«Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19)
« Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51 b)
Noi oggi facciamo un po’ fatica a mettere a fuoco il significato della “memoria”. Lo sviluppo delle tecnologie che “fissano” le parole su supporti materiali (scrittura, stampa, informatica) e ne facilitano il “richiamo” ci hanno progressivamente indotto – paradossalmente – a “dimenticare la memoria”.
L’arte di “imparare a memoria”
Per chi viveva in una cultura orale invece, in cui la scrittura o non esisteva o era competenza di pochi professionisti e – a maggior ragione – la stampa e l’informatica appartenevano ad un futuro ben difficilmente prevedibile, la memoria aveva una importanza che noi facciamo fatica anche soltanto a concepire. Per farlo, dovremmo provare ad immaginare un mondo in cui, per non dimenticare qualcosa di ben detto ed importante, l’unica possibilità era di “impararlo a memoria” e l’unico modo di assicurarne la sopravvivenza per il futuro era di trasmetterlo ad altri in modo così vivo, convincente e coinvolgente che anche loro si preoccupassero, prima che la parola tacesse con loro nella tomba, di far sì che altri se ne prendessero cura allo stesso modo. Questa catena, questo susseguirsi di onde, l’una mossa dall’altra, come quando si getta un sasso nello stagno, costituisce quell’evento così importante per la vita e la storia dell’uomo che si chiama “tradizione”.
Ma, appunto, una volta che gli strumenti di conservazione si sono moltiplicati e incredibilmente perfezionati, a che serve più la memoria? Per conservare le parole di Dio, non basta il libro che la contiene, cioè la Bibbia? Sappiamo che questo fu proprio – in epoca moderna – un punto di scontro non secondario tra cattolici e protestanti. Eppure basterebbe questa semplice osservazione: la parola è fatta per essere viva, cioè “detta” e quindi per essere ascoltata e accolta ed essere poi di nuovo detta (cfr. Rm 10,14-15). Essa non sta da sola.
Parlare vuoi dire comunicare e quando qualcuno “parla da solo” manifesta un sintomo preoccupante. Quando una parola è veramente accolta? Quando si è in grado di riprodurla perfettamente, nella materialità del suo suono? Se fosse così il migliore ascoltatore sarebbe il registratore. A volte quando si discute e non ci si capisce, l’uno dice all’altro: “non mi ascolti”. E se l’altro risponde: sono in grado di ri-dirti, “alla lettera”, tutto quello che mi hai detto, comprendiamo bene che ciò non è sufficiente. La comunicazione è qualcosa di più profondo e “spirituale” di una pura riproduzione di suoni, di segni o di onde.
Dalla scrittura alle Scritture
Questo evidentemente non vuoi dire affatto sminuire l’importanza della scrittura o della stampa o dei supporti informatici. Essi sono preziosi e per tanti versi insostituibili pro-memoria, ma non costituiscono mai da soli “la memoria”. Dio ha voluto che la sua parola fosse messa per iscritto e questo evento ha originato le Sacre Scritture, attorno a cui tutti i cristiani si raccolgono in un atteggiamento di considerazione, rispetto, riconoscenza che non si può esaurire in una semplice “lettura”. L’antichità cristiana ha infatti coniato il termine “lectio divina”, una espressione latina difficile da tradurre. Ogni scritto è fatto – per definizione – per essere letto e quindi capito ed assimilato. Nel caso delle Scritture però questo processo è ancora più profondo. La Parola si è fatta carne e il cristiano sa che leggendo il libro che la contiene, deve preoccuparsi che quella parola torni ad essere carne nella sua persona e nella sua vita.
Il cuore di Maria
I cattolici hanno sempre visto nei due versetti che sono oggetto della nostra riflessione proprio il modello di questo processo. Chi meglio di Maria infatti, essendo colei che ha concepito Cristo prima nella mente e poi nel corpo, poteva sapere come accogliere e veramente ri-cordare la parola di Dio? Vediamo innanzitutto che Maria “serba” le parole, cioè le trattiene, non le lascia scappar via. Le “custodisce”. Quando una donna dal mezzo della folla che lo ascolta prorompe in una spontanea lode della mamma di un così grande maestro: «Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!» (Lc 11,27), Gesù corregge, o meglio, approfondisce la lode con queste parole: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (v. 28). Se, infatti, di primo acchito, le sue parole possono avere l’apparenza di sminuire la grandezza della Madre, esse appaiono in realtà come la spiegazione profonda della sua vera grandezza. Qui “osservano” traduce il greco fylassontes, da fylassô, che implica il concetto di “trattenere”, “custodire”, “far la guardia”. Coloro che la parola la tengono stretta e non la perdono di vista come fa una guardia riguardo a ciò che ha avuto l’incarico di sorvegliare. Maria ha trattenuto la Parola di Dio e l’ha fatta sua, così sua che in lei si è fatta carne.
E questo è rimasto il suo stile di preghiera e di vita. Questo “trattenere” e “custodire” però si prolunga in un movimento di riflessione. Maria conserva le parole “meditandole”, “symballousa”. Letteralmente le “mette insieme”, le collega, le raccoglie, le unisce.
E questo avviene nel suo cuore. Il cuore nella Bibbia è il luogo dove tutte le facoltà proprie dell’uomo trovano il loro centro, il loro punto di partenza e il loro luogo di convergenza: intelligenza, volontà, fantasia, affetti. Quelle parole che a volte possono apparire divergenti, in tensione tra di loro, devono trovare, attraverso la riflessione attenta dell’intelligenza, sotto la spinta dell’amore di Dio e del prossimo che è come l’anima di ogni parola divina, la loro profonda unità. Ecco allora che cosa veramente è ri-cordare: riporre nel cuore.
I monaci medioevali hanno elaborato uno stile di lettura della Bibbia (la lectio divina) che è indissolubilmente anche una preghiera. Le sue tappe sono la lectio, la meditatio, l’oratio e la contemplatio.
Sant’lgnazio di Loyola nei suoi Esercizi spirituali parla – nella prima settimana – di memoria, intelligenza e volontà e, a partire dalla seconda settimana, di contemplazione. Non è difficile comprendere che tutti si muovono in quella linea che ha in Maria il suo inizio e il suo modello.
IL TIMONE – N. 77 – Anno X – Novembre 2008 – pag. 60