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22.12.2024

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La bellezza
31 Gennaio 2014

La bellezza

 

La bellezza salverà il mondo? C’è un nesso tra bellezza e redenzione? Purtoppo l’uomo contemporaneo non sa più fare esperienza della bellezza. Che vien corrotta anche con certi messaggi pubblicitari.

 

 

Dostoévskij nel romanzo L’Idiota pone una questione divenuta celebre in cui mette in luce l’esistenza di un nesso tra bellezza e redenzione e quindi tra esperienza estetica ed esperienza religiosa. La questione è se la bellezza salverà il mondo.
La cultura attuale sembra proporre l’esperienza opposta: basta pensare al modo in cui la pubblicità si serve del volto e del corpo femminile per accorgersi di come la bellezza venga molte volte utilizzata come strumento per veicolare la menzogna attraverso la riduzione della persona a oggetto.
A causa di tale uso la bellezza non solo non sembra in grado di “salvare il mondo”, ma si presenta addirittura come asservita e adoperata dal mondo.
Come leggere allora la grandiosa affermazione contenuta ne L’idiota? Per rispondere bisogna considerare:
* quale sia il fondamento metafisico del giudizio estetico,
* quale valore ha nella vita dell’uomo l’esperienza della bellezza.

 

Il fondamento metafisico della bellezza
Per san Tommaso gli elementi costitutivi del bello sono i tre principii della proportio, dell’integritas e della claritas.
La proportio è armonia delle parti, proporzione tra essenza ed esistenza, convenienza della materia alla forma, adeguazione dell’oggetto alla sua funzione.
L’integritas è non solo integrità fisica, cioè necessità che la cosa non manchi in qualche sua parte, ma soprattutto il possesso di tutti i requisiti per trasmettere ciò che è.
La claritas è il punto di unione tra contemplato e contemplante, è lo splendore intelleggibile di una determinata perfezione antologica, è il principio comunicativo della forma integra e proporzionata.
La bellezza in un’opera umana o naturale è fondata su questi tre elementi costitutivi che si rivelano attraverso una particolare trasparenza della forma e dell’intentio, cioè della finalità, che è l’aspetto per cui una cosa è stata voluta come bene.
Perciò l’esperienza del bello è esperienza di quel particolare splendore dell’essere per cui esso viene colto nella sua verità e nella sua bontà:
“La bellezza è in un certo senso l’espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della bellezza” (Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli artisti, n.3).
Se la bellezza è manifestazione e rivelazione di qualche verità e valore essa si rivolge non solo alla sensibilità, ma prima di tutto alla ragione e alla volontà dell’uomo; esse vengono interpellate senza però essere costrette all’assenso. Quando all’inizio dei tempi moderni si afferma come unico modello di sapere il modello culturale della rivoluzione scientifica, il metodo quantitativo viene applicato anche alla realtà umana. La realtà umana descritta in termini di “cosa”, divenuta oggetto tra oggetti viene pensata e rappresentata come un meccanismo infinitamente manipolabile di cui si può disporre a piacere.
Questa scelta culturale ha avuto l’effetto di falsare lo sviluppo della coscienza occidentale generando l’illusione di poter ridurre ogni conoscenza e relazione con la realtà a rapporto di forze, a potere da esercitare sul mondo.
In questa prospettiva la conoscenza perde inevitabilmente il proprio carattere contemplativo per ridursi alla base teorica che permette la conquista tecnica della realtà materiale. La crisi del senso della verità determina non solo la crisi dell’arte, ma anche la crisi della capacità di fare esperienza della bellezza poiché essa è espressione di una realtà il cui senso è totalmente gratuito, donato, una realtà su cui è impossibile esercitare il dominio.

L’esperienza della bellezza
Contro il prevalere della moderna ragione strumentale bisogna rivalutare il valore anche conoscitivo dell’esperienza della bellezza, sia di quella naturale sia di quella prodotta dall’opera degli artisti, soprattutto riconsiderando il mondo dell’immaginazione e dell’elaborazione dei segni. Il discorso immaginativo raggiunge il vertice nell’elaborazione del simbolo. Propria del simbolo è la ridondanza di senso che spinge il nostro sguardo oltre ciò che è raffigurato o detto e anche oltre ciò che è raffigurabile e dicibile.
In questo senso la religiosità dell’esperienza estetica non sta in certi suoi contenuti e quindi non è riducibile all’arte sacra, ma sta nell’attuazione di una capacità insita nella natura dell’uomo: la capacità di desiderare la visione dell’infinito.
Il desiderio di contemplare la bellezza o di produrre un’opera bella è anelito all’adempimento della promessa contenuta nel desiderio.
Nella Lettera agli artisti Giovanni Paolo Il scrive che l’arte” anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose, quando è autentica,ha un’intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di maggior distacco dalla cultura della Chiesa, proprio l’arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l’esperienza religiosa. In quanto ricerca del bello, frutto di un’immaginazione che va al di là del quotidiano, essa è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità più oscure dell’anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l’artista si fa in qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione”.
Sempre la bellezza è richiamo all’assoluto perché in essa si sperimenta la “luminosità” dell’essere e nello splendore dell’essere brilla la gloria di Dio. Anche quando la contemplazione di questa luce è senza la fede e prima della fede, essa è orientata al proprio compimento nella visione di fede.

 

GLOSSARIO

 

Bello, Bellezza: designa tutto ciò che suscita nell’uomo il sentimento dell’ammirazione. È l’oggetto dell’estetica.
Estetica: di solito indica quella parte della filosofia che si occupa del bello e dell’arte: della sua natura, princìpi, funzioni e distinzione dalle altre attività dello spirito.
Arte: dal latino ars (abilità, mestiere, lavoro) è l’attività umana che produce non qualcosa di utile, come la tecnica, bensì qualcosa di bello, da contemplare.
(Tratto da: Antonio Livi, La filosofia e la sua storia, Dante Alighieri, Città di Castello (PG) 1997, voI. IV).

 

BIBLIOGRAFIA

Giovanni Paolo Il, Lettera agli artisti, 1999.
San Tommaso d’Aquino, Somma teologica, I, 39, 8; I, 5,4 ad 1.
Francesco Botturi, Desiderio e verità, Massimo ed., Milano 1985, cap. X, pp.159-167.
Hans Urs von Balthasar, La percezione della forma, Gloria. Una estetica teologica, voI. 1, Jaca Book, Milano 1985.

TIMONE N. 19 – ANNO IV – Maggio/Giugno 2002 – pag. 26 – 27

 

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