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22.12.2024

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Natura e cultura
31 Gennaio 2014

Natura e cultura

 

 

 


C'è un progetto per cancellare la distinzione voluta da Dio tra «maschi» e «femmine». Per realizzarlo bisogna scardinare la realtà della natura umana. Offriamo uno schema sintetico per avere qualche buona idea su un tema complesso.
E per difendere la verità e la bellezza della legge naturale.


 

Alla base di molte leggi contro l'«omofobia» si può rinvenire la negazione dell'esistenza della natura umana. Alcuni affermano che non esiste una natura umana e tutto è cultura, cioè l'uomo può, a suo piacimento, plasmare, trasformare, superare, rivoltare tutto se stesso. Secondo i sostenitori dell'ideologia del gender, i generi sarebbero cinque: maschile, femminile, omosessuale, bisessuale, transgender e l'uomo sarebbe moralmente autorizzato a scegliere ed a cambiare il proprio genere.
Cerchiamo di esaminare, sia pur in modo succinto, la questione della natura umana.

1) Definizione provvisoria
Possiamo dire provvisoriamente che la natura umana è l'insieme delle caratteristiche e finalità comuni ad ogni essere umano.

2) Inesauribilità della natura umana
Chiariamo però subito che la natura umana non è mai squadernabile esaustivamente, bensì viene solo parzialmente inferita dalle attività e dalle inclinazioni dell'uomo, dalla sua esperienza di sé e del mondo, dai frutti del suo agire.

3) Accuse alla natura umana
Secondo la critica mossa da alcuni autori, la natura umana è autoritaria e aggressiva, perché nega la libertà di espressione-realizzazione, impedisce il pluralismo e la diversità, impone un unico modo di agire, nega la cultura e la storia. Per contro, come vedremo, la natura umana è proprio ciò che consente all'uomo di agire, di avere storia, cultura, sviluppo, ecc.
Del resto, non ci può essere storia dell'uomo se non c'è un insieme di caratteristiche comuni ai vari uomini che si succedono nel corso dei secoli, un insieme di caratteristiche comuni che consentono di distinguere alcuni esseri che chiamiamo uomini da tutti gli altri esseri.
Peraltro, alcune delle accuse alla natura appena menzionate trovano una qualche giustificazione come reazione ad alcune sue nozioni effettivamente criticabili, che manifestano una torsione semantica rispetto al suo significato presso Aristotele e Tommaso, a cui noi ci ispireremo.

4) Ricostruzione dei significati di natura: la «natura iniziale»
Ora, in Aristotele la parola «natura» ha molti significati. Consideriamo quelli utili ai fini del nostro discorso.
C'è una nozione di «natura iniziale», come essenza, che è principio di attività, che ha delle inclinazioni verso il bene, delle inclinazioni che dobbiamo sviluppare mediante la virtù, perché esiste anche un modo malvagio di assecondarle, un modo che porta al male.
Precisamente, la natura iniziale è l'insieme delle caratteristiche e delle potenzialità che l'uomo ha dalla nascita (e che possiede, sia pur molto meno sviluppate, fin dal concepimento). L'uomo le ha dalla nascita e, inoltre, le mantiene e le sviluppa nel corso della sua vita. Per esempio, l'uomo ha un certo DNA, un corpo con certe caratteristiche, alcune facoltà spirituali (intelligenza, volontà, ecc.) ed alcune inclinazioni. Le inclinazioni vengono, si noti bene, disattivate o deviate quando ci sono delle patologie o se l'uomo subisce dei traumi o certi condizionamenti ambientali, o se egli acquisisce dei vizi. Quanto alle inclinazioni, esse, precisamente, sono delle predisposizioni, degli ordinamenti, delle propensioni (in certi casi, ma – si noti bene anche questo – non sempre, esse comportano dei desideri), delle potenzialità verso alcuni fini-beni.

Tavola delle inclinazioni
Tali inclinazioni sono (facendo un inventario minimo):
1. l'inclinazione verso l'autoconservazione;
2. l'inclinazione verso l'unione con l'altro sesso e verso ciò che può conseguirne solitamente, cioè la trasmissione della vita, l'avere dei figli;
3. l'inclinazione verso la convivenza con gli altri, verso la socializzazione-relazione;
4. l'inclinazione verso la conoscenza della verità;
5. l'inclinazione verso la conoscenza della verità su Dio e verso una qualche relazione con Dio stesso (l'inclinazione 5 è l'unione della 3 e della 4 applicate a Dio:
parlare di Dio in un'etica filosofica non significa abbandonare la filosofia ed affidarsi alla fede. Infatti, Dio non è soltanto oggetto di fede, bensì può essere dimostrato con la filosofia, cfr. Il Timone, nn. 16 e 47. Le famose critiche di Kant alle prove dell'esistenza di Dio, infatti, sono confutabili: il discorso sarebbe lungo).
Le inclinazioni sono gerarchizzate: dalla meno specifica per l'uomo (la 1), alla più specifica (la 5). Spetta alla ragione il compito di ordinarie. Fra poco esamineremo le obiezioni di chi contesta la presente tavola.

Approfondimento sulla natura umana iniziale
Chiariti i principali elementi della natura umana iniziale, precisiamo meglio che cosa essa sia:
1) è sostanza, è ciò che "sub-sta", ciò che è permanente nella storia-vita di un uomo;
2) è il confine tra l'uomo e le sue attività, è ciò che consente di distinguerlo, di separarlo dal suo agire. Per esempio, io sono diverso dal mio scrivere, parlare, camminare, ecc.;
3) è principio dinamico, è grembo di attività, perché, grazie alla dotazione di inclinazioni, l'uomo è potenzialmente indirizzato verso alcune attività e verso alcuni beni.
In uno schema: natura ovvero (anche) inclinazioni -> attività convenienti -> finibeni appropriati.

5) Ricostruzione dei significati di natura: la «natura-fine»
Oltre al concetto di natura iniziale, in Aristotele si trova un ulteriore significato, quello di «natura-fine» (ed è quest'ultimo quello eticamente normativo): «la natura è il fine: […] ciò che ogni cosa è quando ha compiuto il suo sviluppo noi lo chiamiamo la sua natura» (Politica, 1252b 32). La natura-fine è il punto di arrivo, il traguardo di uno sviluppo virtuoso delle inclinazioni verso il bene insite nella natura iniziale. Infatti, la natura iniziale può essere sviluppata verso il meglio o verso il peggio: dunque spetta agli uomini servirsi della propria ragione e della propria volontà per indirizzare la propria natura iniziale verso un fine eccellente/malvagio. La "natura iniziale" è la costituzione originaria di un essere, la "natura-fine" è la causa finale eccellente della natura iniziale: la natura-fine include l'attuazione delle inclinazioni verso il bene, ma non di qualsiasi attuazione delle inclinazioni.

Individuazione della natura-fine
Abbiamo visto che per guadagnare in filosofia una corretta (sebbene parziale) comprensione della natura umana iniziale bisogna tematizzare le attività dell'uomo e le sue inclinazioni. Invece, per guadagnare una (sebbene parziale) comprensione della natura-fine, cioè dei fini, dell'uomo, bisogna tematizzare non già le attività dell'uomo, bensì solo le sue inclinazioni ed individuare così i fini correlativi.
Perciò il termine natura (in questo contesto):
– non designa il mondo animale, vegetale, minerale;
– non designa ciò che accade all'uomo come patologia o malfunzionamento;
– non designa tutto ciò che accade all'uomo dalla nascita (un uomo può essere cieco o sordo);
– bensì designa solo qualche aspetto di ciò che gli accade dalla nascita: i fini che gli accade di avere dalla nascita, quelli a cui, dalla nascita, lo inclinano potenzialmente le inclinazioni (salvo quando vengono disattivate perché ci sono delle patologie o se, dopo la nascita, avvengono dei traumi o se si determinano certi condizionamenti ambientai i, o se l'uomo acquisisce dei vizi).

6) Difesa della nozione di natura iniziale
6.1. Se ognuno di noi non avesse una natura iniziale sarebbe impossibile distinguerlo dalle sue attività, come abbiamo già detto.
6.2. Inoltre, non potremmo qualificare gli atti che compiamo come «nostri» o «altrui». Riflettiamo su un dato di fatto: io sono in grado di distinguere le azioni che compio, le mie azioni, da quelle che non compio, da quelle degli altri. Per es., in una libreria si compiono molte azioni, come individuare un libro sugli scaffali, pagare, ecc. Ebbene: io riesco a distinguere il mio individuare un libro, ecc. da quello di altri. Ora, se io riesco a qualificare alcune azioni come mie, vuoi dire che c'è una mia sostanza-natura-essenza, la quale è ciò a cui le mie azioni ineriscono, e, per questo, è ciò che permette di distinguere in una molteplicità di azioni quelle che sono mie, da quelle che non lo sono: cosicché la mia sostanza-natura-essenza esiste prima del compimento delle azioni, le accompagna mentre si svolgono e perdura quando esse sono terminate. E, proprio perché la sostanza-natura-essenza di ogni uomo è distinta dalle azioni, è possibile attribuire a me le mie azioni e non quelle che sono di altre persone. 0, ancora, la mia sostanzanatura-essenza è come una sorgente da cui zampilla dell'acqua: la sorgente è la fonte dell'acqua, ma non è l'acqua, e, poiché la sorgente non è l'acqua, è possibile dire che le molecole d'acqua di un fiume alla foce sono di due o più sorgenti diverse, nonostante che queste molecole d'acqua siano tra loro chimicamente identiche e si trovino le une accanto alle altre. Detto in altri termini, come è possibile distinguere un fascio (per dirla con e contro Hume) di azioni/percezioni/emozioni dagli altri fasci? La condizione di possibilità è che esista un principio che precede il fascio e a cui le azioni/percezioni/emozioni ineriscono.

7) Difesa della tavola delle inclinazioni e dell'esistenza natura-fine
Si può obbiettare, contro l'esistenza delle inclinazioni e dei relativi fini corrispondenti, che alcuni uomini avvertono una tendenza al suicidio (vs 1), all'omosessualità (vs 2), alla prevaricazione ed al sadismo (vs 3), alla mendacità (vs 4) ed all'ateismo (vs 5).
In realtà, per Tommaso, la ragione umana, purché – si noti bene – non sia influenzata dal vizio o da altri fattori, è capace di giudicare spontaneamente (senza però sapersi dare una motivazione) la bontà, rispetto a sé, delle inclinazioni che abbiamo menzionato al punto 4 e la non bontà delle tendenze che abbiamo appena menzionato in questo punto 7.
Dopodichè, il filosofo può anche fare le considerazioni che stiamo per svolgere e trovare una spiegazione, che gli consente di affermare che le inclinazioni sono verso il bene (e può così convenire con Tommaso, il quale afferma: «Dire perciò che l'inclinazione naturale non è retta, equivale a sminuire l'Autore della natura », S. Th., I, q. 60, a. 1, ad 3). Insomma, non esiste un'inclinazione che conduce al male in qualunque modo venga assecondata: un'inclinazione può condurre al male solo se viene assecondata in un certo modo.
Dobbiamo limitarci ad un ragionamento sintetico.

1. Ogni uomo sano avverte originariamente l'inclinazione all'autoconservazione. Solo in seguito può insorgere la depressione psichica, che è appunto una patologia e può comportare pulsioni suicide.
2. Nonostante le affermazioni di certa ricorrente pubblicistica, la letteratura scientifica smentisce l'esistenza di un «gene dell'omosessualità» (cfr. www.avvenireonline.itlNR/rdonlyres/99CCCF46D4464ABO9A251A2BD02C64A3/0/0903FAM1.pdf  per una breve documentazione di questa tesi).
Si può ancora replicare che, se è vero che c'è un'inclinazione all'unione con l'altro sesso, tuttavia non tutti gli esseri umani desiderano avere figli, dunque non esiste un'inclinazione alla trasmissione della vita. Si può rispondere che le inclinazioni sono predisposizioni, non sempre desideri (cfr. punto 4).
3. Non c'è un'inclinazione iniziale al sadismo (nessun bambino, all'inizio, gioisce del male altrui; semmai il desiderio sadico insorge in seguito).
Non c'è nemmeno un'inclinazione iniziale alla sopraffazione-violenza, non è vero che l'uomo è un lupo per gli altri uomini, bensì c'è un'inclinazione alla pace. Infatti, l'uomo cerca la pace, mentre invece un lupo cerca solo di sbranare gli altri. Per loro natura iniziale (tranne i casi di chi subisce – del resto appunto dopo la nascita – traumi e/o violenze, oppure di chi nasce con delle patologie) gli uomini non tenderebbero alla guerra (lo dice anche Hobbes, contrariamente all'interpretazione prevalente, cfr. M. Rhonheimer, La filosofia politica di Thomas Hobbes, Armando, 1997, p. 101 e ss.) se i beni che essi desiderano fossero abbondanti. Sennonché, la penuria può far insorgere una competizione per fruire di quei beni di cui non possono fruire tutti: dunque la tendenza alla sopraffazione-violenza è derivata, non originaria.
4. Un'eventuale inclinazione alla menzogna non contraddirebbe quella verso la verità: a volte voglio ingannare, ma non voglio per questo essere ingannato.
5. Da sempre la maggior parte degli uomini è costituita di credenti. Inoltre, chiunque (anche l'ateo) sperimenta il desiderio di un Bene Infinito, anche se non tutti gli uomini danno a questo Bene il nome di Dio.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Francesco Botturi, La generazione del bene. Introduzione all'esperienza morale, Vita e Pensiero, 2009, capp. 10 e 11.
Joseph De Finance, Etica generale, Edizioni i:3 Idei Circuito, 1967, pp. 459-478.
Julia Annas, La morale della felicità. In Aristotele e nei filosofi dell'età ellenistica, Vita e Pensiero, 1998, pp. 205-218.

 

 

 

 

 

 

Dossier: Né maschi né femmine. L’ideologia di genere

 

IL TIMONE  N. 84 – ANNO XI – Giugno 2009 – pag. 39 – 41

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