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21.12.2024

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Ma questa non è scienza
31 Gennaio 2014

Ma questa non è scienza

 

 

«Sui cambiamenti climatici sono stati i politici a creare le responsabilità umane, e anche per il buco nell’ozono forse scopriremo che l’uomo c’entra ben poco». Parla l’esperto Gianni Fochi che avverte: «La vera emergenza ambientale è il sottosviluppo».
 

 

Le stagioni non sono più quelle di una volta», e va bene. Ma da qui a lanciare continui allarmi ecologici sullo scioglimento dei poli, appelli catastrofisti sulle conseguenze del riscaldamento globale, parole d'ordine sfasciste su buco nell'ozono ed effetto serra, siamo sicuri che non ce ne corra? Ne parliamo con uno scienziato cattolico, Gianni Fochi (http://homepage.sns.it/fochi), professore di chimica alla Normale di Pisa e docente di scienze ambientali, socio fondatore dell'associazione Galileo 2001, che rivendica il ruolo della scienza nelle scelte sociali, spesso governate da terrori ingiustificati.

Professore, l'allarme sulle (vere o presunte) anomalie del clima sta crescendo nell'opinione pubblica. È un sintomo della crescente lontananza dell'uomo dalla natura, ni nel senso che non siamo più capaci di dare il giusto peso ai fenomeni meteorologici?

Oppure è una reazione irrazionale all'onnipotenza della scienza e della tecnologia?
«È vero: non siamo capaci di valutare i fenomeni meteorologici. Ogni tanto qualcuno va a rivedere gli annali climatici del passato e scopre, per esempio, che la Nasa aveva sbagliato ad additare le temperature attuali come particolarmente elevate: una settantina d'anni fa negli Stati Uniti faceva più caldo di ora. Neanche gli uragani e le alluvioni sono più frequenti e rovinosi oggi che un tempo. Il clima sta cambiando? Sembra di sì, ma sta cambiando rispetto agli anni recenti; su scala lunga, "nulla di nuovo sotto il sole", come dicevano antichi. Infatti è proprio il sole, con la variabilità ciclica dei suoi fenomeni, per i quali l'uomo non ha ovviamente nessuna responsabilità, uno dei fattori principali del nostro clima».
 

Un dato di fatto, comunque, pesa: decenni di attività industriali, esplosioni atomiche, consumismo, inquinamento, eccetera, dovrebbero pur aver disperso nell'atmosfera tonnellate di sostanze che potrebbero aver influenzato anche il clima. Non sembra uno scenario credibile?
 

"Oh, qui sì che si toccano temi in cui l'uomo è protagonista, e spesso non nel bene. Per tantissimo tempo molte attività industriali sono state condotte senza riguardi all'ambiente e alla salute. Quindi, se le associazioni ambientaliste non ci fossero, bisognerebbe inventarle per avere il pungolo necessario perché industriali e legislatori rendano più sani e compatibili con l'ambiente i processi produttivi e indirizzino i consumi verso prodotti e materiali meno nocivi. Lo dimostrano chiaramente i Paesi che sono stati a lungo dietro la cortina di ferro: in essi lo stimolo ambientalista mancava, come qualunque forma di critica popolare, sicché – mentre noi ci preoccupavamo giustamente dei gas scaricati dai nostri autoveicoli – le famigerate Trabant, le utilitarie della Germania dell'Est, disseminavano nell'aria veleni a iosa, e i nostri laghi prealpini, al cui inquinamento s'è posto rimedio con ritardo deplorevole, erano quasi acqua potabile in confronto ai grandi laghi dell'Unione Sovietica. Purtroppo però gli ambientalisti hanno combattuto e combattono pure molte battaglie sbagliate, finendo col mettere i bastoni fra le ruote del progresso tecnologico e col minacciare gravemente lo sviluppo economico dell'umanità senza ottenere effetti ecologici positivi. Per esempio, non vedo nulla di male nel godere dei "frutti della terra", cioè di tutto ciò che la natura può fornire di suo o grazie all'ingegno umano. Il vero scandalo sono gli sprechi, i consumi del tutto inutili; e qui si tocca da vicino il comportamento dei singoli. Si possono fare molti esempi di sprechi: negozi che d'estate tengono il condizionatore acceso e la porta aperta; giovani che si riempiono la bocca con l'ecologia e poi, per fare un chilometro o due, usano lo scooter anziché la bicicletta; professionisti che per gli spostamenti disdegnano il treno perfino quando è assai più comodo dell'auto o dell'aereo; impiegati che lasciano le luci accese negli uffici di sera… Ho sempre criticato tali atteggiamenti, ma non li ritengo colpevoli dei mutamenti climatici».
 

E del famigerato buco nell'ozono, lei che cosa pensa? Dello sbandieratissimo effetto serra?
«Il famoso buco nell'ozono stratosferico merita un ripensamento da parte della scienza, che forse un giorno ci dirà chiaramente se davvero l'uomo ne era responsabile. Il fatto che la situazione sia migliorata rapidamente, forse troppo rapidamente dopo il bando delle sostanze chimiche che ne sarebbero responsabili, induce qualche sospetto sulle colpe di questi composti. In ogni caso non bisogna illudersi: col passar del tempo si scoprono proprietà sgradite delle sostanze più diverse, sintetiche o naturali che siano. Ci vuole insomma molta attenzione, e solo la scienza può avvisarci di pericoli sconosciuti. Non sto dicendo che dev'essere la scienza a prender decisioni: bensì che non si possono prendere decisioni senza essere informati dalla scienza. Quanto al clima che sta cambiando, secondo il luogo comune, per l'aumento causato dall'uomo nell'effetto serra, insisto: gli scienziati autorevoli che non ci credono sono parecchi. Si dice che il protocollo di Kyoto è opera di scienziati, ma è una mezza verità: la prima bozza sosteneva che le responsabilità umane nei cambiamenti del clima non erano dimostrabili; hanno provveduto i politici a cambiare il testo».
 

Quali sono, se esistono, le vere «emergenze ambientali.. nel mondo?
«La vera emergenza è il sottosviluppo. Contrariamente a quanto si sente dire, l'esperienza insegna che l'attenzione all'ambiente aumenta insieme col progresso tecnologico e il conseguente benessere economico. La ragione è semplice: investire in paesaggi, aria, acqua puliti e cibi privi di sostanze nocive è un "lusso" che si può permettere solo chi è già uscito dalla miseria. Finché il problema è sopravvivere, non c'è altro interesse. Dov'è nato l'ambientalismo? Naturalmente nell'Occidente opulento. Dunque bisogna favorire lo sviluppo sia da noi sia nel terzo mondo; a quest'ultimo più che aiuti economici serve istruzione: l'ingegno umano è la materia prima più importante per il progresso».
 

Una cosa curiosa: la Chiesa, dipinta solitamente come «nemica.. del progresso e della scienza, tende a essere cauta sugli allarmi ambientalisti; gli scienziati invece, così fiduciosi quanto ai poteri della tecnologia, disegnano scenari da apocalisse ecologica. Come lo spiega?
«La risposta è semplice: la visione cristiana del mondo materiale ha sempre avuto l'uomo al centro. San Francesco predicò agli uccelli e scrisse quel capolavoro che è il Cantico delle Creature; prima di fuoco, acqua, sole e luna, amava però l'uomo, e profondamente: l'uomo, la più importante di tutte le creature, l'unica per la cui salvezza Gesù ha patito ed è morto. Invece l'ambientalismo estremista è ormai approdato a una sorta di neopaganesimo: alla Madre Terra viene effettivamente tributato da alcuni un culto con tanto di riti. Per gli estremisti l'uomo è il cancro del pianeta e va combattuto, o almeno ostacolato nel suo sviluppo tecnologico ed economico. Il protocollo di Kyoto andrebbe proprio in questa direzione: per fortuna non verrà applicato, neppure dagli Stati che a parole lo sostengono di più. La scienza non ha in proposito una posizione comune e consolidata: c'è qualche suo esponente che paventa l'apocalisse ecologica, ma non ne mancano altri – e anzi sono in aumento – che non accusano l'umanità e addirittura si domandano se un aumento della temperatura sarebbe davvero dannoso. Nel medioevo, quando le temperature erano più alte d'ora, in Gran Bretagna si coltivava la vite. Ci sarebbero insomma anche vantaggi, non solo svantaggi. Ecco: tutt'altro che pochi scienziati, credenti o no, si trovano sulle stesse posizioni della Chiesa in fatto d'allarmi ambientali planetari».
 

PER UNA SANA ECOLOGIA

«L’antropologia biblica ha considerato l’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, come creatura capace di trascendere la realtà mondana in virtù della sua spiritualità, e perciò come custode responsabile dell’ambiente in cui è posto a vivere. Esso gli è offerto dal Creatore sia come casa che come risorsa. È quindi ben chiara la conseguenza che discende da tale dottrina: è il rapporto che l’uomo ha con Dio a determinare il rapporto dell’uomo con i suoi simili e con il suo ambiente. Ecco perché la cultura cristiana ha sempre riconosciuto nelle creature che circondano l’uomo altrettanti doni di Dio da coltivare e custodire con senso di gratitudine verso il Creatore».
(Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al convegno “Salute e Ambiente”, Roma 24 marzo 1997).
 

Dossier: ecologia sì, ma umana

IL TIMONE – N.67 – ANNO IX – Novembre 2007 pag. 42-43

 

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