L'elezione di Barack Obama alla guida degli Stati Uniti spiana la strada al movimento abortista internazionale, che vedrà moltiplicati i propri fondi e godrà di un nuovo importante sostegno all'ONU. E la regia è affidata al finanziere internazionale George Soros.
Che cosa ci aspetta ora che Barack Obama è stato eletto 44esimo presidente degli Stati Uniti? Qualche effetto deleterio purtroppo lo abbiamo visto subito in Italia dopo l'elezione, con la sconcertante gara di tanti politici nel rivendicare la paternità di questa vittoria lasciandosi andare a dichiarazioni farneticanti, che i media hanno fatto passare come riflessioni serie. Ma in questa sede tralasciamo l'''Obamamania'' che mette in risalto solo il vuoto culturale e politico di chi la alimenta e dedichiamoci invece all'Obama vero.
Malgrado i fiumi di parole scritti al proposito, sull'economia e sulla sicurezza non c'è da attendersi svolte epocali. Anzi, possiamo scommettere sul fatto che tra qualche mese il neo-presidente USA non mancherà di mettere in imbarazzo i suoi "adoratori" italiani in fatto di lotta al terrorismo, così come fece a suo tempo Clinton quando decise di bombardare la Serbia.
Dove invece possiamo attenderci grandi cambiamenti è sulla politica che riguarda ciò che la Chiesa ha definito i "principi non negoziabili", ovvero vita, famiglia ed educazione. Diritto all'aborto e uso degli embrioni per la ricerca sono capisaldi del suo programma, sui matrimoni omosessuali la posizione è più sfumata ma comunque molto disponibile. Qui non stiamo parlando semplicemente di discorsi tenuti in campagna elettorale, che potrebbero anche lasciare il tempo che trovano, ma di un vero e proprio programma reso credibile dalle attività di Obama come senatore e dai legami con potenti organizzazioni che hanno pesantemente finanziato la sua campagna per la conquista della Casa Bianca. Del resto, la primissima mossa da presidente eletto ha immediatamente smentito chi pronosticava su questi temi una politica più "moderata" rispetto ai proclami elettorali: Obama ha infatti nominato capo del proprio staff Rahm Emanuel, ex consigliere di Clinton noto per le sue posizioni estreme in fatto di diritto all'aborto e per la sua spregiudicatezza nel perseguire i propri obiettivi. Non c'è da dubitare dunque della promessa fatta al tempo delle primarie, il 17 luglio 2007, ovvero che il suo primo atto da presidente sarebbe stato firmare il "Freedom of Choice Act" (Legge sulla libertà di scelta), ovvero la legge sull'aborto che lo renderà libero in ogni momento della gravidanza, in qualsiasi Stato e anche per le minorenni. Obama è, inoltre, a favore dell'abrogazione della legge introdotta da Bush che vieta l'aborto a nascita parziale (ovvero quella barbara pratica che permette l'uccisione del neonato dopo averlo fatto nascere) e permette l'obiezione di coscienza del personale sanitario. Il neo-presidente, durante il suo mandato, avrà inoltre a disposizione la nomina di tre giudici della Corte Suprema, una questione chiave in materia di bioetica.
Ma più ancora che i cambiamenti interni, sul tema della vita si farà sentire il cambiamento internazionale. Negli ultimi otto anni, infatti, il presidente uscente George W. Bush è riuscito a erigere una sorta di diga per frenare il movimento abortista che nella burocrazia dell'Onu e nell'Unione Europea ha le sue punte di diamante. Ha tolto i finanziamenti americani al Fondo ONU per la Popolazione (UNFPA) e all'lnternational Planned Parenthood Federation (IPPF, un'organizzazione non governativa, la principale multinazionale dell'aborto) in quanto appoggiano le campagne di aborto forzato in Cina; ha posto un freno ai finanziamenti per il controllo delle nascite mascherati da aiuti allo sviluppo; ha, al contrario, sostenuto le organizzazioni non governative di matrice religiosa, in quanto dimostratesi più efficaci nel realizzare i programmi di sviluppo; ha bloccato all'Onu qualsiasi tentativo di avallare esplicitamente o implicitamente il diritto all'aborto, presentato sotto la più accattivante definizione di diritti riproduttivi; ha anche ridotto i finanziamenti ai movimenti ecologisti più radicali che in nome dell'ambiente perseguono politiche anti-sviluppo e anti-nataliste; ha impedito che l'Onu adottasse la Carta della Terra che, nell'intenzione di promuovere un'etica globale, nei suoi principi cancella la centralità della persona umana per introdurre una visione panteista.
Ora appare evidente che l'amministrazione Obama demolirà questa diga e le conseguenze saranno certamente pesanti. Oltre al ripristino dei finanziamenti per promuovere il controllo delle nascite – oggi anche con il pretesto del rispetto dell'ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici – prenderà certamente un nuovo impulso la campagna per inserire l'aborto fra i diritti umani fondamentali. Peraltro, questo indirizzo politico è in perfetta sintonia con il programma politico globale di colui che a ragione possiamo definire il "padrino" politico di Obama, il finanziere internazionale George Soros. All'origine dell'ascesa politica del neo-presidente c'è infatti la scommessa fatta su di lui da Soros nel 2004, quando ne finanziò la prima campagna per essere eletto senatore. Bisogna ricordare che nelle presidenziali del 2004 Soros scese pesantemente in campo affermando che il primo obiettivo della sua vita era sconfiggere Bush e per questo investì decine di milioni di dollari sul suo sfidante John Kerry. Ma mentre si profilava la sconfitta del candidato democratico alla Casa Bianca, Soros già metteva le basi per il futuro, individuando in Obama, uomo pieno di talento politico e capacità comunicativa, la persona su cui scommettere. Non a caso Obama è stato l'unico politico che in quella campagna elettorale è stato personalmente incontrato da Soros (che malgrado il pubblico appoggio non si è mai visto con Kerry). E un altro faccia a faccia con Soros, Obama lo ha avuto nel 2006 subito prima di annunciare la sua discesa in campo per le primarie. E anche se il miliardario-finanziere in questa campagna elettorale si è pubblicamente defilato, è provato il suo ruolo nella costruzione di quella rete di finanziatori che ha permesso ad Obama di battere ogni record di fondi raccolti per una campagna presidenziale. Da questo punto di vista l'accenno, nel suo primo discorso dopo l'elezione, agli «uomini e donne che lavorano, che hanno attinto ai loro scarsi risparmi messi da parte per offrire cinque dollari, dieci dollari, venti dollari alla causa», è buono per strappare qualche lacrimuccia di commozione. Lasciare intendere che si possano raccogliere 640 milioni di dollari (tanti sono i soldi incassati da Obama, il doppio del suo rivale John McCain) con la colletta tra i poveri sparsi per gli Stati Uniti è semplicemente ridicolo.
Soros persegue da molti anni il progetto della "Società Aperta", al punto da aver creato una Fondazione nel 1993, che si chiama appunto "Open Society Institute" (Istituto per la società aperta) che provvede sostanziosi finanziamenti a organizzazioni e partiti in ogni parte del globo. Si tratta di una rete che copre attualmente 60 Paesi e sostiene, tra l'altro, la liberalizzazione dell'aborto, la promozione dell'identità di genere, la legalizzazione delle droghe leggere e della prostituzione, il riconoscimento dei matrimoni omosessuali.
Ora, dopo aver investito, può passare alla Casa Bianca per raccogliere i dividendi.
IL TIMONE – N.78 – ANNO X – Dicembre 2008 – pag. 18 – 19