La vicenda dei preti pedofili e la Lettera del Papa agli irlandesi: una grande lezione sulla giustizia di Dio, che desidera la conversione del peccatore e non la sua condanna. Per questo tutti siamo chiamati a pregare e fare penitenza
Giustizia umana e giustizia divina: c’è una distanza abissale che emerge chiara dalla triste e dolorosa vicenda dei preti pedofili. Tra una giustizia che, nel migliore dei casi, persegue il colpevole per punirlo e una giustizia che ne desidera la conversione; tra una giustizia che sfocia inevitabilmente in giustizialismo e una giustizia che si fa misericordia.
Un esempio chiarissimo possiamo trovarlo nella lettera pastorale che il Papa ha inviato il 19 marzo scorso ai cattolici d’Irlanda a seguito dello scandalo pedofilia che in modo particolare ha colpito quella comunità. Il Papa chiede che tutta la comunità cattolica irlandese faccia un cammino «di riparazione» per «ottenere la grazia della guarigione», un anno di penitenza fino alla Pasqua 2011 secondo delle modalità prescritte. Ci si potrebbe chiedere: perché tutti i cattolici d’Irlanda in penitenza quando a commettere orribili crimini sono state alcune decine di sacerdoti? Il Papa lo spiega bene nella prima parte della lettera quando, dopo aver descritto la grandezza e la tradizione del cattolicesimo irlandese – dal monachesimo che contribuì alla evangelizzazione dell’Europa alle splendide testimonianze durante i secoli di persecuzione –, individua la radice del male attuale nell’allontanamento da Dio: il venir meno della preghiera e dei sacramenti; la graduale adozione, a cominciare da sacerdoti e religiosi, di «modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo»; il fraintendimento del Concilio Vaticano II che arriva anche a un allentamento della serietà nei criteri di ammissione di candidati al sacerdozio; la copertura degli scandali «per il buon nome della Chiesa». Tutte preoccupazioni mondane che non hanno niente a che vedere con il giudizio di Dio sul mondo. La vera ingiustizia dunque è l’essersi allontanati da Dio; il popolo irlandese ha voltato le spalle a Dio, ed è in questa situazione che sono maturati crimini orribili da parte del clero. Ecco perché tutto il popolo è chiamato a un cammino di penitenza: la vera giustizia è tornare a Dio, la giustizia di Dio coincide con la conversione. Così anche da un male come quello attuale, può nascere un bene per tutti.
Questo cammino non esclude la giustizia umana. Al contrario: la include, ma la supera; non si ferma alla condanna ma indica una speranza. Il Papa chiede che chi è responsabile di crimini paghi secondo la giustizia umana, ma carcere, risarcimento danni e dimissione dallo stato clericale sono un niente davanti a ciò che potrebbe accadere di fronte al Giudice Supremo: «Dovete rispondere di ciò davanti a Dio Onnipotente», avverte Benedetto XVI. Per questo il Papa chiede il riconoscimento della gravità delle colpe e il pentimento sincero che «apre la porta al perdono di Dio e alla grazia del vero emendamento»: «La giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla», dice nella Lettera. “Preghiera e penitenza” è la medicina per accedere alla misericordia di Dio. Allo stesso modo, c’è una speranza per le vittime degli abusi, che sta nell’identificazione con Gesù Cristo, «egli stesso vittima di ingiustizia e di peccato».
Il risarcimento e la punizione dei responsabili, pur doverosi, non possono sanare le ferite inferte, soltanto nell’appartenenza alla Chiesa – «purificata dalla penitenza e rinnovata nella carità pastorale» – è possibile «riscoprire l’infinito amore di Cristo per ciascuno di voi».
Se c’è una cosa che emerge con chiarezza in questa Lettera pastorale è la sollecitudine del Papa perché nessuno vada perduto, perché tutte le anime siano salvate. Ed è la stessa sollecitudine che emerge da un altro caso che ha occupato la cronaca nelle scorse settimane: quello del prete americano padre Lawrence Murphy, responsabile di abusi nei confronti di decine di ragazzi di una scuola per sordi a Milwaukee (Wisconsin) tra il 1950 e il 1974. Un caso che è stato usato strumentalmente per attaccare direttamente il Papa; ma dai documenti, resi pubblici dal New York Times, oltre all’inconsistenza delle accuse contro l’allora cardinal Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, spicca l’atteggiamento di monsignor Tarcisio Bertone, segretario della stessa Congregazione (e oggi cardinale segretario di Stato vaticano). Indicative in particolare le minute dell’incontro tenutosi in Vaticano il 30 maggio 1998 tra Bertone e i vescovi americani interessati alla vicenda. Il sacerdote responsabile degli abusi, gravemente malato, era ormai vicino alla fine dei suoi giorni (in effetti sarebbe morto meno di tre mesi dopo), la giustizia umana – compreso il tribunale ecclesiastico – non avrebbe potuto fare molto contro di lui. Ma Bertone, oltre ai provvedimenti necessari per riparare al male commesso, chiede ai vescovi soprattutto una cosa: «Un’azione decisa per ottenere il pentimento del sacerdote, inclusa la minaccia di dimissione dallo stato clericale».
Sarebbe dovuto comparire da lì a poco davanti al tribunale di Dio, si faccia di tutto per salvare la sua anima: la punizione umana (la dimissione dallo stato clericale) sia usata a questo scopo.
Si tratta di un atteggiamento, di uno sguardo alla realtà delle miserie umane, che in un primo momento potrebbe lasciarci perplessi, abituati come siamo al giustizialismo dei tempi nostri. Ma in realtà è l’unica speranza che abbiamo. Perché siamo tutti peccatori, siamo tutti traditori di Dio, e l’unica speranza della nostra vita sta nella Misericordia di Dio che si commuove per il nostro niente, che si muove a pietà per il nostro tradimento.
Un’ultima notazione va fatta a questo proposito: siamo abituati a pensare che i nostri peccati, i nostri limiti, siano un’obiezione al manifestarsi della gloria di Dio. Ma non è così: la potenza di Dio si manifesta nel mondo attraverso i nostri limiti, non malgrado i nostri limiti: «Quando sono debole è allora che sono forte per Cristo», dice San Paolo (2 Cor 12,10). La santità della Chiesa non consiste nel comportamento moralmente irreprensibile dei suoi membri, ma nella Grazia di Dio. E meno male, perché altrimenti non ci sarebbe speranza per noi, non solo per i preti pedofili. Perché ognuno di noi è pieno di debolezze. Con ciò non si giustifica il peccato o lo scandalo, ma ci si mette nella giusta prospettiva per superarlo: non il crucifige contro il reo, ma richiesta del dono della conversione, per il reo e per noi. Con la preghiera e la penitenza, come ha chiesto Benedetto XVI.
RICORDA
«Noi ci stringiamo intorno a Lei». «Le siamo profondamente grati per la fortezza d’animo ed il coraggio apostolico con cui annunzia il Vangelo di Cristo». «È con Lei il popolo di Dio che non si lascia impressionare dal “chiacchiericcio” del momento, dalle prove che talora vengono a colpire la comunità dei credenti». «Con Lei sono i Cardinali, Suoi collaboratori nella Curia Romana. Con Lei sono i Confratelli Vescovi sparsi per il mondo, che guidano le tremila circoscrizioni ecclesiastiche del pianeta. Sono particolarmente con Lei in questi giorni quei quattrocentomila sacerdoti che servono generosamente il popolo di Dio, nelle parrocchie, negli oratori, nelle scuole, negli ospedali e in numerosi altri ambienti, come pure nelle missioni, nelle parti più remote del mondo». «Noi pregheremo per Lei, perché il Signore, Buon Pastore, continui a sostenerla nella Sua missione a servizio della Chiesa e del mondo».
(Card. Angelo Sodano, Messaggio di auguri rivolto a Papa Benedetto XVI, San Pietro, domenica di Pasqua 2010).
DA NON PERDERE
AA.VV, Indagine sulla pedofilia nella Chiesa. Il diavolo insegna in seminario?, Fede & Cultura, Verona 2010.
Da tempo i media insistono sullo stesso tema: la pedofilia nella Chiesa. Sembra che la Chiesa cattolica sia divenuta il luogo per eccellenza degli abusi sui minori. Notizie di 20-30-40 anni fa vengono lanciate e rilanciate, così da creare un effetto devastante. Il cittadino medio viene convinto del fatto che i sacerdoti siano anzitutto dei molestatori.
Ma cosa è successo veramente? Quanti sono i casi di pedofilia nella Chiesa? E nella società? Chi ha interesse ad infangare la Chiesa, ignorando qualsiasi obiettività e costruendo una incredibile montatura mediatica, con secondi fini inconfessati?
Francesco Agnoli, Lorenzo Bertocchi, Giuliano Guzzo, Massimo Introvigne e Luca Volontè, hanno voluto raccontare i fatti in un opuscolo da diffondere e far conoscere.
IL TIMONE N. 93 – ANNO XII – Maggio 2010 – pag. 14 – 15