Forse il momento più buio e drammatico della storia della Chiesa moderna.
Pressato da governi massonici e “illuminati”, un Papa cede e scioglie l’ordine religioso composto da uomini che si erano votati alla sua obbedienza.
Durerà quarant’anni.
La soppressione della Compagnia di Gesù (Societas Jesu) da parte della Santa Sede, avvenuta nel 1773, fu la più clamorosa e gravida di conseguenze fra tutte le soppressioni di grandi ordini cattolici. Approvata nel 1540, essa era divenuta l'Ordine più attivo, creativo e potente della cristianità, colonna portante dell'applicazione dei decreti del Concilio di Trento (1545-1563) e instancabile fucina di santi e missionari. Sostenuti da una crescita impetuosa, i Gesuiti diffusero le loro attività educative, pastorali e missionarie in tutti gli angoli del mondo stabilendo decine d'università e centinaia di scuole. Il loro fondatore, sant'lgnazio di Loyola (1491-1556), grande mistico, seppe armonizzare contemplazione e azione donando alla Compagnia la sua vera forza, gli Esercizi spirituali. Straordinario fu anche l'impegno culturale di quest'organizzazione, che selezionava con rigore i suoi membri e li formava con un percorso severissimo. Come risultato la Compagnia guadagnò un tale prestigio culturale da attrarre grandi personalità di intellettuali e scienziati, impegnati in ogni campo dello scibile.
Sin dal Seicento i Gesuiti furono l'obiettivo di polemiche durissime, accusati, spesso ingiustamente, di ricorrere all'uso spregiudicato del potere. Si criticava il loro progetto di creare una società integralmente cristiana attraverso il controllo dell'educazione e delle pratiche devote. Ma la vera ragione dell'odio contro i Gesuiti fu la loro crescente influenza, che sottraeva spazio alla nobiltà e alle nuove professioni liberali; queste due classi, del resto, erano sempre più esposte all'influsso di filosofie illuministe e massoniche, e rinfocolavano la loro avversione anche con giustificazioni ideologiche. Furono loro che, coalizzate, nel segno dell'illuminismo, prepararono nel segreto delle corti europee un grande colpo di mano ai danni della Compagnia.
Attorno alla metà del XVIII secolo, l'Europa fu inondata di libelli e pamphlet che accusavano i padri gesuiti di fanatismo, di arretratezza, di mantenere un'innaturale alleanza fra il trono e l'altare, di controllare il popolo con la superstizione e il timore dell'inferno, d'occuparlo, infine, con inutili devozioni. Nel nome del progresso e della civiltà, si invitava a combattere l'influsso gesuitico con tutti i mezzi. L'attacco ideologico e propagandistico fu durissimo e spesso manovrato dai Paesi protestanti, l'Inghilterra soprattutto, dove i Gesuiti erano stati oggetto di massacri sin dal Cinquecento.
Il primo a muoversi risolutamente fu il marchese de Pombal (1699-1782), cancelliere "illuminato" del Portogallo, deciso ad ampliare il proprio potere a scapito dei figli di sant'lgnazio. Fu lui ad orchestrare una campagna che accusava i Gesuiti delle più sinistre manovre e delle depravazioni più terribili, riuscendo a farli cacciare dal regno nel 1762. Pochi mesi più tardi, essi furono espulsi anche dalla Francia e da tutte le sue colonie. Fu poi la volta della Spagna. Qui l'occasione si presentò con la cosiddetta "rivolta dei cappelli" nel 1767 . A Madrid, si era diffusa la moda dei cappelli a larghe tese. Quando furono proibiti per motivi di ordine pubblico (i delinquenti potevano camuffarsi più facilmente), il popolo si mostrò contrariato, e un giorno, a migliaia, si presentarono davanti al palazzo reale indossando i cappelli in aperta sfida al divieto. Il re Carlo III s'affacciò al balcone promettendo che avrebbe ritirato il decreto, ma la folla non se ne andava. Fu così chiamato l'esercito che si dispiegò di fronte al muro di gente rendendo quasi inevitabile un bagno di sangue. Fu allora che un gruppo di Gesuiti s'avvicinò ai capi della folla minacciosa convincendoli a desistere. Anziché apprezzare il gesto, il re e i suoi consiglieri "illuminati" sospettarono che la rivolta fosse stata preparata proprio dai figli di sant'lgnazio. Diede così facoltà all'astuto primo ministro Pedro Pablo Aranda (1719-1798), massone e ammiratore dei philosophés, di macchinare un'implacabile repressione. La notte del 2 aprile 1767, seimila Gesuiti furono arrestati, imbarcati nelle stive delle navi da guerra e deportati nello Stato della Chiesa, mentre i loro beni venivano confiscati. Carlo III chiese poi a tutti i rami della propria famiglia, sparsi nelle corti d'Europa, di fare altrettanto. Obbedirono i Borboni di Parma e di Napoli e, pur malvolentieri, l'imperatrice Maria Teresa d'Ausburgo (1717-1780).
Con il 1773 l'epurazione era compiuta quasi ovunque, sempre appoggiata dalla parte "illuminata" della nobiltà. Facevano eccezione gli Stati acattolici, come la Russia e la Prussia, dove non si vedeva motivo di eliminare le ottime scuole gestite dai padri, che non gravavano sulle casse dello Stato.
Per ultima, seguì la presa d'atto del papa Clemente XIV (1769-1774) che, per venire incontro alle richieste di principi 6 re, e per non turbare gli equilibri politici, sciolse l'Ordine quello stesso anno, il 21 luglio, con il breve Dominus ac Redemptor.
La soppressione dell'Ordine che era stato per secoli un argine formidabile a difesa della cattolicità avvenne in un momento delicatissimo, quando le forze intellettuali e sociali nemiche della Chiesa erano ormai sul punto di coalizzarsi. La rete di case di esercizi, di seminari, di scuole e università dei Gesuiti aveva contribuito alla formazione della società civile cattolica e delle sue élite. La perdita lasciò sguarnite le corti, le università e i luoghi della cultura. Esistevano altri, validissimi, ordini cattolici, ma i Gesuiti erano particolarmente efficaci perché da sempre addestrati alla difesa militante della Chiesa e fedeli, per il voto particolare di obbedienza al Papa, il "quarto voto". Nei quindici anni successivi alla soppressione, l'illuminismo ateo e radicale si diffuse velocemente in molte nazioni cattoliche, incontrando una resistenza ormai indebolita. Se allo scoppio della Rivoluzione francese prevalsero le fazioni più radicali che portarono ai massacri della Vandea, al Terrore, alla scristianizzazione della Francia, forse la ragione va cercata anche nella soppressione della Compagnia e nel vuoto che aveva lasciato. Quando il governo rivoluzionario decise di esportare la rivoluzione, le prerogative della Chiesa furono colpite ovunque. Nel 1798, cacciato il Papa, fu stabilita persino un'effimera Repubblica a Roma. Soltanto allora, di fronte al significato simbolico di questo evento, molti compresero quale tragico errore era stata la soppressione della Compagnia di Gesù.
Durante i quarant'anni della soppressione (1773-1814) molti ex Gesuiti tramandarono lo spirito della Compagnia aspettando la revoca dell'ingiusto provvedimento. Una parte di loro si era rifugiata in Russia, altri restarono in Francia, in Spagna, in Italia, come sacerdoti secolari, dove fondarono sodalizi segreti per opporsi, sul piano spirituale e culturale, alle forze della Rivoluzione; gli allievi dell'ex Gesuita Nikolaus Diessbach (1732-1798), per esempio, operarono a Parigi negli anni peggiori della Rivoluzione. Alcune congregazioni, come i Péres de la Foi di padre Picot de Cloriviére (1768-1826), riprendevano i costumi dell'Ordine in attesa del suo ripristino. Clorivière fece un'instancabile opera di testimonianza e formazione di giovani sacerdoti nello spirito di Ignazio. Lui fu incaricato di riorganizzare la Compagnia quando, nel 1814, papa Pio VII la ripristinava con la bolla Sollicitudo Omnius Ecclesiarum.
Quarant'anni sono molti nella vita di un ordine religioso, la rinascita sarà difficile e i Gesuiti verranno ancora attaccati e perseguitati. Ma la Compagnia tornerà a vivere alla luce del sole.
BIBLIOGRAFIA
René Fülöp-Miller, Segreto e potenza dei Gesuiti, Tea, 1997.
Alberto Torresani, Storia della Chiesa, Ares, 2006.
IL TIMONE N. 72 – ANNO X – Aprile 2008 – pag. 28-29