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22.12.2024

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Ken Follet e il suo romanzo falso
31 Gennaio 2014

Ken Follet e il suo romanzo falso

 

 

Un romanzo «progressista»: così lo ha definito lo stesso autore. Il militante laburista inglese, autore di libri popolari venduti per 90 milioni di copie, ha raccontato una storia ambientata in un improbabile Medioevo “secolarizzato”.

 

Ken Follett, – uno degli scrittori più popolari al mondo, specialista in spy-story – ha appena pubblicato un romanzo a sfondo storico, Mondo senza fine (Mondadori, 2007), ambientato in Inghilterra fra l'anno 1336 e il 1361. L'ambizione dichiarata di quest'opera è «descrivere il Medioevo com'era». Protagonisti della storia sono due giovani amanti, Merthin Fitzgerald e Caris Wooler, che vengono separati da una lunga serie di vicissitudini prima di coronare il loro amore. La loro vicenda s'intreccia a quella di moltissimi altri abitanti dell'immaginaria città di Kingsbridge, appartenenti ad ogni categoria sociale: nobili e ricchi, vecchi e giovani, sacerdoti e laici. La morale dell'opera è contenuta nell'ultima scena del libro, dove il mastro costruttore Merthin conclude la torre della cattedrale di Kingsbridge sormontandola con una croce.
Sotto la croce siede un angelo che «non guarda in alto, verso la croce, ma… verso la città», il mondo dei commerci e della ragione. La croce resta dunque una vuota decorazione perché l'angelo (che ha il volto di Caris) è interessato alla terra. Il mondo medievale di Follett è così: un mondo orizzontale dominato dalla ragione, dal piacere e dall'interesse. Dove non c'è spazio per la trascendenza.
Mondo senza fine è innanzitutto un romanzo a tesi che vuole convincere il suo lettore a credere che, nel Medioevo, Chiesa e religione erano già un anacronismo, un vestigio del passato che sopravviveva in una società che aveva superato ogni preoccupazione religiosa. Difatti, nessuno pare avere davvero fede nella città di Kingsbridge, dove la religione è soltanto vuota apparenza e i preti organizzano cerimonie che sono solo spettacoli. Follett lascia intendere che l'altare delle chiese sia un oggetto di «superstizione», e pare ignorare del tutto l'Eucarestia, che non viene nominata nemmeno una volta nel corso del lungo romanzo. Nel suo Medioevo la gente ragiona più o meno come nel mondo d'oggi; tutti sono intenti a sfogare le loro passioni senza senso di colpa, come nelle odierne società secolarizzate, e Caris, la protagonista, risulta essere una specie di femminista che pratica l'aborto e accetta la bisessualità senza scrupoli di coscienza. La Chiesa appare come nemica d'ogni intelligenza e curiosità, s'oppone alla sperimentazione, alla scienza, ad ogni genere di progresso materiale. Non a caso, il personaggio più maligno dell'intero romanzo è il priore benedettino Godwin, abilissimo tessitore d'intrighi. Le sue azioni sono sempre guidate dalla brama di potere terreno e da una doppia morale: alla costruzione di un ospedale, utile per tutti, lui preferisce un proprio lussuoso palazzo; deruba le monache, ma quando un ladro viene catturato nella sua chiesa ordina che sia scorticato vivo.
Quasi nessuno dei molti personaggi che rappresentano, in un modo o nell'altro, il cattolicesimo, è risparmiato dall'implacabile penna di Follett: il vescovo della città, Richard, è un uomo falso e seduttore di fanciulle; il predicatore Murdo, un fanatico assetato di sangue; i monaci di Kingsbridge sono fatui e ignoranti, dei parassiti che vivono alle spalle della popolazione laboriosa. Taglieggiano i mercanti, tolgono terreni ai contadini, impongono tasse opprimenti e si oppongono ad ogni innovazione nella tecnica o nella cura dei malati. Quando crolla il ponte e i commerci della città rischiano di andare in rovina, i monaci si rifiutano di costruirne uno nuovo perché porterebbe troppi traffici e toglierebbe importanza al monastero. Per colmo, all'arrivo della peste fuggono portandosi via prosciutti e botti di vino, lasciando la popolazione nella fame. Questi sono soltanto alcuni esempi fra i moltissimi che si possono trovare nella lunga storia (quasi 1400 pagine).
Il Medioevo di Follett, però, è ideologico e falso. La sua parzialità è grossolana dove equipara la fede alla superstizione o alla brama di potere. È falso perché è privo di quell'anelito alla trascendenza che fu la vera grandezza di quella civiltà. Se gli uomini del Medioevo non credevano o si sentivano oppressi dalla Chiesa, perché mai costruirono grandi cattedrali? Come si spiega l'arte medievale, la poesia, le tante manifestazioni di bellezza che ancora oggi ci incantano? La civiltà medievale fu intimamente cattolica nelle sue istituzioni, nella sua arte, nelle sue conquiste materiali.
Bisogna ammettere che Mondo senza fine non è al livello dei tanti, dozzinali romanzi "storico-esoterici" che vengono oggi imposti dal mercato editoriale sul solco de II codice da Vinci, e tuttavia soffre di una parzialità che deturpa quell'«affresco medievale» che Follett aveva in mente. Per enfatizzare il ruolo del mondo "laico" e agnostico, nella costruzione della civiltà medievale l'autore ha ridimensionato una delle caratteristiche più peculiari del Medioevo: il ruolo della religione e del monachesimo. Se l'Europa cristiana è diventata la culla della tecnica, dei commerci e delle scienze, il merito va anche e soprattutto alla mentalità costruita dal cattolicesimo e irradiata dai grandi monasteri. Eppure, a leggere il romanzo, pare che i monasteri fossero soprattutto centri di ignoranza e violenza.
Leggiamo, per esempio, che quando i monaci volevano sbarazzarsi di una donna bastava muoverle l'accusa di stregoneria per portarla alla morte senza formalità; che un monaco poteva ordinare di scorticare vivo un ladro dopo un processo sommario. Sono falsi storici: l'accusa di stregoneria o eresia richiedeva procedure complesse, anche in Inghilterra (dove l'Inquisizione non aveva potere), e i rei non venivano processati sommariamente come nel Far West. Follett, inoltre, confonde i tribunali civili con quelli ecclesiastici.
Non si può impedire ad uno scrittore di far trasparire le proprie idee. E dopotutto, come si dice spesso, "un romanzo è soltanto un romanzo". Ma la narrativa popolare, oggi, è anche un potente strumento di consenso e propaganda, promossa con campagne di marketing e comunicazione che costano decine di milioni di euro.
Si ha dunque diritto di criticare deformazioni e scostamenti dall'obiettività storica.
Tanto più quando si giudica l'opera di uno scrittore che usa la forma del romanzo storico, e che dunque contrae un debito nei confronti della realtà. A tal proposito, Follett dichiara di aver usato numerosi consulenti storici per rappresentare con realismo la vita materiale del suo Medioevo. In questo, l'accuratezza si vede: la costruzione di un ponte, la tintura di una stoffa, la preparazione del cibo vengono descritte bene, e con ricchi particolari. Quando però lo scrittore vuole entrare nello spirito del Medioevo ricorre a semplificazioni grossolane. Caris, la protagonista, donna "liberata" e femminista, s'ispira alle idee della moglie dello scrittore, Barbara Follett, viceministro delle politiche sociali del governo laburista, fortemente impegnata nella diffusione dell'«ideologia di genere», secondo la quale i ruoli sessuali sono costruzioni culturali poco influenzate dal sesso biologico (l'editore di Follett, Macmillan, pubblica una collana specializzata proprio sugli studi «di genere» applicati al Medioevo).
Una donna del Trecento che ragiona come una donna "progressista" del Duemila può vivere soltanto nel falso Medioevo di Ken Follett. Non in quello vero.

 

IL TIMONE – N.67 – ANNO IX – Novembre 2007 pag. 16-17

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