaggio") che si protrarrà per circa un decennio.
1866 – Nonostante le sconfitte italiane a Custoza e a Lissa, l'Italia ottiene il possesso del Veneto grazie alla sconfitta austriaca con la Prussia.
1870 – La sconfitta di Napoleone III con la Prussia permette all'Italia di entrare con l'esercito a Roma (Breccia di Porta Pia), non più presidiata dalle truppe francesi. Termina (e comincia) la Questione Romana.
Dossier: Risorgimento: l'unificazione che ha diviso l'Italia
IL TIMONE – N.76 – ANNO X – Sett/Ott. 2008 – pag. 36-38