Una città a tutti gli effetti moderna, accogliente e progressista, all’avanguardia sui “nuovi diritti” e sempre pronta a condannare ogni intolleranza. Un grande centro dove tutti – indipendentemente dal loro credo, dalla loro etnia e dalle loro inclinazioni – possano sentirsi a casa e dove il «vietato vietare», di sessantottina memoria, sia declinato nel modo più realistico possibile. Un agglomerato urbano dove i dogmi e l’oscurantismo religioso siano messi da parte, in favore di un dialogo realmente democratico, all’insegna di inclusività e diversity. Esiste forse una città simile? Certo che esiste.
Si trova negli Stati Uniti, precisamente in California: è san Francisco. Solo che la celebre metropoli – che pure, attenzione, applica alla lettera gli auspici di fratellanza progressista poc’anzi richiamati – non è affatto un paradiso in terra, anzi. Tutto il contrario. Sul Timone di giugno, a questo riguardo, il giornalista Giulio Meotti firma un’accurata analisi che mostra come la Mecca del progressismo Lgbt sia diventata, da qualche anno, anche la capitale del nichilismo, un luogo prospero eppure senz’anima, dominato da degrado urbano e declino, un laboratorio dove la civiltà va a suicidarsi.
Per leggere l’articolo acquista Il Timone o abbonati