Un appassionato invito a non trattenere per sé il dono della speranza cristiana. E una ricostruzione preziosa, un’interpretazione teologica dell’epoca moderna e dei suoi fallimenti. La seconda enciclica di Benedetto XVI.
Come ci invitava tempo fa il segretario della Congregazione per la dottrina della fede, mons, Angelo Amato, ogni pubblicazione del Magistero, in primis un’enciclica, dovrebbe diventare un evento per la comunità cristiana. Anzitutto quindi bisogna leggere e rileggere la nuova enciclica di papa Benedetto XVI, Spe salvi, dedicata alla speranza cristiana. Poi bisogna organizzarne letture comunitarie, cioè presentazioni, conferenze e tutto quello che la fantasia suggerirà.
Come scrive il Catechismo, la speranza è la seconda virtù teologale che ci fa desiderare il regno dei cieli, ossia la felicità eterna, fidandoci delle promesse di Cristo e appoggiandosi alla Sua grazia (cfr. CCC 1817).
Come le altre due virtù teologali, la fede e la carità, anch’essa è un dono che però deve essere coltivato, altrimenti rischia di andare perduto. Ossia, non è che una volta battezzati e convinti cristiani, possiamo permetterci di “non far diventare cultura” il dono ricevuto, cioè di alimentarlo con la preghiera, i sacramenti e anche con lo studio.
Il Papa aiuta proprio in questo. L’enciclica non può essere presentata nella sua globalità in poche battute, né una presentazione può sostituirne la lettura. Essa aiuta a comprendere cosa significhi sperare nel Nuovo Testamento (il Pontefice scrive che «la fede è speranza») e cosa abbia significato nella Chiesa primitiva. Poi esamina come la speranza cristiana sia stata sostituita dalla fede nel progresso da parte delle ideologie moderne e analizza in particolare l’opera filosofica di Francesco Bacone nonché gli effetti sul mondo occidentale dell’illuminismo sfociato nella Rivoluzione francese e del marxismo. Quindi spiega come questa ideologia progressista abbia influito anche sulla concezione della speranza così come è stata vissuta dal popolo cristiano nell’epoca moderna e conclude fornendo importanti indicazioni pratiche su come rimettere in circolazione nella vita cristiana odierna questa importante virtù, attraverso la preghiera «scuola di speranza», l’offerta delle azioni e della sofferenza e il Giudizio finale come espressione della giustizia e come «luogo di apprendimento e di esercizio della speranza».
L’autocritica del cattolicesimo moderno
Nell’impossibilità di occuparmi di tutti i temi che ho appena evocato, mi soffermerò sulla critica che il Papa rivolge ai cristiani moderni per aver accettato di pensare e di vivere la fede in termini individualistici. Per spiegarlo, Benedetto XVI racconta come avviene, nella storia del pensiero occidentale, il passaggio che porta, soprattutto a partire dall’opera di Bacone, a sostituire la certezza che la redenzione dell’uomo (cioè il “ricupero” di quanto perduto nel Paradiso terrestre) non passi più attraverso la morte e resurrezione di Cristo, ma attraverso la fede nel progresso, cioè in un futuro sempre necessariamente migliore grazie alle conquiste della scienza. In questo nuovo clima culturale, che si sviluppa nel corso dei decenni successivi a Bacone (15611626) sfociando nell’ Illuminismo, la religione non viene negata espressamente ma relegata esclusivamente in un ambito diverso, soprannaturale e privato. Secando la mentalità che progressivamente diventa egemone, si comincia a vivere come se Dio non esistesse o quantomeno la sua esistenza non avesse rilievo per le cose del mondo.
Così, la fede professata dai cattolici diventa un fatto individuale, importante soltanto nell’ottica della salvezza personale, mentre il mondo, la cultura, la politica e l’economia vanno in altra direzione. La fede nel progresso genera la speranza nella possibilità di creare un mondo felice, costruito da un uomo nuovo, e le ideologie si fanno carico di portare questa nuova speranza nel mondo. Ma né la Rivoluzione francese e il mondo che esce da questa rivoluzione borghese, né la successiva rivoluzione proletaria guidata dall’ideologia marxista riescono a colmare il desiderio di felicità che Dio ha messo nel cuore dell’uomo.
Il fallimento delle ideologie non ha però reso l’uomo felice, così come le promesse della scienza non hanno risposto alla speranza di felicità dell’uomo, anche se hanno realizzato indubbi risultati, anche eccezionali, nel campo appunto scientifico.
Contemporaneamente i cattolici sono rimasti come “contaminati” dalla cultura presente e dominante nell’epoca moderna. «[…] dobbiamo anche constatare che il cristianesimo moderno» – scrive Benedetto XVI – «di fronte ai successi della scienza nella progressiva strutturazione . del mondo, si era “in gran parte concentrato soltanto sull’individuo e sulla sua salvezza. Con ciò ha ristretto l’orizzonte della sua speranza e non ha neppure riconosciuto sufficientemente la grandezza del suo compito – anche se resta grande ciò che ha continuato a fare nella formazione dell’uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti».
Il cristianesimo seppe resistere di fronte alla grande sfida portata dalla modernità, spesso bagnando con il sangue dei martiri i Paesi che avevano conosciuto la prima evangelizzazione oppure costituendo attorno alle parrocchie un Paese reale contrapposto al Paese legale, come avvenne in Italia dopo l’unificazione politica compiutasi nel 1870. Ma non poté ripartire con una seconda evangelizzazione dopo i fallimenti delle ideologie perché, come dice il Pontefice, si era rinchiuso in se stesso dal punto di vista culturale.
Oggi il mondo occidentale sta vivendo in una nuova epoca, successiva alla caduta del Muro di Berlino (1989) e alla fine dell’Urss (1991) cioè al grande ridimensionamento dell’ideologia socialcomunista, con tutte le speranze che aveva suscitato. E il cristianesimo conosce una nuova opportunità di riproporre la speranza della Redenzione attraverso la Persona di Cristo, una speranza ragionevole ma che va oltre le possibilità della ragione, perché conduce alla Persona del figlio di Dio, morto e risorto, che ha sofferto per i nostri peccati in nome di un amore infinito. Oggi, questa speranza può venire offerta a decine di milioni di persone che non sono più galvanizzate dalle false speranze ideologiche, che hanno patito nel cuore e nel corpo il fallimento della fede nel progresso che aveva spodestato il cristianesimo nella cultura del XVI secolo rimanendo coinvolte nei drammi della droga, del divorzio, dell’aborto.
A queste persone ferite ma vive, il Papa dice di guardare per comunicare loro la speranza che salva, e che rende migliore la vita.
BENEDETTO XVI, Enciclica Spe salvi sulla speranza cristiana, 30 novembre 2007, festa di sant’Andrea Apostolo.
IL TIMONE N. 69 – ANNO X – Gennaio 2008 – pag. 58-59