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22.12.2024

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La California salva la famiglia
31 Gennaio 2014

La California salva la famiglia

 

 

 

 

L'analisi dei referendum su vita e famiglia svoltisi durante le elezioni Usa del 4 novembre scorso. Dai risultati sorprendenti. Soprattutto per la storica sconfitta del movimento gay in California.

Il 4 novembre 2008 si sono celebrate le elezioni per la designazione del 440 presidente degli Stati Uniti d'America. Scegliendo il candidato del Partito Democratico, Barack Hussein Obama, gli americani hanno contemporaneamente confermato, anzi aumentato, il controllo Democratico del Congresso (dove si è votato per il rinnovo di tutta la Camera dei deputati e di circa un terzo del Senato) e il numero di governatori degli Stati componenti l'Unione nordamericana espressi da quel partito. Un "monocolore Democratico", insomma, che ha visto prevalere la formazione che, tra le due protagoniste della vita politica federale statunitense, presenta maggiori inclinazioni al progressismo ideologico e morale.
Se non è infatti automatico dire (né a un esame delle sue origini storiche, né a un attento scrutinio del suo "DNA" culturale) che il Partito Democratico sia la "sinistra" della politica statunitense, è però incontestabilmente vero affermare che sia facile (oggi più facile, addirittura consueto, anzi una costante, persino un "classico") trovare in esso esponenti che vengono schierati (o addirittura promossi, se non persino premiati) proprio in ragione del loro progressismo.
Il contrario avviene invece nel Partito Repubblicano, che, specularmente (anch'esso per ragioni storiche e per "DNA" culturale) non è certo un partito automaticamente conservatore, ma che oggi (soprattutto oggi) si mostra certamente "più conservatore" della media dei Democratici.

 

Psicologia e propaganda
Tutto farebbe dunque pensare a un forte spostamento "a sinistra", in senso politico ma soprattutto morale, degli Stati Uniti, data la propensione dei Democratici eletti a posizioni culturali di tipo relativistico.
In certa misura ciò è vero per quanto riguarda una parte importante dell'elettorato che il 4 novembre ha votato (negli Stati Uniti è infatti assai diffuso il non-voto, praticato soprattutto da quei conservatori che non si sentono rappresentati dai Repubblicani in lizza), ma vi sono alcune forti contraddizioni.
Contemporaneamente alle elezioni per la presidenza e il Congresso federali, e per un certo numero di governatori, il 4 novembre si sono infatti celebrate anche molte consultazioni amministrative a livello di singoli Stati, più un numero cospicuo di referendum, alcuni dei quali relativi a istanze altamente sensibili dal punto di vista etico: cioè riguardanti l'aborto, la ricerca sulle cellule staminali embrionali umane, l'eutanasia e le unioni civili fra persone omosessuali.
Nei tre Stati interessati da referendum sull'aborto, California, Colorado e South Dakota, il fronte pro-life ha perso. Nel Michigan ha vinto il referendum che consente la ricerca sulle staminali embrionali umane. E nello Stato di Washington ha vinto il referendum a favore di una forma di eutanasia.
Vanno però considerate alcune "attenuanti". Gran parte del successo di queste consultazioni si deve alla formulazione dei quesiti referendari. Proporre la «morte dignitosa», come è stato fatto nello Stato di Washington, in alternativa positiva al «suicidio assistito», è cosa che esercita indubbie pressioni psicologiche capaci d'influire sensibilmente sulle urne. Quanto alle cellule staminali embrionali umane, molti percepiscono – purtroppo – la questione come "meno grave" dell'aborto. Le staminali, persino l'embrione, "non si vedono", la loro distruzione è meno "appariscente": è quindi "più facile", anche se evidentemente triste, che molti osservino un tetro "due pesi, due misure" rispetto all'aborto. Inoltre, proporre la ricerca sulle staminali "per scopi medici", come fatto in Michigan, esercita ancora una volta forti effetti psicologici capaci davvero d'influenzare il voto.
Si dirà però che anche i referendum sull'aborto sono stati sconfitti. È vero. È vero, ma anche qui molto è certamente dipeso dai quesiti. I tre referendum sull'aborto del 4 novembre chiedevano di accorciare i termini di tempo entro cui è consentito praticare legalmente un aborto, non l'abolizione dell'aborto. Cosa evidentemente buona e giusta, giacché comporta certamente la riduzione del numero degli aborti e ostacola la diffusione della mentalità aborti sta, ma poco gradita ai "duri" dell'antiabortismo, i quali, mirando alla cancellazione immediata e diretta dell'interruzione volontaria della gravidanza, giudicano il gradualismo un compromesso inaccettabile e finiscono oggettivamente per favorire gli avversari.

 

Le unioni omosessuali
Non sono, queste, scuse o giustificazioni, ma solo il tentativo d'interpretare un voto che altrimenti apparirebbe schizofrenico.
114 novembre, infatti, tre referendum in altrettanti Stati dell'Unione hanno eliminato ogni possibilità d'introdurre nel proprio ordinamento giuridico la liceità dell'unione civile fra persone omosessuali. E questo con un provvedimento tanto netto e inequivocabile quanto lo è l'introduzione nella Costituzione di ciascuno di detti Stati (ogni Stato dell'Unione nordamericana possiede una Costituzione statale propria) di un emendamento che ribadisce positivamente che il matrimonio è solo quello monogamico fra un uomo e una donna. Si è votato così in Arizona, in Florida e in California, rispettivamente con il 56,4% dei consensi, con il 52,2% e con il 62,1 %. Risultati, questi, assai significativi e dal peso specifico enorme.
In questo caso, infatti, di fronte a materia non solo grave ma pure visual (come dicono gli statunitensi), addirittura graphic (se si pensa alle manifestazioni pubbliche tipo le parate del cosiddetti "Gay Pride"), cose cioè che si vedono quotidianamente per le strade, ostentate con sicumera anche di fronte ai minori e ai piccoli – quindi oggettivamente scandalose -, e magari pure poi portate nelle scuole (s'immagini il professore che si presenti alle feste comunitarie con il consorte dello stesso sesso, o agli asili dove la maestra può "fidanzarsi" con la collega di sostegno), gli statunitensi hanno risposto con la misura più tranchant. Tre su tre.
A ciò si debbono aggiungere poi due dati fondamentali. Il primo è che il "matrimonio" gay ha perso sonoramente non solo nell'Arizona che ha votato Repubblicano, ma con numeri grandi anche in Florida e in California, che hanno votato Democratico. Il secondo è che la famiglia naturale ha vinto soprattutto nell'assai liberai California, dove la lobby omosessualista è forte, ricca e molto potente. La vera notizia del 4 novembre 2008 è questa: prima del voto la famiglia naturale ha avuto la possibilità concreta e storica di vincere in California tanto che il referendum è stato convocato, poi la famiglia naturale ha concretamente e storicamente vinto in California. In California. Nella California che intanto premiava Obama e i Democratici.
Perché non è schizofrenia? Perché questo significa solo che facendosi capire, si vincono confronti decisivi anche in luoghi impervi; che la tattica e la comunicazione sono non tutto ma sono molto, come bene ha capito l'entourage di Obama e ha invece dimenticato l'establishment Repubblicano dopo i clamorosi successi riportati nel 2004 dallo stratega Karl Rove (poi dimissionato) per conto del presidente George W. Bush jr.; che l'intransigenza deve coniugarsi sempre con il savoir-faire; e che non tutto l'elettorato di Obama è progressista.
Obama, che indubbiamente è progressista, è stato cioè votato da molti in primis per il colore della pelle, un effetto catalizzatore centrale che ha spinto al voto elettori che mai si erano recati prima alle urne (il successo di Obama è dovuto più all'aver saputo mobilitare voti nuovi che non a clamorosi voltafaccia) i quali lo hanno scelto in quanto simbolo. Un errore di cui gli elettori non relativisti di Obama si pentiranno presto, ma che ora va meditato seriamente assieme a una incontrovertibile verità di fatto: negli Stati Uniti, dove vige una legge federale a difesa del matrimonio, le unioni gay sono oggi vietate da emendamenti alla Costituzione di 30 Stati su 50 e in 42 il matrimonio è giuridicamente definito l'unione fra un uomo e una donna.

 

IL TIMONE  N. 79 – ANNO XI – Gennaio 2009 – pag. 16-17

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