Nel bel mezzo della rivoluzione sessantottina, gli psichedelici divennero un fenomeno di massa e coinvolsero decine di milioni di giovani. Ai quali veniva assicurata la vera felicità. Era una menzogna. E ancora oggi ne paghiamo i danni
Il consumo dell’oppio e della cannabis tra gli intellettuali e gli artisti con lo scopo di incrementare la creatività ha origini già dal Settecento. Gli oppiomani credevano di vivere in perfetta comunione con la natura e abbracciavano spesso forme di spiritualità panteistica. Anche in base a queste esperienze, filosofi e psicologi positivisti sostennero, più tardi, che gli stati unitivi ed estatici erano una risposta chimica a determinate sollecitazioni e che potevano essere indotti dall’assunzione di droghe. Quando si nega che la mediazione fra l’uomo e Dio debba passare attraverso i sacramenti e la preghiera, una delle possibili vie che si presentano per sostituire il vuoto è la droga. Essa surroga il sentimento d’armonia donato dalla pratica religiosa e può creare una sensazione simile all’estasi. La droga insidia l’equilibrio spirituale a causa dell’erronea equivalenza fra le intossicazioni e gli effetti della pratica religiosa (pace interiore, letizia ecc.), un’equivalenza falsa ma che viene riaffermata con compiacimento da educatori e comunicatori in cattiva fede. Come si è arrivati a stabilire tali false equivalenze che hanno reso socialmente accettabile l’uso della droga nel secolo scorso? Vediamo di ripercorrere brevemente questa storia.
Questa tendenza si rafforzò allorché, a partire dagli anni Venti del secolo scorso, furono sintetizzate una serie di sostanze chiamate psichedelici o allucinogeni, come la mescalina (sintetizzata a partire dal cactus peyote), l’LSD (presente in un fungo parassita della segale cornuta) e la psilocibina (dai funghi psilocybe usati nei riti delle culture centroamericane).
Le esperienze che queste sostanze, con varie sfumature, inducono in chi le ingerisce sono state paragonate agli stati unitivi della tradizione spirituale cristiana. Sulla base di esperimenti condotti con gli psichedelici, numerosi psicologi e intellettuali di formazione agnostica, già portati ad interpretare in modo materialistico l’antropologia spirituale, argomentarono che la religione rivelata altro non è che una sovrastruttura e una falsa interpretazione di risposte biochimiche.
Altri arrivarono ad affermare che, grazie alle droghe, si poteva ottenere una gnosi diretta e sperimentata del divino, pari a quella ottenuta per via “naturale”, se non superiore in quanto facilmente riproducibile. Quest’interpretazione degli effetti delle sostanze psichedeliche sulla psiche – comune fra gli scienziati evoluzionisti – ispirò un attacco senza precedenti, un attacco che si voleva “scientifico”, alla teologia spirituale cristiana e alla teologia dell’incarnazione. Con la giusta dose di pillole, affermavano, sarebbe possibile conseguire un’armonia pari a quella donata da una fede profonda e addirittura conoscere “sperimentalmente” Dio. Secondo tale visione, le droghe psichedeliche potrebbero eliminare temporaneamente il diaframma che separa la coscienza ordinaria dal divino e dalla sperimentazione diretta di Dio. Che tale interpretazione sia erronea è dimostrato, tra l’altro, dal fatto che il sentimento di unità ed armonia finisce con l’effetto della sostanza, e che la coscienza dell’intossicato non venga realmente trasformata, elevata, ricondotta ad una spiritualità autentica e alla pratica religiosa, per non dire sacramentale. Chi assume droghe allucinogene non diviene, per questo semplice fatto, “più spirituale”.
La riflessione teorica avviata sugli effetti degli psichedelici e la contestuale diffusione di tali sostanze segnarono una tappa della scristianizzazione della società occidentale negli anni Sessanta. L’impiego degli allucinogeni si concentrò in particolare sull’LSD (acido dietilamide) sintetizzato dalla farmaceutica Sandoz nel 1938 durante una ricerca farmacologica. L’LSD, diffuso con il marchio Delysid, si rivelò una sostanza capace di sconvolgere la percezione della realtà, e di donare l’impressione di vivere un’esperienza mistica. Gli psichedelici (cioè “rivelatori della psiche”) furono diffusi inizialmente nell’ambito di programmi sperimentali che coinvolsero centinaia d’istituzioni accademiche negli Stati Uniti, Canada ed Inghilterra. Per scopi scientifici decine di migliaia di persone, soprattutto giovani – soldati, detenuti e studenti – furono esposte a queste nuove, potenti droghe, che costavano poco e potevano essere prodotte in grande quantità. L’interesse scientifico fu inizialmente ispirato alla possibilità di condizionare le menti di soldati e agenti segreti, un’applicazione che però si rivelò poco promettente. Tuttavia questi stessi esperimenti, militari e civili, diffusero, per lo più inavvertitamente, la sostanza in modo epidemico all’interno delle comunità giovanili. Negli stessi anni, migliaia di psicologi, psichiatri e psicanalisti, in gran parte attivi sul suolo americano, adottarono l’LSD e la mescalina come farmaci sperimentali per curare l’alcolismo, i disordini dell’umore e i comportamenti devianti in genere. La teoria sosteneva che “l’esperienza picco” (peak experience), unitiva e misticheggiante, indotta dalla droga potesse riorganizzare la personalità malata, guarendola.
Per altri intellettuali, come lo scrittore inglese Aldous Huxley, gli psichedelici diventarono qualcosa di più importante di un semplice strumento di cura. Essi li giudicarono capaci di curare l’ansia di vivere. Huxley si dedicava da decenni alla meditazione orientale alla ricerca dell’”illuminazione”. Dopo aver provato la mescalina, espose l’idea che la religione fosse una pallida imitazione dell’estasi chimica nel libro Le porte della percezione (1954). In seguito, nel romanzo L’isola (1963), sostenne l’uso educativo delle droghe anche per i più giovani. Ormai socialmente accettate, le droghe psichedeliche dilagarono tra i personaggi del jet-set, gli attori, gli scrittori e i giovani in età scolare.
Timothy Leary, un professore di psicologia, avviò un progetto sperimentale che fece parlare i giornali di tutto il mondo rendendo celebre la psilocibina. A Millbrook, vicino New York, fondò una comune ispirata agli scritti di Huxley dove tutto ruotava attorno all’LSD, ”nuovo sacramento”. Millbrook divenne così meta di pellegrinaggio per quanti intendevano raggiungere “la verità” o conseguire “la visione beatifica” inghiottendo qualche capsula. Ma si fece di più: in alcune celebri università furono organizzati esperimenti per provare che l’esperienza indotta dagli psichedelici era “più spirituale” di quella naturale. Questo fu lo scopo dell’esperimento del giorno di Pasqua del 1963, condotto in una chiesa del complesso universitario di Harvard, la Marsh Chappel, da un gruppo di psicologi e teologi liberali. Intanto, il “movimento hippy” portò la rivoluzione psichedelica nelle strade, fra milioni di giovani e adolescenti. Haight-Ashbury, un quartiere di San Francisco, si popolò di giovani che stabilirono un’economia basata sugli allucinogeni. Qui fu celebrata, nell’estate del 1967, la Summer of Love, un raduno per celebrare la nascita della “Nuova Era”. Nel dibattito che imperversò sui media, l’attacco alla religione cristiana divenne comune; l’argomento più usato era proprio la presunta capacità degli psichedelici di sostituire preghiere ed estasi.
Nel giro di pochi anni, e prima che fossero ufficialmente proibiti (ma di fatto tollerati), gli psichedelici divennero un fenomeno di massa e coinvolsero decine di milioni di giovani. Peraltro, le percezioni psichedeliche sembravano confermare la giustezza dell’impostazione gnostica e orientale.
In tal senso si potrebbe affermare che il movimento psichedelico (che ebbe, ed ancora ha, riviste, fondazioni, luoghi d’incontro e sostenitori facoltosi) sia stato un’ondata carismatica, una specie di parodia pentecostale. Quando la sua marea si ritirò, il New Age e i movimenti del potenziale umano acquistarono una forza e una diffusione inedita e la droga era divenuta una delle vie di conoscenza accettate, come negli antichi culti estatici e dionisiaci. Oggi, una potente lobby di legislatori e scienziati chiede la liberalizzazione di nuovissime e potenti sostanze. Non sono più chiamate psichedeliche ma enteogene (cioè “rivelatrici del divino interiore”). Il che dimostra che la rivoluzione psichedelica è stata, fondamentalmente, una delle forme più insidiose della gnosi di ritorno e che non si è ancora conclusa. Come dimostra l’enorme diffusione fra i giovani di enteogeni quali l’Ecstasy.
DA NON PERDERE
Mario Arturo Iannaccone, Rivoluzione psichedelica. La CIA, gli hippies, gli psichiatri e la rivoluzione culturale degli anni Sessanta, Sugarco, 2008, pp. 400 € 25,00.
Rivoluzione psichedelica è una storia delle droghe nel Novecento che ha ricevuto molta attenzione e critiche unanimenente positive. Con tono narrativo, il libro racconta come e perché psichiatri, psicanalisti e scrittori “progressisti” nell’America e Inghilterra degli anni Cinquanta e Sessanta (prima di esportare l’infezione in gran parte del mondo) incominciarono a promuovere l’uso delle nuove droghe, arma culturale e sostituto dell’esperienza religiosa. Con lo scopo esplicito di creare una nuova generazione di persone libere da condizionamenti e slegate dal passato.
IL TIMONE N. 89 – ANNO X II – Gennaio 2010 – pag. 50 – 51