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12.12.2024

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Non tutti sanno che…
31 Gennaio 2014

Non tutti sanno che…

 

Il Timone n. 97 – anno 2010 –


 

INFERNO, ANGELI E UOMINI

Prima di conseguire la visione beatifica di Dio, sia gli angeli che gli uomini sono stati creati e dotati di libero arbitrio, ossia della facoltà di scegliere fra il bene e il male. Dunque anche di peccare. Solo che, dopo aver peccato, un angelo non può essere perdonato, l’uomo sì. Alcuni angeli, come sappiamo, hanno peccato e sono stati precipitati all’inferno. Per loro non ci può essere perdono, né essi lo desiderano in quanto, come spiega S. Tommaso, la loro decisione contro Dio è stata estremamente lucida, ferma e volontaria, data l’acutezza stessa intuitiva del loro intelletto e la forza irreversibile della loro volontà. L’uomo, invece, può essere perdonato per la natura evolutiva e oscillante del suo intelletto e della sua volontà, tale quindi da poter essere corretto e rimesso sulla retta via, salvo che anche per l’uomo peccatore non subentri un’ostinazione sino alla morte. Nel qual caso, anche per lui si dà, con l’inferno, una pena che non può più essere rimessa. Si legga l’ottimo libro di P. Giovanni Cavalcoli, L’inferno esiste. La verità negata (Fede & Cultura, 2010).


COSCIENZA E VERITÀ
Nella Lettera al Duca di Norfolk, il beato Card. Newman scrisse una frase destinata a restare famosa: «Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo pranzo – cosa che non è molto indicato fare – allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa». L’uomo moderno, secondo Paolo Gulisano, autore di John Henry Newman, Profilo di un cercatore di verità, che si avvale della Prefazione del cardinale Caffarra, (Àncora, 2010), fa fatica a capire ciò che intendeva dire Newman, perché contrappone “coscienza” ad “autorità”, temendo che quest’ultima (nella fattispecie, il Papa) possa limitare la libertà dell’uomo. Invece, per Newman, ciò che assicura la connessione tra coscienza ed autorità è la verità. Scrive Gulisano: «Il concetto di coscienza è indissolubilmente legato al concetto di verità e può essere compreso solo a partire da questa ». Si evita così il duplice pericolo del soggettivismo e dell’autoritarismo.


LA COSA PIÙ IMPORTANTE

Che cosa dobbiamo chiedere principalmente quando preghiamo? Era questa una delle domande del Catechismo di San Pio X, che nella risposta suggeriva, ovviamente, di pregare chiedendo tutto ciò che è bene. Ma c’è un priorità: la cosa più importante è la gloria di Dio, poi viene la nostra salvezza eterna, quindi tutti i mezzi necessari per conseguirla. Anche i beni materiali si possono e si devono chiedere, perché tutto dipende da Dio, purché siano però conformi alla volontà divina.


PADRE PIO E LA MESSA
Ha fatto miracoli, conosceva i peccati altrui prima che glieli confessassero, guariva da mali spirituali e da malattie, si faceva vedere contemporaneamente in due posti, convertiva incalliti peccatori, anche gran maestri massoni. Ma al centro della sua vita c’era la Messa. Niente contava di più. La preparava con devozione non comune, la celebrava con una lentezza densa di partecipazione al mistero della Croce, passava un’ora nel solo ringraziamento, come se ogni Messa fosse la prima e l’ultima di tutta una vita. Sapendo che ormai stava per giungere la morte, la sua principale preoccupazione fu di chiedere ai confratelli che lo assistevano di celebrare una Messa per lui. La notte precedente il giorno del trapasso, rivolgendosi a Padre Pellegrino, che gli era accanto, gli disse: «Uhè, uagliò, ha’ ditt’a Messa? ». Il frate fece notare che era troppo presto. Al che Padre Pio disse: «beh, stamattina la dirai per me». E così fu. Si legga il bel libro di Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi, L’ultima Messa di Padre Pio. L’anima segreta del santo delle stigmate (Piemme, 2010).

PERSECUZIONE

La persecuzione scatenata dal regime comunista in Albania ha raggiunto vertici di crudeltà impressionanti, provocando una quantità di martiri davvero notevole. Secondo Didier Rance, autore di Hanno voluto uccidere Dio. La persecuzione contro la Chiesa cattolica in Albania (1944-1991) (Avagliano Editore, 2007), su sei vescovi e 156 preti albanesi prima della persecuzione, ai quali si aggiungono i sacerdoti ordinati durante questa, 65 sono morti martiri (30 giustiziati e gli altri sotto tortura) e 64 sono morti dopo aver conosciuto la prigione e/o i campi di lavoro forzato. In pratica, si raggiunge la cifra di 129 sacerdoti su 156: una proporzione spaventosa. Dei circa 30 sacerdoti sopravvissuti, che Didier Rance ha incontrato, nemmeno uno è riuscito ad evitare il carcere. Uno di loro, Mons. Nikolle Troshani, fu l’ultimo vescovo ordinato in Albania durante la persecuzione, nel 1958. Arrestato nel 1971, torturato brutalmente, sopravvisse a quindici anni di carcere. Dopo la caduta del regime, intervistato da un giornalista, affermò: «Nessun prete ha abiurato sotto la pressione del regime. Nemmeno uno ha compiuto qualcosa contro la Chiesa e il Papa. Abbiamo ricevuto molti inviti, più o meno cortesi, a diventare spie al servizio del comunismo ma tutti i preti hanno preferito la prigione, la tortura o la morte». Che esempio straordinario ha dato al mondo la Chiesa cattolica albanese!

 

 

 


IL TIMONE N. 97 – ANNO XII – Novembre 2010 – pag. 25

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