Nazionalisti indù scatenano un’ondata di violenze e persecuzioni contro i cristiani nello stato dell’Orissa. E aprono uno squarcio sulla realtà di un Paese e di una religione falsamente dipinti come esempio di tolleranza. Ma in Italia si preferisce non vedere.
«Si tratta del peggior attacco subito dalle comunità cristiane in India negli ultimi anni.
Gli estremisti hanno cercato di colpire tutti i fedeli, luoghi e simboli cristiani, quasi per cancellare le tracce di cristianesimo dalla zona». Così si è espresso il 2 settembre il portavoce della Conferenza episcopale indiana, padre Babu Joseph, commentando la clamorosa ondata di violenze anticristiane scoppiata nello stato dell'Orissa l'ultima settimana di agosto.
Le parole del rappresentante cattolico, se da una parte indicano chiaramente la gravità dell'episodio, dall'altra sottolineano la sistematicità della persecuzione cui sono sottoposti da molti anni i cristiani in numerosi stati dell'India.
Il caso dell'Orissa è esemplare: nell'ultimo episodio le violenze sono state innescate dall'uccisione, il 23 agosto, di un vecchio leader indù, Laxmananda Saraswati, acceso sostenitore delle conversioni forzate dei cristiani tribali all'induismo. Secondo la polizia gli autori sono degli estremisti maoisti, ma gli estremisti indù del Vishwa Hindu Parishad (VHP, Congresso mondiale indù) hanno immediatamente colto il pretesto per accusare i cristiani e dare così il via a un'orgia di violenza che agli osservatori è parsa tutt'altro che spontanea. In pochi giorni sono state uccise circa 100 persone (tra cui una suora bruciata viva il 25 agosto mentre cercava di portare in salvo i bambini di un orfanotrofio), oltre diecimila gli sfollati, centinaia di chiese, conventi e villaggi cristiani distrutti, violenze e torture a non finire. «Una tragedia», come ha detto padre Babu Joseph, ma che segue purtroppo altre tragedie. Nella stessa zona già nella notte di Natale si era scatenata una caccia al cristiano, che aveva provocato almeno 4 morti e la distruzione di un migliaio di case.
Né il problema riguarda solo l'Orissa: addirittura, il 29 agosto, quando la Chiesa ha proclamato una giornata di protesta chiudendo le 25mila scuole cattoliche del Paese, si sono registrati assalti alle scuole e ai villaggi cristiani anche in Madya Pradesh e Andhra Pradesh. Sempre in Andhra Pradesh, il 16 agosto – quindi nulla a che fare con quanto avvenuto in Orissa – era stato torturato e assassinato un prete cattolico, il padre carmelitano Thomas Pandipally, dopo che nei mesi precedenti erano già stati uccisi dieci pastori protestanti e le comunità cristiane erano state fatte oggetto di attacchi criminali. In Rajasthan invece cinque cristiani sono stati arrestati in luglio con false accuse di vandalismo ed episodi simili si sono verificati anche in Gujarat. E questo solo per restare agli episodi più recenti.
Il punto è che la persecuzione anti-cristiana in India è ormai una realtà consolidata da anni e sta crescendo di intensità, oltretutto con la complicità delle autorità che solitamente intervengono quando il peggio è già accaduto. Per non parlare degli Stati indiani che hanno già approvato delle leggi anti-conversione (per impedire che ci si converta al cristianesimo) o che sono complici delle ri-conversioni forzate dal cristianesimo all'induismo.
È l'effetto della crescita esponenziale negli ultimi venti anni dei movimenti nazionalisti indù, che hanno il loro riferimento politico nel Bharatiya Janata Party, attualmente all'opposizione ma per lungo tempo forza di governo. Oltre al già citato VHP, si deve segnalare la forza dell'organizzazione gemella, Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS, Organizzazione dei volontari nazionalisti), che si ispira all'ideologia nazista. Si tratta di movimenti che rifiutano la laicità dell'India e predicano la creazione di una sola nazione indù e benché non rappresentino l'intero universo induista, certamente l'area di consenso da tempo è tutt'altro che marginale. Il sistema indù che vagheggiano contempla anche il mantenimento di una rigida divisione in caste, che significa tra l'altro costringere una notevole fascia della popolazione in stato di schiavitù, circa 130 milioni di persone. A tanto ammontano tribali e dalit, i fuori casta, gli schiavi predestinati. E ciò che non viene perdonato alla Chiesa è proprio l'attenzione a loro, la possibilità che viene data di andare a scuola e aspirare a un futuro migliore, il trattarli come persone con la stessa dignità che è dovuta a ogni uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio: intollerabile per i nazionalisti indù. Anche se i cristiani in India rappresentano il 2,5% della popolazione, e negli Stati dove maggiore è la persecuzione la loro presenza è ancora più bassa.
Proprio questo dovrebbe suscitare allarme in Occidente, perché «questa violenza – come ha scritto padre Piero Gheddo su Il Giornale – non riguarda solo una religione, quella cristiana, ma un intero sistema di valori, visto che il cristianesimo è alla radice del nostro modo di vita occidentale». Invece, da giornali e tv silenzio. Fin troppo facile fare confronti con il rilievo dato invece a qualsiasi piccola notizia arrivi dal Tibet. Ma abbiamo anche assistito costernati al TG1 delle 20 che nei giorni più caldi ha completamento ignorato ciò che avveniva nell'Orissa, ma allo stesso tempo ogni sera ci aggiornava sulla situazione di 9 orsi avvistati dal WWF alla deriva su un lastrone di ghiaccio nel Mare Artico (peraltro la solita bufala che ci viene riproposta periodicamente). Probabilmente più di qualsiasi discorso basta questo a spiegare la crisi e il declino dell'Occidente, che invece continua a vivere del mito di un Oriente e di un'India patria dell'armonia e della tolleranza.
L'innamoramento è tale che il 15 agosto, annunciata da giorni di spot alla tv, la Telecom si è sentita in dovere di acquistare una pagina dei maggiori quotidiani italiani per usare come testimonial un discorso del Mahatma Gandhi in cui si esalta la saggezza orientale e si deplora la rovina portata dall'inculturazione del cristianesimo in Europa, mentre Gesù viene declassato a uno dei tanti "saggi" che l'Asia ha prodotto. Un discorso in cui si esalta la saggezza dell'India profonda, quella che ha resistito all'influenza occidentale. Ai creativi di Telecom deve però essere sfuggito il particolare che Gandhi fu ucciso proprio da un nazionalista indù, da un figlio di questa saggezza, cresciuto nello stesso brodo culturale-religioso-politico di chi in questi anni e in questi mesi sta macchiando il suolo indiano del sangue dei cristiani.
RICORDA
«Ho appreso con profonda tristezza le notizie circa le violenze contro le comunità cristiane nello Stato indiano dell'Orissa (…). Mentre condanno con fermezza ogni attacco alla vita umana, la cui sacralità esige rispetto di tutti, esprimo spirituale vicinanza e solidarietà ai fratelli e alle sorelle nella fede così duramente provati. Imploro il Signore che Il accompagni e " sostenga in questo tempo di sofferenza e dia loro la forza di continuare nel loro servizio d'amore in favore di tutti».
(Benedetto XVI, Udienza del 27 agosto 2008).
IL TIMONE – N.76 – ANNO X – Sett/Ott. 2008 – pag. 18-19