La musica è forse l’arte che più di tutte tocca le corde profonde delle emozioni, che avvicina alla comprensione dell’Onnipotente, a volte più dello scritto e della parola. Molti capolavori musicali sono una vera porta verso il Cielo.
All'ascolto del celeberrimo Miserere di Gregorio Allegri è difficile non rimanere impressionati, commossi, rapiti e avvinti da queste melodie che sanno di eternità e mistero. Il coro, nelle risposte ai versetti del Cantico di Zaccaria, raggiunge una lievità di suoni, una purezza e un nitore difficilmente comparabili.
Musica e liturgia qui si fondono in maniera perfetta in occasione della Settimana Santa e diversi osservatori del passato delle liturgie in San Pietro – Mozart, Goethe, Madame de Stael, Mendelssohn – non mancarono di raccontare la loro meraviglia, il loro trasporto emotivo. La musica è forse l'arte che più di tutte tocca le corde profonde delle emozioni, che avvicina alla comprensione dell'Onnipotente.
Sono tanti, troppi i capolavori scritti nei secoli che sono una vera porta verso il Cielo. Per non citare i più famosi, sarebbe doveroso per tutti conoscere la bellezza di un capolavoro quale l'Ave Maria scritta da Guillaume Bouzignac. Qui, in questo breve brano musicale, viene reso in maniera plastica, evidente e tangibile lo splendido dialogo tra l'angelo Gabriele e la Vergine: la voce solista del soprano annuncia il Mistero ineffabile di cui la Vergine sarà portatrice. La risposta del coro è modulata sulle emozioni che la giovane prova davanti a questo annuncio così sorprendente. E il finale, il «Fiat Mihi», di Maria, nasconde al suo interno quella luce, quell'abbandono vertiginoso della Vergine alla volontà di Dio, che solo opere come quelle realizzate dal Beato Angelico sono riuscite a rendere evidente.
La musica ha il dono di trasmettere emozioni che non sempre è possibile trasferire nello scritto e nella parola. Nei secoli, diversi artisti si sono cimentati nella composizione di brani di musica sacra. Chi ispirato da una fede autentica: basti solo pensare al sommo Bach, che amava vergare ogni sua opera con la sigla SDG, cioè "Soli Dea Gloria" (solo per la gloria di Dio); o artisti la cui fede non era tra le più accese: basti pensare allo Johannes Brahms di Un Requiem tedesco; oppure la cui musica sacra ha sopraffatto lo scopo per la quale era stata scritta: e il pensiero corre alla Missa Solennis di Beethoven. Ma in tutti questi autori è difficile non cogliere la tensione, l'anelito di volersi confrontare con un mistero non sempre definito.
Non sta a noi giudicare la ricerca di un uomo e la sua fede. Non necessariamente dobbiamo ritenere musica sacra solo una Messa, un Mottetto, una Passione. Specie nella nostra epoca contemporanea, abbiamo prove di opere musicali che ci avvicinano a Dio, tanto che alloro interno, nella loro filigrana più intima, è possibile cogliere un richiamo mistico alle grandi tradizioni medievali ed anche ortodosse.
È il caso del compositore contemporaneo Arvo Parto. I suoi canoni, i suoi Fratres, la Summa, per non dire della splendida Festina lente e del Cantus in memory of Benjamin Britten, sono non solo opere di grande precisione, di cesello e di perfezione che lasciano attoniti, ma sono anche musiche che V irrompono, che provengono, che propagano dal Mistero, ne sono parte viva, evidente. È possibile cogliere in queste composizioni la pace, la contemplazione, le atmosfere rarefatte e il silenzio (anche la musica può essere parte del silenzio e non è un controsenso), contro il vuoto assordante che ci avvolge. Sono le stesse sensazioni che si vivono ascoltando ad esempio il finale della Sinfonia numero nove di Gustav Mahler o Il Sogno di Geronzio di Elgar. È quel richiamo impalpabile all'Eterno, quell'aprire la mente, il cuore e ogni sensazione all'amore di Dio.
RICORDA
«Abbiamo avuto la gioia di ascoltare con attenta partecipazione impegnativi brani concertistici […]. Questo fatto introduce alla considerazione del valore spirituale dell'arte musicale, chiamata, in modo singolare, ad infondere speranza nell'animo umano, cosi segnato e talvolta ferito dalla condizione terrena. Vi è una misteriosa e profonda parentela tra musica e speranza, tra canto e vita eterna: non per nulla la tradizione cristiana raffigura gli spiriti beati nell'atto di cantare in coro, rapiti ed estasiati dalla bellezza di Dio». (Benedetto XVI, Discorso dopo il Concerto offerto dal Presidente Giorgio Napolitano in occasione del III anniversario di pontificato, 24 aprile 2008).
Dossier: La vera arte: Splendore di Dio che sospinge verso il cielo
IL TIMONE – N. 77 – Novembre 2008 – pag. 46