Gesù non ha scritto niente. Come era abituale ai suoi tempi, ha comunicato il suo messaggio con la predicazione orale, che era in lingua aramaica, molto simile all’ebraico, la lingua scritta, ufficiale. L’aramaico è comunque una variante dialettale dell’ebraico, al punto che il Nuovo Testamento usa l’unico termine «ebraico» anche per l’aramaico. I discepoli, per diffondere in tutto il mondo il messaggio del Maestro, lo tradussero in greco, la lingua parlata in tutto il Mediterraneo.
Ma quanti e quali tracce sono rimaste ancora oggi, nei Vangeli, della sua origine aramaica? Dove si trovano e, soprattutto, che cosa significano? Sul Timone di giugno il professor Marco Fasol, studioso e autore di vari libri sulla storicità di Gesù, ricostruisce in modo ricco e avvincente il sottostrato aramaico del Nuovo Testamento, evidenziando non solo nei termini, ma anche nello stile evangelico un evidente sforzo di riferire con precisione quella che fu la predicazione del Figlio di Dio.
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